Lo spazio ristretto, l’andare altrove, il tempo davanti, il paesaggio che cambia, l’intimità obbligata, è l’insieme che fa dell’abitacolo di un’auto lo spazio perfetto per confidenze, chiarimenti o verifiche di relazione di coppia, amicale, filiale. Oddio, va detto che per le stesse caratteristiche l’auto può diventare anche trappola perfetta per aggressioni o omicidi, ma per fortuna sono eccezioni da cronaca nera.
Restando nell’ambito delle buone intenzioni, l’interno vettura è un po’ come il lettino dello psicanalista senza psicanalista, a patto di rispettare alcune condizioni: essere in due perché un altro passeggero cambierebbe le dinamiche; intraprendere un viaggio non inferiore a un’ora sennò non si fa in tempo a partire che si è già arrivati; percorrere strade placide, con pochi stop e semafori altrimenti il nervoso la fa da padrone; non darsi una meta o un’ora precisa di arrivo perché l’obiettivo non è rispettare un appuntamento ma il viaggio in sé. Uno degli eventi più frequenti che possono capitare dentro una vettura è la lite di coppia e, se non la si maneggia con cura, può avere effetti devastanti. Quando ci si azzuffa agli albori del tragitto, se uno dei due è seriamente intenzionato a risolvere la diatriba, l’abitacolo diventa il luogo perfetto per sciogliere la tensione. In questi casi chi tiene il volante ha in mano un grande potere perché può decidere se, dove e quando fermarsi.

Conosco gente che ha percorso per alcune ore oscure e tranquille strade di periferia a 30 all’ora per avere il tempo di chiudere la discussione su un tradimento, un’idea di convivenza, spartizione dei compiti nella quotidianità, stato della relazione. A volte, il viaggio è stato pensato proprio per ragionare in campo neutro e in movimento, cosa ben diversa dal discutere nel chiuso di una stanza che è sempre più opprimente di un finestrino affacciato su dintorni che cambiano. Inoltre, il modo in cui si condivide l’esperienza è già una verifica sul grado di affiatamento della coppia. Faccio alcuni esempi.
La scelta dell’itinerario, il modo in cui ci si guarda attorno, la decisione di dove sostare, la disponibilità a improvvisare deviazioni, la capacità di stupirsi, la voglia di condividere. Se ci si trova in disaccordo su gran parte di ciò, non è un bel segnale. Il viaggio in auto ha di solito buoni effetti anche sul dialogo genitore/figlio, a patto di spegnere i cellulari e ogni diavoleria che ci connette all’inferno web. Se i figli sono patentati, consiglio di far guidare loro perché niente come fare il passeggero dà la sensazione di affidarsi e ribalta i ruoli.

Lì, nudi e crudi, mentre il nastro di asfalto scivola sotto le ruote, potreste sentirvi confessare la prima sbornia, la prima canna, il primo amore, che cosa ama o non ama di voi, della scuola, del lavoro, ansie e sogni, paure, aspirazioni. Potreste anche scoprire che i vostri figli sono più affidabili e adulti di quanto pensiate, che se si dà loro una responsabilità sono capacissimi di assumerla, che mentre voi li considerate superficiali loro vi ritengono un po’ rinco e vintage, che un episodio di anni prima per voi irrilevante ha invece lasciato il segno e che, scava scava, in realtà sapevate pochissimo di loro e loro di voi.
Chissà come cambierà tutto ciò quando arriveranno le iper programmabili auto che guidano da sole. Come finirà quella straordinaria cosa che è l’improvvisazione? Così come stanno tornando di moda giradischi e vinili, è probabile che qualcuno avrà l’idea di noleggiare vecchie auto con tanto di volante e cambio manuale. Lo scopo? Terapia Relazionale Itinerante.

mariangela.mianiti@gmail.com