In un paese in cui il governo, sottomesso ai desideri della troika, calpesta tutte le norme costituzionali e i valori umani, approva leggi di austerità – per salvare, come sostiene, «l’ economia e il popolo», ma in realtà per servire interessi del capitale finanziario -, e crea una crisi umanitaria senza precedenti, scarcera trafficanti di droga e offre condizioni di lusso in carcere ai detenuti neonazisti di Alba Dorata e a personaggi politici condannati per corruzione, c’è un giovane detenuto che ha chiesto dalle autorità una cosa semplice: la possibilità di frequentare i corsi universitari, come prevede la legge.
Solo che la giustizia greca, o meglio alcuni suoi giudici, fanno come il premier Samaras e il suo vice Venizelos: mettono in mostra i loro abusi di potere e violano lo stesso stato di diritto in nome della democrazia. Ieri il consiglio giuridico del Pireo ha rifiutato per la seconda volta la richiesta di questo giovane anarchico, il 21enne Nikos Romanos, al 25essimo giorno di sciopero di fame. La vita di Romanos è ormai a rischio, ma nessuno al governo ha preso fino a ieri l’iniziativa politica di rispondere a una richiesta: non solo per motivi umanitari, ma perché è del tutto legittima.

«Non possiamo interferire con l’operato della giustizia. E’ colpa della legge», ha detto il ministro della Giustizia. E ha aggiunto che il governo sta elaborando un progetto di legge per consentire a Romanos di studiare dal carcere via internet. Il giovane anarchico ha però rifiutato, perché come fanno notare i suoi compagni «un permesso per seguire un corso universitario è anche una boccata di libertà». Intanto cresce la rabbia tra i giovani e così il rischio di una nuova ondata di violenze e di proteste, come nel Dicembre del 2008 con l’ assassinio del giovane Alexis Grigoropoulos. Secondo alcuni media, Grigoropoulos era amico intimo di Romanos ed è morto tra le sue braccia.

Martedi scorso e ieri, oltre 5.000 persone, malgrado il maltempo, sono scese in piazza ad Atene a sostegno di Nikos Romanos e altri anarchici detenuti, accusando l’autoritarismo dello stato e la violazione dei diritti umani. Alla fine della manifestazione, alcuni giovani hanno dato fuoco a cassonetti e auto parcheggiate nel quartiere di Exarchia, molto vicino al Politecnico. Nel carcere di Korydallos ad Atene, 75 prigionieri si sono astenuti dal cibo in solidarietà al detenuto anarchico.

Il caso di Nikos Romanos, arrestato nel febbraio del 2013 insieme con altri tre giovani dopo aver rapito una banca in un paese vicino alla citta di Kozani (nella Grecia settentrionale), aveva subito evidenziato, forse più di ogni altro arresto, il modo feroce con il quale la polizia tratta i giovani che vengono fermati o arrestati durante manifestazioni. I maltrattamenti e le torture sono all’ordine del giorno, oltre al fatto che viene impedito loro di incontrare un avvocato e di comunicare con i propri genitori. Non a caso gli stessi giovani una volta lasciati liberi si lamentano spesso di avere forti stordimenti, dolori in testa, debolezza e sangue nelle urine.
Dopo l’arresto di Romanos e dei suoi compagni, la polizia ha pubblicato le foto dei loro volti tumefatti, con evidenti segni di maltrattamento e di tortura, ma nessuno nel governo ha chiesto un’indagine, nemmeno quando la Lega Ellenica per i Diritti Umani ha dichiarato che sporgerà denuncia al Pubblico ministero della Corte suprema. La Corte europea dei Diritti umani ha peraltro condannato decine di volte la Grecia: per casi di tortura e per uso ingiustificato di violenza, spesso razzista, da parte degli agenti di polizia contro detenuti o semplicemente contro giovani fermati e trasferiti di forza alla sede centrale della polizia di Atene. Così è successo ieri con i giovani arrestati durante gli scontri con i Mat, gli agenti della polizia in tenuta antisommossa.
«In questi ultimi anni, gli anni dell’uragano dei memorandum e della frenesia anti-migratoria, i pestaggi, i maltrattamenti, le umiliazioni dei detenuti da parte dei poliziotti tendono a diventare un fenomeno abituale», denuncia la Rete per i diritti politici e sociali. E tutto ciò come raccontano avvocati difensori, nel momento in cui in Gada, la stessa sede centrale della polizia «trafficanti di droghe e papponi di alto rango, sospetti di crimini molto gravi, senza essere ammanettati, aspettano il loro turno per essere interrogati, bevendo birre insieme ai loro amici».

Romanos si definisce detenuto politico e combattente anarchico: «Ho agito per motivi politici», ha detto durante il processo in cui è stato condannato a 15 anni di prigione. Ha preso il diploma in carcere e poi ha dato gli esami, che tutti i greci considerano molto difficili, quasi «un’odissea per i giovani» per essere ammesso a un’università. Superato l’ostacolo, Nikos non ha accettato i 500 euro come premio dal ministro della Giustizia per essere stato ammesso: perché non vuole tradire le proprie idee. Chiede però il permesso di studio per frequentare i corsi universitari, come prevede la legge. Dalla settimana scorsa, Nikos è all’ospedale di Genimmatas dove i medici si rifiutano di applicare l’ordine del giudice istruttore di alimentarlo a forza. E vuole andare fino in fondo.