«Sciascia ha un polso morale che non viene mai meno» diceva Italo Calvino dello scrittore siciliano di cui ricorrono i cento anni dalla nascita. Un percorso letterario e politico, quello dell’autore di Todo modo, come capita a scrittori e artisti la cui cifra è indissolubile da un impegno civile. Inoltre, Leonardo Sciascia è uno dei pochi grandi scrittori che conservano, in tutta la loro opera, una invidiabile capacità di leggere il mondo e i suoi misteri, il potere e le sue innumerevoli insidie, la società e le sue immense sfaccettature, partendo da un microcosmo che può essere il proprio paese o quel «continente», in senso metaforico, che è l’isola siciliana. Il modo migliore per celebrarlo, ci sembra andare, lontano dalla Sicilia nel Nord della Puglia, a un documentatissimo Centro culturale sulla memoria di Sciascia che vive, come tanti altri, miracolosamente grazie all’impegno davvero eroico, solitario e senza finanziamenti, di persone speciali che hanno dedicato la vita alle loro creature.

Una di queste perle culturali è appunto a San Marco in Lamis, sul Promontorio del Gargano. La cittadina ospita da anni il «Centro di documentazione Leonardo Sciascia – Archivio del Novecento letterario» guidato da Antonio Motta, autentico figlio del Gargano migliore (aspro e metaforicamente frastagliato) che ha appena pubblicato un interessante volume, Sguardi lontani, dedicato a colloqui e contributi inediti su Leonardo Sciascia. «L’inizio di questo mio viaggio – racconta Motta – si può far risalire al 1976, quando per un puro caso la biblioteca comunale del mio paese organizzò un ciclo di conferenze sugli scrittori meridionali per i corsi serali delle 150 ore, frequentati dai lavoratori. A me toccò Leonardo Sciascia. Scrissi allo scrittore e qualche mese dopo mi arrivò la lettera con le risposte alle mie domande. Da quella lettera ha inizio questo mio viaggio che continua tutt’ora con la stessa passione immutata». Poi finalmente Leonardo Sciascia giunse sul Gargano su invito di Motta. «Nel 1986 – racconta Antonio – al culmine della sua fama letteraria, venne qui a ritirare un premio. Tenne un incontro a scuola affollatissimo. L’immagine che mi porto dentro di quel giorno memorabile è di uno strenuo combattente che credeva fermamente nella cultura contadina da cui proveniva, poco nella modernità.

Da allora si sono accumulate nelle stanze del Centro (diviso in due tra Sciascia e Novecento letterario italiano) centinaia e centinaia di volumi e documenti, voci, prefazioni, note, scritti vari, tanti inediti e rari, recensioni, dattiloscritti con correzioni autografe. Non si pensi a un palazzo nobiliare, si tratta di una casa acquistata da Motta per la conservazione di questo patrimonio. Commuove, ad esempio, la documentazione su Borazio, poeta cavapietre che interessò a Pasolini oppure quella sull’incontro tra Sciascia e Scotellaro invitato a un convegno in Sicilia dallo scrittore nel novembre del 1953, un mese prima che la morte del poeta giungesse a colpire e rattristare Sciascia. O ancora la cartella «Vietnam libertà» con testi di Sciascia e tanti autori. E ancora le foto di Scianna che ritraggono lo scrittore. O foto e ritratti di scrittrici e scrittori e ancora, lungo le pareti e le scale del centro, foto di Sciascia con tanti personaggi tra cui Calogero Boccadutri (il comunista immortalato nella Conversazione in Sicilia di Vittorini).