Cresciuto tra la Liberia e il Libano il giovane scrittore, regista Qualid Mouaness, ha debuttato con un racconto autobiografico, 1982. Dopo il festival di Toronto, il film è stato presentato nel Medio Oriente al pubblico del festival di El Gouna (Egitto, 9-27 settembre). 1982 racconta l’ultimo giorno di scuola elementare del regista, avvenuto il 6 giugno,1982, in Libano.

È una giornata assolata estiva in una scuola elementare sulle colline di Beirut, i bambini si preparano agli esami di fine anno. Il giovane protagonista Wissam (Mohammad Dali), decide che questo è il giorno in cui dichiarerà il suo amore alla compagna di scuola Joanna. Mentre la maestra (Nadine Labaki) organizza le prove d’esame per la classe, Wissam compone biglietti d’amore, in cerca delle parole giuste per comunicare i suoi sentimenti. Con lo sguardo fresco e luminoso di un adolescente, il regista ricostruisce la memoria della giornata, seguendo da vicino i comportamenti dei bambini e del personale scolastico, e l’evoluzione degli eventi. Dall’unica radio della scuola gli insegnanti vengono a conoscenza dello scoppio della guerra. Velocemente la situazione precipita. All’orizzonte appaiono i fumi dei bombardamenti, la scuola entra in tumulto e iniziano i piani di evacuazione. “L’inizio della guerra in Libano, ha segnato il mio ultimo giorno di scuola.” Mi racconta Mouaness incontrato al festival di El Gouna: “Dopo tre settimane con la mia famiglia abbiamo dovuto lasciare il paese. È stato un momento traumatico nella mia vita. Realizzare il film mi ha consentito di riconciliarmi con il mio passato. Nel 1993 stavo lavorato alla stesura di una serie di racconti brevi, questa era l’unica storia che non riusciva a concludere. Ogni volta che tentavo di lavorarci, mi potava in un luogo della memoria oscuro. Parlando con un’amica produttrice dei nostri ricordi di quel giorno, e dei film che erano stati prodotti quell’anno nel mondo, ho avuto l’idea di realizzarne il film.”

Come ha ricostruito il racconto di quel giorno?

Molto è avvenuto nella mia memoria. Mi ricordo di quell’ultimo giorno di scuola, le machine in fila fuori dalla scuola, un insegnante che diceva “siamo nel mezzo degli esami, perché i bambini vanno via?”. Mi ricordo i bambini che correvano, alcuni continuavano a giocare. In particolare il suono delle bombe, che diventava sempre più frequente e forte. Come si vede nel film. Ricordo gli aerei siriani e israeliani nel cielo. Ho parlato a lungo con mia madre di quel giorno, per lei è stato molto traumatico. Sono rimasto in contato solo con due compagni di scuola, purtroppo non so cosa sia accaduto alla ragazzina di cui ero innamorato. Ho sentito l’urgenza di iniziare a scrivere la sceneggiatura nel 2011. Dopo la prima stesura, ho lavorato molto sulla psicologia dei personaggi, i bambini, gli insegnanti, che hanno vissuto quel momento in modi completamente diversi.

C’è qualche ricordo che ha ricostruito in modo particolare?

Tutto era caos, le sequenze in macchina con Mailjit e il fratellino Imaan, sono basate sulle mie memorie. Quando sono tornado a casa con il mio fratellino, siamo rimasti a guardare il cielo. Un aereo venne abbattuto di fronte ai nostri occhi, eravamo sul balcone di casa. Il mio fratellino ha avuto una crisi nervosa e ha cominciato ad urlare. Mentre la mamma ci chiedeva di rientrare in casa altrimenti un aereo poteva cadere sulle vostre teste.

In realtà, (a differenza del film) quel giorno la maggior parte della flotta aerea Siriana venne distrutta. Mi ricordo che combattevano sopra le nostre teste. Tutto il Libano era nel caos. Questo può verificarsi in ogni momento oggi.

Quando la scuola è stata evacuata ha lasciato in autobus?
Si, con l’autobus della scuola. Il conflitto è continuato tutto il pomeriggio,

Il film per me è un racconto di formazione, accade così tanto in un solo giorno, in realtà diventa momento di crescita per qualsiasi età. È uno dei giorni più bui della storia del mio paese.

L’infatuazione per la ragazzina era nella sua memoria?
Si, ero molto innamorato di una compagna di scuola, e iniziai a scrivere messaggi d’amore. A scuola mi causarono problemi perché un’insegnante trovò un mio messaggio e mia madre mi rimproverò dicendo che erano cose che alla mia età non potevo fare.

La parte conclusiva del film, introduce un momento di animazione con una forte valenza narrativa, da dove nasce l’idea di usare l’animazione ?

Trai i programmi che seguivo, sulla televisione araba, ogni mercoledì c’erano le storie di un gigante-robot, che divenne la mia ossessione. Da bambino adoravo disegnare, e spesso disegnavo questo eroe, ma non ero tanto bravo. M’interessa la forza creativa nel completare l’immaginazione. Quando qualcuno inizia a disegnare, basta guardare il disegno incompleto, e con l’immaginazione può assume una potenza incredibile. Con l’immaginazione possiamo avere una visione di quello che veramente vogliamo, senza limiti. Quando si finisce un disegno con la propria immaginazione tutto diventa perfetto. Anche se alla fine i disegni non sono perfetti, volevo che l’immaginazione nel mio film venisse usata dal mio piccolo protagonista per completare il suo disegno, e dire quello che lui vuole vedere, trovare il coraggio di diventare quello che si vuole essere. Lo considero un momento molto bello nel film, totalmente dominato dalla fanciullezza.


Come è entrata nel progetto Nadine Lebaki?
“Siamo amici da molto tempo, le avevo parlato del mio film alla fine del 2013. Dopo aver letto la sceneggiatura mi ha detto subito che avrebbe voluto farlo. Abbiamo avuto difficoltà a trovare fonti finanziarie per il film. Nadine stava lavorando a Capharnaum. Improvvisamente avevamo i soldi per 1982, e Nadine, nonostante fosse distrutta, ha preso una pausa dal suo film, ed è venuta a fare il mio. È un’attrice incredibile, molto generosa. Era anche da poco diventa mamma.”.

Cosa sta accadendo al cinema arabo, ci sono cosi tanti nuovi film, che vengono realizzati, nonostante le grandi difficolta produttive, ma c’è anche una profonda solidarietà tra di voi, cosa può dirmi di questa primavera del cinema arabo, di questa nuova generazione di autori, la vostra?

Il nostro cinema sta vivendo un momento particolare, un risveglio del cinema arabo, soprattutto per i temi che tratta.”.

Qualid s’interrompe, non riesce più a parlare, i suoi occhi diventano lucidi. Si scusa. Mi dice di non riuscire a trattenere le lacrime, beve un sorso d’acqua, facciamo una breve pausa e poi continua : “Per me vedere i miei amici trionfare nei festival è un’emozione indescrivibile. Vedere il mio amico Amjad vincere a Venezia (Amjad Abu AlalaYou Will Die At Twenty, Giornate degli Autori). Haifa entrare in competizione a Venezia ( Haifa Al_Mansour The Perfect Candidate), Nadine a Cannes (Nadine Labaki ). Stiamo riuscendo finalmente a portare la nostra voce nel mondo, e mi sento che siamo ascoltati. C’è gente che vuole conoscere le nostre storie, le nostre tribolazioni e lotte.”. Dalle lacrime ad un sorriso: “E’ importante per noi e per il mondo. È essenziale iniziare una conversazione, riflettere su temi cosi scottanti come la guerra del 1982. I film arabi stanno portando allo scoperto soggetti che per anni abbiamo evitato di affrontare. Abbiamo avviato un nuovo dialogo, un tessuto di discussione salutare, urgente, a volte affrontando problemi politici, sociali, economici. Credo nel potere del cinema e nella responsabilità di noi film-makers dobbiamo assumerci la responsabilità dei temi che affrontiamo. La guerra del 1982 ha colpito affetti, famiglie, e via dicendo. Il luogo della mia storia poteva essere il Giappone, o l’Iraq. Sono nato in Liberia, Africa Ovest, e cresciuto tra la Liberia e il Libano. Entrambi questi paesi hanno avuto momenti di violenza, questo è quello che mi ha consentito di alzarmi e avere uno sguardo generale sul mondo. La mia famiglia mi ha aiutato a non avere pregiudizi, religiosi, o politici. Questo è stata la forza motrice nel lavoro che mi ha consentito di comunicare con tutti. Avevo quattro anni quando mio padre, si è fatto spedire un videoregistratore per cassette VHS dagli Stati Uniti. Mi ricordo che avevo pochi film in Liberia, li vedevo in continuazione fino a rovinare il nastro. Credo nel potere del cinema, ha una forza comunicativa che supera i confini etnici, religioni, sociali.

Cosa è accaduto alla scuola che si vede nel film?

L’edificio esiste ancora, ma non ci sono più bambini. Noi siamo stati gli ultimi bambini, e quel giorno abbiamo fatto gli esami, e siamo stati tutti promossi, questo è il modo in cui abbiamo lasciato la scuola.