Si è aperta ieri l’ultima settimana della tesissima campagna elettorale per le politiche anticipate, che culminerà domenica con il voto a cui sono chiamati quasi 37 milioni di spagnole e spagnoli (2 milioni dei quali residenti all’estero) per eleggere 350 deputati e 208 senatori. Dopo l’atteso primo grande dibattito di ieri sulla televisione pubblica Rtve con i 4 capolista (Sánchez del Psoe, Casado del Pp, Rivera di Ciudadanos e Iglesias di Unidas Podemos), stasera si ripete su una delle principali reti private, Atresmedia. Il «dibattito sul dibattito» ha avvitato i 4 protagonisti tutta la settimana scorsa: come il suo predecessore Mariano Rajoy, Pedro Sánchez è convinto che troppi confronti tv rischiano di metterlo in difficoltà, e ne voleva solo uno: alla fine, ha ceduto alle pressioni e ne farà due. La Giunta elettorale ha impedito alla rete privata di invitare anche Vox (per ora privo di rappresentazione parlamentare).

Il Psoe arriva come il favorito dei sondaggi: con percentuali intorno al 28%, potrebbe ottenere tra i 120 e 130 seggi (contro gli 85 di oggi); per la destra invece, il partito più forte rimarrebbe il Pp, che però otterrebbe uno sconvolgente 22% (alcuni addirittura stimano il risultato al di sotto del 20%), il peggiore della sua storia, meno di 100 seggi. Ma è anche la prima volta che in Spagna la destra arriva divisa al voto: l’elettore conservatore potrà scegliere fra il Pp, Ciudadanos (che stavolta si sono collocati decisamente a destra, chiudendo la porta a una collaborazione coi socialisti), dati intorno al 15% (in leggero aumento rispetto al 2016, con una cinquantina di seggi, 20 in più di oggi) e i fascisti di Vox, che potrebbero entrare con ben 15-20 seggi (alcuni temono addirittura 30), con percentuali intorno al 10%. Infine, Unidas (al femminile) Podemos (la confluenza di Podemos, Izquierda Unida, gli ambientalisti di Equo) e i loro alleati locali, che potrebbero non superare il 15% e una quarantina di seggi: molto meno del 21% del 2016 (72 seggi).

Il perverso sistema elettorale spagnolo questa volta potrebbe giocare un brutto scherzo alla destra: disegnato durante la transizione postfranchista proprio per sfavorire la sinistra e le città a favore della destra e delle zone rurali, stavolta potrebbe regalare qualche seggio ai socialisti. Tralasciando il senato (meno rilevante nel sistema politico spagnolo), per il Congresso, i deputati sono eletti su base provinciale; ogni provincia ne elegge almeno 2; quelle più popolose possono arrivare anche a 37 (Madrid), mentre Barcellona ne elegge 32. Ma ben un terzo dei parlamentari si elegge in circoscrizioni con meno di 5 deputati, il che distorce la proporzionalità del voto: in quelle province, il voto a partiti che localmente non siano il primo o il secondo rischia di essere perso. Secondo le stime del twittero @Luisrueda96, ci sono quasi 20 province (delle 52 totali) dove l’ultimo deputato si gioca tra Unidas Podemos e Psoe o Vox e Pp, con differenze di poche centinaia di voti. E poi c’è la questione degli elettori all’estero: una norma approvata dal Pp ha reso il voto una corsa a ostacoli per elettori considerati maggioritariamente di sinistra. La percentuale di questi elettori votanti è passata dal 31 al 4 percento nelle ultime elezioni. Questi due fattori, assieme all’elevata percentuale di indecisi, fanno sì che le stime sui risultati siano molto incerte: le più pessimiste danno le tre destre a un passo dall’ottenere la maggioranza, le più rosee danno Psoe e Up in vantaggio, ma in ogni caso sembra proprio che i partiti nazionalisti (catalani e baschi) siano destinati ancora una volta a giocare un ruolo da protagonisti.

Proprio sul tema del conflitto territoriale, che la destra getta addosso al Psoe continuamente, Sánchez si muove con meno agilità, oscillando fra la ragionevolezza del dialogo e i tic centralisti di sempre. Ma l’elefante è nella stanza: Esquerra Republicana schiera gli incarcerati Oriol Junqueras e Raül Romeva, Junts per Catalunya lo fa con Jordi Sánchez, Jordi Turull e Josep Rull: per la prima volta la Spagna ha assistito a conferenze stampa di candidati in diretta da un carcere. A sua volta Vox schiera a Madrid proprio l’avvocato dell’accusa popolare contro i dirigenti catalani ancora sotto processo.