Ci sono autori di cui tutti parlano bene senza riuscire a parlarne bene abbastanza. Quando si tratta di autori giovani, la questione è ancor più complicata. Martoz, al secolo Alessandro Martoz Martorelli classe 1990, si era imposto all’attenzione del fumetto italiano già lo scorso anno con Remi Tot in Stunt (MalEdizioni, 2015) e pubblica adesso con Canicola il suo secondo romanzo grafico, “Amore di lontano”, facendoci ripiombare nello stesso problema: come parlare di un autore ventiseienne che per compiutezza di stile, capacità narrativa, espressività e cultura svetta nel panorama della narrazione illustrata nostrana. Il suo nuovo, densissimo e sorprendente romanzo, le cui tavole sono esposte fino al 6 Novembre alla Galleria Parione9 di Roma, è un poema epico-erotico sospeso nel tempo tra la seconda crociata e un eterno presente, una storia tenuta insieme dalla forza di un sogno e dalla spinta dell’amore. Ne abbiamo parlato con l’autore a Treviso, dove ha vinto il Premio Boscarato come Miglior autore rivelazione.

Se Remi poteva essere paragonato a un action movie, Amore di lontano è (anche) un poema epico. Perché questa scelta?

L’idea del libro prende vita da due riferimenti principali: Jaufré Rudel e Raymond Queneau. La vicenda del poeta Jaufré Rudel che intraprende un lungo viaggio per raggiungere una contessa di cui si è innamorato per sentito dire, è stato uno degli stimoli iniziali che mi hanno portato a disegnare questa storia. Una vicenda di questo tipo, che mescola i temi del viaggio, delle crociate e dell’amor cortese, si tuffa quasi automaticamente in un genere epico. In sostanza, sono i temi che volevo trattare che hanno dato delle categorie al fumetto. Mi sono anche chiesto cosa mi sarebbe piaciuto disegnare…

Veniamo al “di lontano” nel titolo. Spazio e tempo “saltano” in continuazione, poiché alla trama epica è intrecciata la storia di Jaf, erotomane che vive nella contemporaneità e che duplica, in un certo senso, la ricerca di Antares. Quindi abbiamo due narrazioni che sono tra loro lontani nel tempo e nello spazio…come nasce l’idea di questa costruzione, quali sono le sue possibilità?

Mi piaceva l’idea che i due protagonisti fossero lontani nel tempo anche se connessi nello spazio. Sì, “lontano” è una parola chiave, perché racchiude l’eterna tensione dell’uomo verso l’altro, verso tutto ciò che non ha e la credenza che la soluzione ai nostri disagi interiori sia la X su una mappa del tesoro. Jaf è lontano da Antares, evidentemente, ma è al contempo nello stesso posto… La condizione di Jaf mi affascina perché è insieme statica e sfuggente: lui non può decidere nulla della sua esistenza, può solo subire passivamente il suo destino e lasciare che sia la storia stessa a compiere i passi che lo separano dal suo obiettivo.

Ancora due parole sul tempo: la parte storica è sempre ben definita e riconducibile a fatti storici realmente accaduti, mentre il tempo contemporaneo è indefinito, specificato con didascalie volutamente vaghe. Quest’ indefinitezza ha a che fare con il sogno? È possibile dire che il piano onirico è il terzo livello del racconto, quello in cui le due vicende si allacciano?

Hai centrato il punto. Nel fumetto il cavaliere Antares ci viene presentato come un sogno di Jaf. Eppure le vicende di Antares sono ben localizzate e definite mentre quelle di Jaf sono imprecise e surreali. Essendo Jaf un uomo contemporaneo dovremmo identificarci con lui più facilmente, invece il suo è un mondo paradossale. È uno dei rovesciamenti presenti nel fumetto. Un altro, fondamentale, è la specularità di Mila, la quale è presente in entrambi i tempi sebbene nel passato sia una nobile contessa e nel presente una prostituta. Il piano onirico è certamente un ponte, ma il fumetto nasconde svariati messaggi subliminali che sotterrano, qua e là, indizi…

Ciò che lega le due storie è la ricerca, una vera quest cavalleresca. Che ruolo ha l’amore in questo senso? Quali accezioni del più alto sentimento esplori con la tua storia? Il fiordaliso è legato a questa tensione?

Il fumetto non è autobiografico, tuttavia mi è piaciuto riflettere sull’immensa poligamia che ci bussa nel cuore. Come in “Le passanti” di De André: Jaf ama tutte le donne che incontra, con sentimento viscerale, sincero. Egli dà tutto se stesso, perché ha solo questo: può solo amare, senza alternativa. Mi capita di innamorarmi di ogni passante, il che rende la vita impossibile. Non che senza questo amore l’esistenza sia meno assurda. Il simbolo del fiordaliso è fondamentale: un fiore blu in omaggio all’omonimo romanzo di Raymond Queneau. Il fumetto è pieno di simboli, quello del fiore rappresenta l’amore lontano, quel mistero che vive nel nostro cuore. Finché non sveliamo quel mistero non smetteremo di innamorarci. Il fiore blu, dunque, non va colto.

Raccontaci come hai scelto i colori nei diversi blocchi narrativi.

I colori hanno un ruolo fondamentale. Ho separato nettamente il tempo passato di Antares e il presente di Jaf utilizzando rispettivamente colori caldi e freddi. La concretezza della guerra nei colori terrosi, l’ineffabilità dell’amore nei colori acquosi. Nei singoli capitoli, ho cercato di creare il giusto contrasto per mettere in risalto gli elementi fondamentali della narrazione.

Mi sembra che la poesia abbia un ruolo determinante nel libro, come ponte tra i diversi tempi della narrazione-penso al testo tratto dal libro intitolato Amore di lontano- e come registro del testo narrativo. Come componi? Quanto il tratto e il disegno influenzano la parola, o viceversa?

Quella cui ti riferisci è una bella citazione letteraria di Jacopo da Lentini, uno dei primi poeti italiani a scrivere in volgare. Estremamente coraggioso, Jacopo dice: “mi comporto bene, non per timore di Dio, ma per avere accesso al paradiso, dove la mia (defunta) ragazza vive… e io voglio tanto rivederla”. E’ una cosa davvero romantica. Il disegno e la parola, normalmente, nascono insieme. Spesso parto da situazioni emotive che partoriscono immagini e parole. Può capitare che mi precipiti nella testa una frase da cui poi costruisco tutto il resto: da un moto interiore possono nascere frasi o immagini. Potrebbe succedere di costruire un intero fumetto intorno a una singola suggestione o frase di partenza. Amore di lontano si fonda intorno alla frase: “l’amore è la malattia per tutte le cure” che però non figura mai nel fumetto.

Chi conosce il tuo precedente lavoro troverà un Martoz in forma smagliante, cresciuto, che sguazza in una ricchezza testuale quasi olistica. Ci sono citazioni esplicite dalla pittura di Picasso, il cammeo dei principi Grace e Ranieri, un’intera canzone di Paolo Conte quando si parla della flotta genovese. Una libertà espressiva invidiabile, uno stimolo continuo per i lettori, immagino grande quanto il piacere di scoprire e generare rimandi culturali attraverso la storia che stai narrando, dico bene? 

Quando è venuto a trovarmi quel bambino, un Arlecchino di Picasso, non ho potuto tirarmi indietro. Ma vi svelerò una cosa: quel bambino è Modigliani da piccolo. Questo bimbo, nonostante sia solo un’allucinazione, guida Jaf attraverso la foresta dei cedri fino a destinazione… Mi piace moltissimo inserire nella storia elementi che mi emozionano e che non sono solo citazioni. Jaf si risveglia a Monaco: ci sono le vetture di Formula1 e c’è la bella Grace Kelly, affacciata al balcone scruta il cortile, cercando spiegazioni riguardo il suo destino. Mi piace citare quando le citazioni assumono un ruolo e non sono fini a se stesse, nel caso di Paolo Conte (immenso, immenso Paolo Conte) la canzone era perfetta per descrivere la condizione tragica di Jaf, il quale cade dalla nave, trasportato via da un mare invincibile. Via dall’amore conquistato, ogni volta che si addormenta di nuovo precipita dalla nave…

Il titolo del tuo libro rimanda al trovatore Jaufre Rudel: amore di lontano, o amor de lonh, è un sentimento fortissimo, amoroso, per una donna che non si conosce. Un intelligente riferimento alla natura indefinita ed evanescente dell’amore. Come ti sei imbattuto in questa figura e cosa ti attrae del concetto centrale della sua poetica? Jaf è il doppio contemporaneo del trovatore?

Il grande Stefano Arena, storico e filologo, mio professore al liceo, mi ha fatto conoscere Jaufrè Rudel. Mi attrae moltissimo lo sforzo di Rudel. Oggi siamo pigri e impazienti, dietro i nostri telefoni onniscienti; Rudel ha attraversato un mare in barca per raggiungere una donna che non conosceva. Io adoro compiere sforzi immotivati, compiere gesti senza senso, come girare in bicicletta dentro una città grande come Roma. Ma sono davvero immotivati questi sforzi, sono davvero gesti senza senso? Rudel è in completa controtendenza rispetto al nostro tempo e ci lancia un monito: “siate umani, compiete lo sforzo”. Un gesto estremo come quello compiuto da Rudel, morto tra le braccia della donna amata dopo un viaggio immenso, ci spinge a riflettere sulla leggerezza della nostra esistenza, in cui niente vale la pena. Per un abbraccio, invece, vale la pena di morire. Jaf è un uomo confuso e privo di memoria, travolto dalla sua vicenda ingestibile, impossibilitato a prendere in mano la sua esistenza… In pratica Jaf è il PRESENTE. Semplicemente il presente.