Tutti dicono che ormai non c’è più tempo, eppure all’accordo tra Pd e Movimento Cinque Stelle per le regionali umbre del 27 ottobre si continua a lavorare con una lentezza a tratti esasperante e con toni troppo spesso schizofrenici. Un gioco di affondi e ritirate che sta confondendo i militanti di entrambi gli schieramenti. Infatti, quando in serata sono usciti i risultati della consultazione su Rousseau sull’accordone con i dem, su 35.000 votanti, il 60.9% si è schierato con la linea dettata da Luigi Di Maio. Una percentuale non altissima che mette in evidenza una sostanziale freddezza della base nei confronti delle decisioni dei suoi dirigenti.

PER IL RESTO, LE TRATTATIVE continuano in un percorso a ostacoli. All’inizio della settimana, i dem erano ormai sicuri che la candidatura del presidente di Confcooperative Andrea Fora fosse ormai bruciata, e invece ieri dal commissario Walter Verini in giù tutti si sono compattati intorno a questo nome. Colpa (o merito) di Di Maio, che nel pomeriggio si è fatto vedere ad Assisi e ha seminato il panico tra i pontieri al lavoro sull’accordo. Il capo politico, infatti, nel lanciare la consultazione su Rousseau ha aggiunto che la candidata alla presidenza è la sindaca di Assisi Stefania Proietti, ambientalista, civica e già vincente alle comunali di tre anni fa grazie ai voti sia del Pd sia del M5s.

Il problema è che non era proprio il momento per sganciare una mina del genere, e dalle parti del Pd questa fuga in avanti di Di Maio viene letta come irresponsabile e dunque irricevibile. E pensare che Proietti andava bene più o meno a tutti, bastava solo inserirla nella trattativa al momento giusto. Il ministro degli Esteri però ha deciso di sparigliare e si è messo a parlare di «metodo per de-partitizzare le giunte regionali», che nella sua visione dovrebbero essere composte solo da personalità esterne alle forze politiche. È così che il Pd si è irrigidito e ha confermato la sua fiducia a Fora, che pure non ha mai avuto alcuna tessera in tasca e può definirsi a pieno titolo un civico.

«DI MAIO VUOLE far saltare l’accordo», dice un dirigente del Pd con tono particolarmente sfiduciato. La realtà, comunque, è diversa e infatti lo stesso Di Maio a un certo punto ha fatto una specie di passo indietro, dicendo che la scelta dei nomi è in capo «a chi discute» (quindi alle delegazioni che continuano a sentirsi ogni giorno) e che i tempi «li detta la legge», dunque c’è tempo fino al 27 settembre. A questo punto l’ipotesi ancora in piedi è che verrà trovato un terzo nome.

«Nel Movimento Cinque Stelle ragionano così – spiega un altro dirigente di lungo corso del Pd perugino -: noi abbiamo un candidato e quindi devono avercelo pure loro. È chiaro che alla fine il nome giusto non potrà essere né il nostro né il loro».

GIÀ, MA ALLORA CHI? Mistero. Il re del cachemire Brunello Cucinelli ha ormai detto in tutte le lingue che lui non è a disposizione. Altri nomi che si fanno sono quelli del procuratore generale dell’Umbria Fausto Cardella (che già si è detto lusingato per l’interessamento) e della presidente di Terna Catia Bastioli, già ospite in passato alla Leopolda di Renzi ma anche elogiata a più riprese sul blog di Beppe Grillo.

A onor del vero, però, quasi nessuno crede che alla fine possano spuntarla Cardella e Bastioli e si pensa che l’identità del vero candidato capace di appianare le differenze debba ancora uscire. Nelle ultimissime ore è emerso da ambienti grillini il nome di della presidente dell’Istituto Serafico di Assisi Francesca Di Maolo come candidata unitaria.

Come si sarà capito da questo notevole intreccio di situazioni, l’alleanza tra Pd e M5s nata nel nome del rinnovamento è in realtà intrisa di pratiche e modi di fare da Prima Repubblica

CHI GODE È MATTEO SALVINI, che gigioneggia un giorno sì e l’altro pure (ieri ha detto che «i cittadini voteranno in faccia agli inciuci»), coccola la sua candidata Donatella Tesei e sorride guardando i sondaggi: la somma dei voti di Pd, M5s e alleati vari sarebbe infatti inferiore rispetto a quella delle sigle del centrodestra.

Da segnalare, infine, una rilevazione che gira nelle chat dei democratici e che vede Rossano Rubicondi, candidato del Partito Comunista di Marco Rizzo, oltre il 4%, sopra cioè l’eventuale lista di sinistra che si assocerebbe alla coalizione tra democratici e pentastellati.