Gli scenari evocati da Rosario Crocetta sono da brivido: almeno 40 mila persone che rischiano di perdere il posto di lavoro, malati affetti da gravi patologie invalidanti senza più assistenza, bambini abbandonati al loro destino e addirittura costretti a vivere per strada. E poi teatri e associazioni obbligati a chiudere i battenti perché senza soldi. Una vero «attentato alla Sicilia» accusa il governatore, che si dice «indignato» per quanto sta succedendo. E punta il dito contro chi ritiene essere il responsabile di tutto: «In Sicilia è in atto un attentato all’ordine sociale da parte dello Stato».

Parole pesanti, come pesante è la situazione in cui la Sicilia rischia di precipitare dopo che giovedì il commissario dello Stato ha bocciato la Finanziaria regionale e bloccato 500 milioni di euro destinati alla spesa corrente. Una decisione che adesso rischia di mettere in ginocchio l’isola e che colpisce in modo particolare la spesa sociale, ma si estende fino a tagliare finanziamenti alla cultura, all’ambiente, alle associazioni antimafia, per finire con gli stipendi dei forestali e di decine di migliaia di dipendenti degli enti controllati. In tutto, secondo i primi calcoli della Regione, potrebbero ritrovarsi senza lavoro almeno 40 mila persone. «Roba che se fosse successo al Nord, Bossi avrebbe fatto la secessione», sbotta un Crocetta sempre più furioso.

Tutto comincia due giorni fa, quando il prefetto Carmelo Aronica, commissario dello Stato sull’isola, dopo aver studiato i 50 articoli che compongono la Finanziaria regionale decide di bocciarne 33, in pratica quelli che finanziano le leggi di spesa. In tutto 118 interventi per un ammontare di 262 milioni di euro. A spingere il commissario a decidere di impugnare la Finanziaria sono i cosiddetti residui attivi, crediti difficilmente esigibili da parte della Regione che, negli ultimi quindici anni, ne ha accumulati per la bellezza di 15 miliardi di euro. Si tratta di tasse, imposte e trasferimenti dello Stato che per vari motivi la Regione non ha mai incassato, ma finiti puntualmente in bilancio con i passati governi regionali. Parallelamente, a garanzia di questo credito esisteva un fondo di 2 miliardi di euro utilizzato per la spesa corrente ma che col tempo si è esaurito. Tanto che nel 2012 la Corte dei Conti ha chiesto alla Regione di rifinanziare il fondo. Un primo intervento di risanamento è stato fatto l’anno scorso dal governo Crocetta, che ha stanziato 200 milioni giudicati però insufficienti dalla Corte dei conti. E altri 100 milioni erano previsti nella Finanziaria bloccata giovedì dal Commissario, che ha ritenuto di far confluire tutti i 500 milioni di euro previsti per la spesa corrente nel fondo di garanzia.

Insieme alla Finanziaria, il commissario ha però bloccato anche l’equiparazione delle coppie di fatto alle famiglie sposate nell’erogazione di contributi, agevolazioni e prestazioni sanitarie. Una decisione motivata dal fatto che l’equiparazione violerebbe l’articolo 3 della Costituzione, che garantisce l’eguaglianza tra i cittadini, visto che le coppie di fatto che potrebbero usufruire dei benefici sono solo quelle residenti nei comuni che hanno istituito il registro della unioni civili.

Ma è chiaro che, al punto in cui sono le cose, sono soprattutto le possibili conseguenze dei tagli alla spesa sociale e agli stipendi a preoccupare Crocetta: «Si tagliano i fondi per i ricoveri, per i disabili, per i diasagiati? Bene, lo Stato ora si occupi dei minori, perché non saremo noi a mandarli nelle fogne come in Romania, si faccia carico dei disabili, dei ciechi, dei talassemici» dice, deciso a rivolgersi a palazzo Chigi. «La sera prima dell’approvazione della manovra finanziaria avevo parlato con il ministro Saccomanni e col ministro Del Rio, non c’erano problemi. Avevamo anche le note dei ministeri del Tesoro, degli Affari regionali e della Coesione con un giudizio positivo sulle entrate previste nella legge di stabilità. L’impugnativa del commissario dello Stato è inspiegabile», afferma Crocetta. Che non vuole neanche pensare alla possibilità che dietro quanto sta accadendo ci possa essere un «mandante politico». «Sarebbe gravissimo», dice. E torna ad attaccare il commissario: «Non ha mai tutelato al Sicilia. Perché fino al 2012 ha permesso l’assunzione in società della Regione di migliaia di persone di aziende in crisi? Perché fino al 2012 ha permesso che si allargassero le maglie del precariato? Perché ha concesso l’erogazione di denaro pubblico sotto forma clientelare?».

Adesso è cominciata la corsa alla ricerca delle possibili soluzioni che eviti gli scenari più preoccupanti. Due quelle allo studio: trattare con il commissario perché destini almeno 200 dei 500 milioni di euro bloccati alle spese più urgenti. Oppure raschiare ulteriormente tutti i capitoli di bilancio e in particolare quelli relativi ai trasferimenti ai comuni e alle spese degli assessorati. Nella speranza che nel frattempo Roma si faccia viva in qualche modo.