Due ore di incontro «tecnico» al ministero dei Trasporti nel pomeriggio per comunicare ad Autostrade per l’Italia l’ultimatum: «Entro il fine settimana dovete presentarci una proposta di rinegoziazione della concessione completamente diversa». Il governo cerca di ricompattarsi e alza la posta ad Atlantia. Con la famiglia Benetton – questa la vera svolta di giornata – pronta a farsi da parte o quanto meno a diluire la propria presenza nella società che detiene l’88 per cento di Autostrade per l’Italia.

Ma andiamo con ordine. Alle 16 il governo in versione tecnocratica – i capi di gabinetto dei ministeri Alberto Stancanelli (Trasporti) e Luigi Carbone (Economia) supportati però dal segretario generale di palazzo Chigi Roberto Chieppa, braccio destro di Giuseppe Conte – chiedono al presidente Roberto Tomasi e all’amministratore delegato della capogruppo Atlantia Carlo Bertazzo – il nuovo management nominato da Benetton e soci per cercare di far dimenticare il ruolo nel crollo del ponte Morandi di Giovanni Castellucci – «risposte esaustive sul piano delle risorse compensative, su quello delle sanzioni in caso di inadempimento, sulle manutenzioni e controlli e che contempli un nuovo piano tariffario». Dopo mesi di melina, le polemiche sul «ritorno» del ponte di Genova alla gestione di Autostrade ha fatto accelerare i tempi.

«IL GOVERNO HA RIBADITO AD ASPI che le precedenti proposte erano insufficienti dal punto di vista dell’interesse pubblico», spiegano fonti del ministero dei Trasporti.

A sera arriva la «grossa novità». Sotto il peso della sentenza della Corte costituzionale di mercoledì che ha considerato legittima l’esclusione dalla procedura di ricostruzione del ponte decisa dal governo e del tonfo in Borsa di ieri di Atlantia – meno 8,2%, i Benetton sarebbero pronti a cedere il controllo di Autostrade per l’Italia. Ma pongono condizioni stringenti: tutto dovrebbe avvenire attraverso un aumento di capitale con l’ingresso di uno o più soci forti – da mesi si fa il nome del fondo – F2i a maggioranza pubblica assieme al fondo australiano Macquarie – in una posizione rilevante in termini di governance a patto che ricapitalizzino Atlantia in modo cospicuo. Insomma, una disponibilità generica – i Benetton rimarrebbero nella proprietà solo diluendo l’attuale 30 per cento che fa di loro di gran lunga i soci di maggioranza col fondo governativo di Singapore secondo socio con l’8 per cento – che lascia ancora tutta la partita aperta.

SE LA CONTROPROPOSTA di Autostrade arriverà entro domenica, i tempi della decisione finale sulla revoca non sono certi. La «chiusura del dossier ad horas» promessa mercoledì da Conte è lontana dall’essere mantenuta, a meno di non dilatare l’espressione in senso biblico. La nuova proposta andrà valutata e poi discussa in un apposito consiglio dei ministri dove – è palese a tutti – le posizioni sono tutt’altro che univoche. Se il M5s continua a chiedere la revoca – la stessa che non è riuscito a far approvare a due governi in cui era ed è maggioranza relativa – spalleggiati da Leu, una parte del Pd e Italia Viva sono ancora favorevoli ad un accordo – seppur «con condizioni draconiane» – con Autostrade. Ragion per cui non è assolutamente detto che il consiglio dei ministri sia convocato nei primi giorni della prossima settimane e che ne basti uno solo per decidere sulla revoca. Dal ministero dei Trasporti la dead line, la data oltre cui non andare, è molto chiara: l’inaugurazione del ponte prevista per il primo agosto, ma che potrebbe slittare perfino al 14 agosto, secondo anniversario del crollo.

AL MOMENTO È COMUNQUE difficile immaginare che, seppur Autostrade migliori sensibilmente la proposta di nuova concessione, vi sia reale spazio per un accordo.
Per tutta la giornata di ieri infatti sono continuate le dichiarazioni degli esponenti del M5s contro Atlantia e la famiglia Benetton in particolare. In prima fila Alessandro Di Battista: «Sono favorevolissimo alla revoca delle concessioni ai Benetton. Mi auguro che ci sia il prima possibile: sono due anni che lo dicono anche il presidente del Consiglio e il M5S. Io sono favorevole alla nazionalizzazione: per me le autostrade devono tornare a essere controllate dallo Stato», conclude lapidario.

PROPRIO SOTTO QUESTO ASPETTO le cose sono ancora più complicate. Al momento il ministero dei Trasporti – che ha la responsabilità in materia – non ha alcun piano B. Il passaggio ad Anas – la soluzione più logica – è comunque complessa perché l’azienda pubblica si è sempre occupata di costruzioni e non di gestione delle autostrade.

Nel frattempo la procura di Genova ha aperto un fascicolo dopo una serie di esposti, in primis quello del presidente della Regione Giovanni Toti, per i disagi sulle autostrade liguri dovuti alle ispezioni nei tunnel e i cantieri con gli scambi di carreggiata. I magistrati hanno chiesto chiarimenti al ministero dei Trasporti e ad Aspi sulle tempistiche e modalità degli interventi.