CUCINA

Nico Conti

Quando in cucina c’è solo lui

Iacobelli Editore, € 12

Quanto inchiostro è stato speso per redigere manuali ad uso degli uomini che improvvisamente si ritrovano smarriti davanti a pentole e padelle? Un giro in libreria, nella sezione cucina, dimostrerà che se n’è speso tantissimo. In gran parte sprecato. Il libro di Conti riscatta il genere editoriale grazie all’impiego di una buona dose di ironia. Che il suo sia un manuale utile ma senza prendersi troppo sul serio, lo dimostra la mancanza di una divisione delle ricette in sezioni, e la scelta di far precedere ogni ricetta dal racconto di come e perché sia entrata nella vita di un economista ‘che si considera un sociologo amatoriale’. ‘I miei primi muffin’, ad esempio, palesa l’odio dell’autore per il ricettario di un cuoco australiano di nome Bill “Era chiaro cosa pensava: so fare tutte queste cose, te le descrivo, ma è inutile che provi a replicarle, il tuo sarà un totale fallimento. Sorrisino”. Rispetto alle uova strapazzate, Conti sostiene che saperle fare è paragonabile al salto delle elementari per iscriversi direttamente all’esame di terza media. Le Trofie al pesto rosso servono da spunto per una sacrosanta considerazione “Le ricette dei cuochi famosi sono sempre realizzate con costosissimi ingredienti, spesso introvabili nel supermercato dietro casa”. Altrettanto condivisibile il paragrafo sul QB, quanto basta, in uso nei manuali di cucina “Lo trovo insopportabile… Sostituirei il QB con il DT (decidi tu), mi parrebbe più onesto” (lds)

Madeleine Muston – Jahier

Cahier de cuisine, Un ricettario del 1809

Claudiana, pp. 144, € 20

Walter Eynard, curatore del libro insieme al figlio Jean David, è stato, prima che chef pluristellato, colui che ha riportato in tavola la cucina della minoranza valdese. Ai tavoli del suo locale, Flipot, in quel di Torre Pellice, si sono seduti stuoli di gourmet italiani per assaporare le ricette nate dalla storia di un popolo costretto all’esilio in Europa, e poi al confino nelle Valli a pochi chilometri da Torino. Quando Walter si è trovato a sfogliare la bibbia gastronomica di Madame Madeleine, custodita nell’Archivio della Società di Studi Valdesi, l’emozione è stata grande. Annota Eynard nella sua prefazione “Innanzi tutto, stupisce per quei tempi l’utilizzo di un indice delle ricette, posto alla fine del manoscritto… proprio per agevolarne e facilitarne la consultazione nei momenti frenetici della preparazione dei pasti. Inoltre, le materie prime utilizzate risultano essere alquanto insolite per la nostra collocazione geografica. Carciofi, limoni, arance e spezie, prodotti che la dicono lunga sull’allora ben frequentata Via del Sale, vengono sapientemente utilizzati in questo Cahier per esaltare i sapori delle materie prime presenti sul territorio, sicuramente più umili ma non prive di fascino”. La signora Muston Jahier (1788-1842), figlia di un’agiata famiglia delle Valli, andò in sposa, poco più che ventenne, a Georges Muston, pastore della comunità valdese di Bobbio Pellice. Era il 1809, e a partire da quell’anno Madeleine iniziò a compilare il suo ricettario, fonte di delizie per gli invitati e materia prima del volume pubblicato oggi dalla Claudiana. Accanto alle ricette trovano spazio belle foto e la riproduzione di molte pagine dell’opera originale. Eynard padre e figlio sono gli autori delle note aggiuntive, utili alla preparazione e all’esecuzione del piatto. Che ne direste di un Manzo à la bonne femme nel menu del cenone? (lds)

Ottorina Perna Bozzi

Vecchia Brianza in cucina

Ibis, pp. 360, € 24

Autrice di una trilogia gastronomica lombarda, che Ibis ripubblica dando la precedenza alla Brianza, Perna Bozzi, scomparsa a 104 anni nel 2013, è stata paragonata a cuochi e divulgatori quali Pellegrino Artusi. E, in effetti, il suo non è un semplice libro di cucina. Meglio sarebbe definirlo un viaggio nelle tradizioni conviviali di un territorio identificato con l’industria del mobile e del tessile, nonché roccaforte (per fortuna in decadenza) della Lega Nord. Il ponderoso ma piacevole testo di Ottorina si muove a ritroso nel tempo, cucendo le ricette con il filo delle testimonianze e delle curiosità, usando le parole del dialetto, restituendo sapori di famiglia nell’umiltà delle materie prime. La golosità del palato non ha confini geografici. E dunque metteranno acquolina in bocca da Nord a Sud le istruzioni per cucinare il polpettone, il riso giallo, l’anguilla in umido, la faraona alla cacciatora, le polpette della Media Brianza, i lacciadet de pomm (frittelle di mele), i tortelli di San Giuseppe. L’invito all’acquisto del libro nasce da un ulteriore considerazione: se, cucinando e mangiando a questa stregua, Ottorina ha campato bene per più di un secolo, viene da pensare che la cucina brianzola sia anche elisir di lunga vita (lds)

FUMETTI

Simon Tofield

Il grande libro di Simon’s Cat

TEA, pp. 400, € 15

Si chiamano Jess, Maisy, Hugh e Teddy. Sono loro, quattro gatti trovatelli, ad aver costruito le fortune di Simon Tofield, fumettista scozzese e creatore di Simon’s Cat. Il personaggio del micio impertinente e casinista, che ne combina di ogni sorta al suo padrone (?), è infatti ispirato al carattere e alle abitudini del poker di inquilini in casa Tofield. Tea ha da poco pubblicato in un volume il meglio delle imprese e delle piccole malefatte di Simon’s Cat, mettendo in fila centinaia di vignette divertenti e gradevolissime. Scene di convivenza quotidiana tra un giovane scapolo un po’imbranato e un quattro zampe senza ritegno, cui finisce per perdonare tutto: il pranzo rubato, le scatole distrutte, il divano fatto a pezzi, l’invasione del letto e della poltrona… I disegni sprizzano ironia e mettono in moto il sorriso grazie a un gioco in cui tutti i proprietari di un gatto si ritroveranno. Simon’s Cat è divenuto popolarissimo grazie alle strisce animate che circolano su Youtube registrando centinaia di milioni di click e ai libri best seller. Con fiuto felino, Tofield ha poi creato un sito, simonscat.com, dove, oltre ai libri, sono in vendita gadget di ogni genere: tazze, bicchieri, cartoncini di auguri, portachiavi, magliette, felpe e via collezionando (l.d.s.)

Davide Pascutti

Pop Economix

Becco Giallo, pp. 237, € 16

Sottotitolo ‘Il grande show della finanza che ha innescato la crisi’, il percorso a fumetti di Pascutti nel dissesto economico che interessa (quasi) tutti noi, ha il merito di fare chiarezza meglio di tanti articoli e di tantissimi libri in tema. Liberamente tratti dagli spettacoli teatrali Pop Economy e Pop Economix Live Show, i quindici capitoli portano titoli eloquenti: Bolle, Polpette, Subprime, Pancia all’aria, Il buco nero, Effetto Domino, Austerity… Ciò che positivamente e di più stupisce è la capacità dell’autore di fornire spiegazioni e interpretazioni tanto precise quanto inattaccabili, attraverso il linguaggio delle ‘nuvolette’. L’essenzialità e la chiarezza dei testi diventano la caratteristica vincente di una guida alla Grande Crisi, in cui emergono dettagli altrimenti incomprensibili ed escono allo scoperto inganni e manipolazioni. La rabbia, l’ironia polemica, non mancano di farsi sentire, però sempre nel luogo e al momento giusti. I tre capitoli conclusivi propongono un’intervista ad Andrea Barnes, presidente della Fondazione Culturale Responsabilità Etica; Le parole dell’economia e della finanza, Per saperne di più. Tutto questo a fronte di un tratto grafico asciutto e accattivante. Becco Giallo mette il becco anche qui. E fa di nuovo la cosa giusta (lds)

Oscar Cosulich

Vittorio Giardino

Exorma, pp. 130, € 21, 90; edizione numerata e firmata dall’autore € 29, 90

Avviso ai potenziali lettori: chi si aspetta di veder messe in fila alcune avventure disegnate dal creatore di Sam Pezzo, Max Fridman e Little Ego, sappia che in questo caso l’operazione è di tutt’altro e pregevole genere. Il dialogo condotto da Cosulich costruisce una sorta di biografia indiretta e meditata di Giardino, nella quale entrano in gioco il cammino personale e professionale dell’autore, il suo rapporto con la vita attraverso ciò che consegna alle tavole delle sue storie, il concetto di tempo, le idee della politica, le note della musica, le parole della letteratura. Sam Pezzo e gli altri compaiono in forma di fumetto appena abbozzato o compiuto, di illustrazione, di appunto dentro lo spazio di un bloc notes, quando il dialogo ne richiede la presenza per aiutare ad approfondire il nero su bianco dei discorsi. Se è vero che molte grandi firme delle strisce hanno creato eroi a loro somiglianza fisica (si pensi a Hugo Pratt con Corto Maltese e a Gianluigi Bonelli con Tex), altrettanto vera è la trasposizione in quegli eroi di sentimenti e manie. Sono tratti ‘invisibili’ al lettore, che ne può acquisire conoscenza solo se svelati dall’autore. Avviene qui, in queste pagine, dove Giardino accetta di giocare seriamente con se stesso, di raccontarsi, di entrare in scena e uscirne quando lo ritiene opportuno. Accrescendo così il valore espressivo della sua arte (lds)

GIALLI

Frédéric Dard

Le inchieste del commissario Sanantonio

E/O, pp. 165/170, € 8

I giallofili ricorderanno titoli memorabili quali Nespole come se piovesse, Piombo nella trippa, Pesca di mortificenza, per le vicende poliziesche di cui, tra il 1949 e il 2001, è stato protagonista il commissario parigino Sanantonio, creato da Dard. Già uscite in passato e in parte per i tipi della Mondadori, tornano oggi ad affacciarsi sulla scena grazie alla collana pubblicata da E/O. Per scelta editoriale sono stati selezionati soltanto i romanzi tradotti da Bruno Just Lazzari, autentico mago nel rendere il linguaggio scoppiettante e fantasioso del detective che ama il proprio lavoro quasi quanto le donne, o viceversa. Anche l’ordine cronologico rispetta quello originale, aperto da Per stavolta, Don Antonio e proseguito finora con altri sette titoli. La formula che ha reso celebre il personaggio di Dard mette insieme il ritmo incalzante, la trama sconvolta dai colpi di scena, il divertimento che neppure i delitti più efferati riescono a spegnere, il finale sempre all’altezza delle aspettative. Ma l’elemento principe è appunto il linguaggio. Si passa da frasi modello gangster e pupe ai ritratti di acide portinaie parigine, dalla sequenza del bancone di un bar di bassa tacca alla descrizione impietosa del commissariato e dei suoi occupanti, dall’elogio di una bionda esplosiva alla diagnosi delle ammaccature dopo un agguato. Con Sanatonio non si va alla ricerca delle toilettes di un ristorante. Bensì dei vaterclosi (lds)

Roberto Centazzo

Toccalossi cerca casa

Fratelli Frilli Editori, pp. 150, € 9,90

Nella collana I Tascabili, dei genovesi Fratelli Frilli, trova ampio spazio la narrativa a sfondo giallo. Siamo nell’ambito di uomini della giustizia italiani, cui gli autori conferiscono assoluta normalità di vita quotidiana, problemi pratici e sentimentali compresi. Antieroi, insomma, senza pretese di passare alla storia. Tra questi uomini c’è Lorenzo Toccalossi, ex procuratore della Repubblica a Savona, trasferito alla direzione della Procura di Genova. Lo insegue l’ex assistente Erminia, che vorrebbe condurlo all’altare, o nella sala matrimoni del Comune. Il quarto episodio della serie inizia dall’incontro di Toccalossi con un vicino della sua provvisoria casa. È un notaio, turbato per via dello strano testamento di un cliente facoltoso. Una sola e lapidaria frase “Il mio erede sarà chi il tesoro troverà”. I pretendenti sono molti, l’armonia tra loro non regna, la caccia al tesoro ha la sua base di partenza in una casa di campagna dove si respira un’aria da Dieci piccoli indiani. Toccalossi entra ufficiosamente nella vicenda per vederci chiaro. E intanto cerca una casa stabile, anche questo un bel rompicapo. Lettura da placide serate post natalizie e prima del brindisi di inizio anno, senza doverci mettere troppo impegno. Perché non regalarsi tutti e quattro i titoli? (lds)

CINEMA

Andrea Corrado, Igor Mariottini

Cinema e autori sulle tracce delle migrazioni

Ediesse, pp. 156, €12

Scrive nella prefazione Gianni Canova, critico cinematografico “Quando ho iniziato a leggere questo libro – lo confesso – pensavo che vi avrei trovato un’utile e diligente ricognizione attorno a un tema senz’altro importante, ma certo non dominante nel cinema italiano. Invece, mano a mano che procedevo nella lettura, mi scoprivo a pensare che avevo sbagliato e che quello della migrazione non è uno tra i tanti temi possibili del nostro cinema, ma forse – paradossalmente – è quello che meglio ne esprime e ne sintetizza l’identità. Che è nomade e inquieta, mutevole e itinerante”. In effetti, pensare al volume di Corrado e Mariottini come a un catalogo, per quanto ragionato e critico, suonerebbe decisamente riduttivo rispetto al suo ben più consistente valore. Nei quattro capitoli viene ripercorso un secolo di storia italiana, partendo dagli albori del ’900, durante il quale, in vari e diversi momenti, la macchina da presa ha puntato il suo occhio. L’aspetto più originale e prezioso consiste nell’aver inserito i titoli scelti perché particolarmente significativi, all’interno del contesto sociale, economico, politico che ne ha visto la nascita. Fornendo così al lettore gli strumenti per comprenderne pregi e difetti ben oltre un giudizio di carattere puramente cinematografico. Altro indubbio merito risiede nella chiarezza del linguaggio, rivolto al pubblico e non agli addetti ai lavori; snello nel raccontare i fatti e lo scenario in cui si svolgono, capace di asciugarsi ulteriormente quando è giusto che lasci spazio ai dati e alle cifre. Fittissima la filmografia in chiusura, divisa per generi e arricchita dai riconoscimenti assegnati in occasione di festival e rassegne (lds)

Nahal Tajadod

L’attrice di Teheran

E/O, pp. 298, € 19,50

Nahal Tajadod, cittadina di Parigi dal 1977, quando lasciò l’Iran poco prima della dittatura di Komehini, si è già imposta all’attenzione con il romanzo Passaporto all’iraniana, Einaudi, 2008. Lì si narravano le vicende di una donna alle prese con le esasperanti pratiche di rilascio del passaporto. Usando con notevole talento e giusta misura l’arma dell’ironia, la scrittrice aveva composto un affresco di personaggi e luoghi sullo sfondo di un regime mentalmente obeso, venato di corruzione, lontano dal popolo. Con il suo secondo libro, Nahal torna a raccontare l’Iran tramite due figure femminili, vissute nel Paese in momenti assai diversi tra loro ma ugualmente drammatici. Sheyda, attrice cinematografica già affermata nonostante la giovane età (la sua figura è ispirata all’attrice Golshifteh Farahani), è nata dopo il 1979, e quindi ha vissuto i divieti, i soprusi, gli interrogatori, le minacce, le irruzioni dei pasdaran nella casa dei genitori, sorvegliati speciali in quanto artisti. Diverso l’Iran conosciuto dalla scrittrice, che assume il ruolo di narratrice nel romanzo. È l’Iran dello scià Reza Pahlavi, filoamericano e sostenitore accanito di una modernizzazione imposta con forza repressiva. Le due donne si confrontano, ricordano, concedono ai sentimenti la più totale libertà. Amano la loro patria, la profonda e antica cultura che la permea, le sue difficili contraddizioni. La amano e credono nella possibilità di un suo riscatto, di una rinascita che renda giustizia alla principale tra le vittime dello scià e di Khomeini. Una vittima chiamata donna (lds)

VIAGGI

Roberto Carvelli

Perdersi a Roma

Iacobelli Editore, pp. 255, € 13

Diciamo subito che questa, come si evince dal titolo, non è una guida turistica. Nel senso che itinerari e indirizzi, quando compaiono, seguono un percorso privo di riferimenti topografici organizzati. Infatti, le 250 pagine del libro di Carvelli costruiscono (sottotitolo) una “Guida insolita e sentimentale”. Chi arriva nella Città Eterna per scoprire monumenti e meraviglie varie, mai si sognerebbe di seguire il filo conduttore dei distributori di benzina, girare per il Pigneto o il Quadraro, passare una mezza giornata sulla Tiburtina, andar per ospedali dal Fatebenefratelli all’Oftalmico. Queste, invece e in buona parte, sono le geografie urbane che l’autore, con il contributo di scrittori e scrittrici (Erri De Luca, Cristina Ali Farah, Roberto Cotroneo, Carola Susani…) ha scelto per descrivere la città delle periferie: lontana non solo guardando alle distanze, priva di bellezza nel senso classico del termine, nata in molti casi meno di un secolo fa. Perdersi a Roma è un libro che va letto. Al ritorno dal viaggio per i turisti, in un giorno qualsiasi per chi a Roma ci vive. Segnaliamo un altro libro di Iacobelli, firmato da Gianni Rivolta con un’introduzione di Carlo Lizzani, Garbatella tra storia e leggenda (pp. 174, € 18). Uscito qualche tempo fa, ha veste più ‘da guida’, pur se la forma letteraria adottata è quella della narrazione. Personaggi e luoghi raccontano un quartiere fino a pochi anni fa sconosciuto, che deve la sua notorietà e l’arrivo di bus carichi di visitatori alla serie televisiva dei Cesaroni, girata tra le case, gli edifici pubblici e i giardini della ‘Garba’. Contributo ulteriore arriva dalle foto a colori di Giancarlo Proietti (lds)

Denis Lachaud

Imparo il tedesco

66Thand2ND (pp. 200, € 15)

Diciamo subito che Lachaud ha scritto un libro molto bello, reso ancor più tale dalla traduzione di Sergio Claudio Perroni. Ernest Wommel è un bambino di grande intelligenza, con un carattere complesso. Fin dall’infanzia soffre di un serio problema alla vista, che è riuscito in parte a superare anche sotto il profilo psicologico. I suoi genitori, tedeschi, si sono trasferiti a Parigi da molto tempo e hanno perso l’accento patrio. Ciò non impedisce ai compagni di classe di chiamare Ernest ‘sporco crucco’. E ciò non impedisce a Ernest di scegliere come seconda lingua scolastica proprio il tedesco. Padre e madre non gli hanno mai raccontato nulla del loro passato in Germania, sfuggono alle domande, si mantengono sul vago. Ma la situazione comincia a precipitare, con esiti dolorosi, quando Ernest torna da Saarbrücken, dove ha trascorso una vacanza in casa di Rolf, l’amico di penna. Con lui ha scoperto la propria omosessualità, grazie a quel viaggio ha iniziato un cammino di maturazione che lo porterà a cercare le sue origini e a pretendere dai genitori le verità nascoste. Imparo il tedesco possiede il dono di spingere il lettore a riflettere, seguendo una trama dove il tempo e le situazioni, l’amarezza e la dolcezza si rincorrono, si uniscono, si separano, si ritrovano. Fino all’ultima pagina (lds)

Emiliano Monge

Cielo arido

La Nuova frontiera (pp. 220, € 19)

Ogni volta che La Nuova frontiera tira fuori dal suo cilindro editoriale un libro, è una piacevole magia. Basterà ricordare l’onirico romanzo di Yuri Herrera, La ballata del re di denari. Questa volta la magia nasce dalla penna di Emiliano Monge, scrittore messicano residente a Barcellona. L’incipit è un invito impossibile da rifiutare “Questa è la storia di un uomo che senza saperlo è stato il suo secolo e di un luogo qui sintetizzato da un nome proprio: Germán Alcántara Carnero. Una storia di violenza incontenibile quanto naturale, che impone di essere raccontata come una biografia discontinua e che non doveva iniziare qui: il 13 maggio 1956, qualche minuto prima che il sole raggiunga lo zenit e le donne chiudano le tende di casa…”. I nove capitoli, dal Ritiro alle Esequie, si compiono nello scenario della meseta, la savana del Messico, dimenticata, arsa, confinata nella solitudine. Carnero, e chi ne ha condiviso la vita o solo alcuni tratti di essa, diviene il simbolo di un mondo che esce dalla sua dimensione per estendersi all’America Latina. La sua storia è quella di un uomo, e al medesimo tempo storia collettiva. Monge ricorda a tratti, ma ciò nulla gli toglie, il Marquez di Cronaca di una morte annunciata. Malinconia, ferocia, amicizia, amore, guerra, tregua sbocciano da un linguaggio capace di dipingere parole ed eventi dove il giallo del sole è così luminoso da divenire spietato. E il nero della tragedia così profondo da cancellare la speranza di un barlume di luce (lds)

David F. Dorr

Un uomo di colore in viaggio attorno al mondo

Ibis (pp. 176, € 14)

Nell’Ottocento, il Grand Tour, viaggio europeo cui era affidato il compito di temprare mente e spirito, era privilegio dei rampolli e dei signori delle classi abbienti. Ma l’eccezione appartiene sempre alla regola. E, nel caso specifico, è un’eccezione che adempie totalmente al suo ruolo. Perché, a compiere un Grand Tour tra Parigi e Londra, Germania e Olanda, Italia e Grecia, Egitto e Siria; a trarre da quelle esperienze un diario, fu David F. Dorr, tra il 1851 e il 1854. Chi era costui? Uno schiavo nato e cresciuto a New Orleans, dotato di un’intelligenza e di una curiosità che convinsero il suo ‘padrone’, un proprietario terriero della Louisiana, a sceglierlo come compagno di agiati vagabondaggi. A Dorr era affidato l’incarico di compilare il diario delle varie tappe. Che, di fatto, si trasformò in un diario filtrato dallo sguardo di uno schiavo, per quanto anomalo, sul mondo occidentale e i suoi protagonisti. Le annotazioni, le cronache, le osservazioni di Dorr compilano una sorta di manifesto che dimostra come la libertà dell’individuo e il suo diritto ad esprimersi prescindano dalle origini e dalla razza. Giustamente Ibis, nella quarta di copertina, riporta un piccolo ma significativo frammento del diario “… L’uomo bianco in Europa, nero in Africa, giallo in Asia e rosso in America è sempre il medesimo essere, di cui il clima ha colorato in maniera differente la pelle” (lds)

Tim Slessor

Non solo cowboy

Odoya, pp. 392, € 20

Folgorato sulla via del Far West durante un viaggio di lavoro, il giornalista della BBC Tim Slessor decide di licenziarsi (beato lui che se l’è potuto permettere) e di trasferirsi nell’Ovest americano con famiglia al seguito. L’impulso che lo muove è cercare di scoprire che fine abbiano fatto la memoria e i luoghi in cui nacque il mito della Frontiera a colpi di pistola, nel sangue innocente dei ‘pellerossa’, a bordo delle carovane, dentro una diligenza, in sella a un cavallo. Tim, con la pazienza certosina di un investigatore del passato, ha messo nero su bianco ipotesi e certezze. Tanto per citare, lui crede alla versione che vuole la storia di Butch Cassidy racconto autobiografico scritto da Butch, ritornato ormai anziano negli States sotto falso nome. E, citando ancora, butta luce sulla cessione della Louisiana francese al governo americano, a quei tempi ben più vasta dell’attuale stato. Si prosegue con il mito delle ferrovie, Little Bighorn Caporetto di Custer, la strage dei nativi a Wounded Knee comandata dal generale George Crook, lo strapotere degli allevatori di bestiame. Aiuta ad entrare nell’atmosfera l’iconografia: mappe, foto e ritratti d’epoca, locandine di film e copertine di libri. Non sarà una bibbia del selvaggio West, ma c’è di che divertirsi (lds)