Lo scorso martedì 18 maggio è stato presentato l’interessante volume Coesione sociale. La sfida del servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale, curato dall’ufficio studi della Rai diretto da Claudia Mazzola e redatto al tempo del predecessore Andrea Montanari. Il testo, curato da Flavia Barca con contributi di Antonia Carparelli, Elisabetta Segre, Barbara Baldazzi, Fabio Bacchini, Roberto Monducci, Donatella selva, Mattia Zunino, Jan Kermer, Rolf Nijmeijer, Michele Sorice, Paolo Morawski e Alessandra Paradisi, si è avvalso della presentazione di un panel assai articolato: da Marcello Foa, a Fabrizio Salini, a Stefano Luppi, ad Alberto Barachini, a Giovanni Parapini, a Luisa Corazza, a Elena Capparelli e Giovanni Scatassa.

Si tratta di una sorta di breviario, che le candidate e i candidati del prossimo vertice d viale Mazzini dovrebbero studiare in vista dell’eventuale investitura. La ricerca muove da un concetto – la coesione sociale- che la sociologia ci ha consegnato, disegnando una società interconnessa, ricca e articolata nelle relazioni. Insieme ad altre categorie essenziali, come sviluppo sostenibile o economia sociale di mercato, tale approccio appartiene alla migliore tradizione riformista. Oggi messa in un cassetto. Il merito dell’azienda pubblica è di mantenere viva la riflessione, purtroppo contraddetta spesso dalla pratica reale. E tuttavia utile per formare coscienze e approcci moderni. Tra l’altro, nella storia della Rai vi sono preziose attività di apposite e dimenticate strutture, cui afferivano negli anni buoni tante e tanti intellettuali.

Il libro passa in rassegna la situazione di diversi paesi del villaggio globale e si scoprono tematiche altrove attualissime e pigramente ignorate in un’Italia sempre più marginale nel contesto mediatico: basti guardare le classifiche sugli indicatori della libertà di informazione e la posizione in Europa sulle connessioni in banda larga e ultralarga.

Soprattutto, però, conduce un esame rigoroso tra le esigenze della coesione sociale e gli obblighi di un contratto di servizio su cui si innestano i legami tra lo stato e l’apparato radiotelevisivo. Lungi dall’essere un puro atto formale, il contratto è il luogo fondamentale in cui il concetto di servizio assume reali sembianze.

L’articolato (l’ultimo della serie: 2018-2022) viene analizzato sulla base di indicatori qualitativi. Diciassette goal: dall’educazione e dalle opportunità di apprendimento generalizzate, all’uguaglianza di genere, all’innovazione, alla salvaguardia del patrimonio culturale, alla salvaguardia della biodiversità e degli ecosistemi, alla tutela dell’accesso all’informazione, al rafforzamento della cooperazione.
Si individuano criteri di valutazione da parte dei fruitori, anche sulla qualità dei programmi. Già esiste il cosiddetto qualitel, ma la strada per superare l’ossessivo inseguimento degli indici quantitativi di ascolto è ancora lunga.

Il sottotesto del volume è proprio l’invocazione di un’idea matura di servizio, volto ad ampliare la coscienza e la consapevolezza critiche di massa. Al contrario, da tempo si assiste alla progressiva riduzione della creatività e del pluralismo. Quest’ultimo è quello sociale, prima ancora che il cugino partitico. La varietà delle espressioni culturali e delle esperienze esistenziali è la ragione profonda di un soggetto che non vuole ridursi alla schiavitù del mercato.

Per di più, come si è visto quando le direzioni di rete o di testata hanno osato un po’, le scelte contro la corrente creano nuove correnti. Con risultati sorprendenti pure nell’audience. Le analisi dell’ascolto avrebbero bisogno di inserire variabili meno ovvie, a partire dalle condizioni economiche e dagli stili di vita dei campioni.

Insomma, un insieme di spunti e di sollecitazioni importanti per scrivere il prossimo contratto di servizio. Anzi. Finalmente, si potrebbe assegnare allo strumento previsto dalla convenzione-madre un ruolo davvero impegnativo. Una carta dei diritti e dei doveri, il cui rispetto potrebbe persino riverberarsi sull’entità del canone da pagare da parte delle cittadine e dei cittadini.