I continui tentativi di Trump di vietare, allontanare, incarcerare e dissuadere i richiedenti asilo che si trovano al confine meridionale degli Stati uniti, hanno subito una brusca frenata. Un giudice federale della corte di San Francisco ha temporaneamente bloccato l’amministrazione Trump dal negare l’asilo ai migranti che attraversano illegalmente la frontiera tra Stati uniti e Messico.

All’inizio del mese, quando la carovana migrante si stava dirigendo verso il confine e le elezioni di midterm erano alle porte, Trump aveva annunciato nuove regole che negavano le richieste di asilo ai migranti illegali. Ora il giudice Jon S. Tigar del tribunale distrettuale degli Stati uniti per il distretto settentrionale della California ha ordinato di tornare ad accettare le richieste di asilo di tutti i migranti, indipendentemente da come o dove siano entrati nel paese. L’ordine sarà in vigore fino al 19 dicembre, quando il giudice Tigar prenderà in considerazione una soluzione permanente.

Secondo il giudice californiano, la politica voluta da Trump presenta «conflitti inconciliabili» con la legge sull’immigrazione statunitense e «l’intento espresso del Congresso». «A prescindere dall’autorità del presidente – ha dichiarato Tigar – non può riscrivere le leggi sull’immigrazione e imporre una condizione che il Congresso ha espressamente vietato». E ha aggiunto che la ragione di questo freno alle decisioni di Trump va ricercata nel fatto che i richiedenti asilo verrebbero messi «a maggior rischio di violenza» se lasciati alla frontiera.

Il Dipartimento per la Sicurezza interna e quello della Giustizia hanno definito, tanto la sentenza quanto la sua motivazione, «assurdi». «Il nostro sistema di asilo è tutto compromesso – hanno detto in una nota la portavoce della Sicurezza nazionale, Katie Waldeman, e il portavoce del Dipartimento di Giustizia Steven Stafford – Ogni anno viene abusato da decine di migliaia di richieste che non hanno basi. È assurdo che un gruppo di avvocati possa essere legittimato di intentare causa per impedire all’intero governo federale di agire, così che gli stranieri illegali possano accedere a benefici pubblici a cui non hanno diritto».

Questa è l’ultima battuta d’arresto per un’amministrazione che ha cercato di reprimere ciò che sostiene siano dei difetti nel sistema di immigrazione, ma è una vittoria per l’American Civil Liberties Union, il Southern Poverty Law Center e tutti i gruppi che si battono per i diritti civili e che sostengono sia illegale bloccare le richieste di asilo sulla base di come i richiedenti siano entrati nel paese.

Quella sul diritto d’asilo non è l’unica mossa legale contro le decisioni di Trump: una bella grana riguarda anche Matthew Whitaker, temporaneo ministro della giustizia, nemico del Russiagate, che è andato a sostituire il forzatamente dimissionario Jeff Session. Tre senatori democratici, Richard Blumenthal, Sheldon Whitehouse e Mazie Hirono, hanno intentato causa a Whitaker in quanto Trump, per il passaggio di consegne degli attorney general dopo le dimissioni di Sessions, sarebbe dovuto passare attraverso il Senato, indipendentemente dal fatto che il ruolo di Whitaker sia o meno definitivo.

La causa arriva dopo un’altra mossa legale del Maryland, risalente alla scorsa settimana: si è chiesto a un giudice di intervenire e mettere in carica al posto del pupillo di Trump, Whitaker, il vice attorney general di Jeff Sessions, Rod Rosenstein, a cui il ruolo spetterebbe di diritto.