Da voce e anima della Genova dei grandi cantautori a sommo autore di indiscussi standard della musica italiana anni 60. Nella crescita artistica di Umberto Bindi da I trulli di Alberobello che scrisse per Sanremo nel 1958 a Arrivederci (’59) e Il nostro concerto (’60), il salto qualitativo sarà enorme. Ma il suo estro ha dovuto combattere sempre contro l’ostracismo nei suoi confronti, la depressione, tragedie familiari, malattie e l’emarginazione del mercato e dei media fin dagli inizi per la sua omosessualità («nel 1961 – raccontò durante la sua ultima apparizione a Sanremo nel 1996 – quando andai al festival i giornalisti non parlarono della melodia che avevo scritto, ma dell’anello che portavo al dito»), da lui mai nascosta. Vicissitudini che renderanno dolorosa buona parte della sua vita, conclusa quasi in miseria a Roma nel 2002.

INSIEME a Giorgio Calabrese ha scritto pagine bellissime, melodie nuove, spiazzanti e raffinate come l’introduzione lunghissima ispirata ai compositori romantici dell’800 de Il nostro concerto, o l’ariosa sfrontatezza di Il mio mondo, (scritta con Gino Paoli) diventata hit mondiale grazie alle cover di Cilla Black e Dionne Warwick. Gli ultimi dieci anni di carriera, vedono Ernesto Bassignano affiancare Bindi nella scrittura dei testi: «L’ho conosciuto nel 1990, apprezzava le mie canzoni e mi chiese di scrivere per lui». Melodie belle e coraggiose, quanto sfortunate commercialmente.

ORA QUELLE CANZONI – con l’aggiunta di inediti – ritornano in un progetto fortemente voluto dallo stesso Bassignano che ha «cooptato» nella produzione artistica, Grazia Di Michele e Alberto Zeppieri. Ne è nato un disco ambizioso dove sono coinvolti vari interpreti della musica italiana, fra gli altri Bungaro (ispiratissimo nella ripresa di Mare, Morire d’Amore), Franco Simone, Patrizia Laquidara, Vittorio De Scalzi, Bassignano. Ma c’è anche un vecchio compagno di viaggio di Bindi, Bruno Lauzi con la cover – in uno dei suoi ultimi concerti nel 2006 – di Io e il mare.
«Ho iniziato a frequentare Umberto – raccontava Lauzi a Bassignano nel libro Umberto Bindi. È stato solo un arrivederci – a casa sua, una casa spoglia dove sua madre lavorava a maglia per tirar su un po’ di soldi. Lui stava in una stanza abbastanza vuota e suonava una fisarmonica con i cerotti nei buchi. Da quello strumento traeva dei suoni stupendi»….