«Non sono andato a votare alle primarie. Non ho ritenuto di impegnarmi direttamente, ho lasciato il popolo libero di orientarsi secondo i propri istinti» ha spiegato ieri il governatore campano Vincenzo De Luca. Ma è una versione che non convince. L’impegno del cerchio magico che fa capo alla regione c’è stato e lo dimostra la vittoria senza storia del candidato deluchiano alla segreteria regionale dem, il sindaco di Poggiomarino Leo Annunziata, che serve a blindare il partito in vista delle regionali 2020. Sul fronte segreteria nazionale, il governatore aveva scelto Martina per dare una prova di forza e, probabilmente, dall’entourage renziano si sperava anche attraverso la Campania di azzoppare la vittoria ai gazebo di Zingaretti.

La prova di forza è fallita così De Luca ha dato l’avvio all’operazione «nuovo corso». Ieri mattina da Palazzo Santa Lucia hanno fatto sapere che lunedì sera c’è stata una telefonata con Zingaretti per il «rilancio dell’iniziativa politica nel Sud». Ci sarebbe già un programma comune con al centro il piano per il Lavoro e una manifestazione dei presidenti di regione del centrosinistra sull’autonomia differenziata.

Tutto bene? Non proprio. Continuano infatti a ballare i voti raccolti in Campania da Zingaretti e Martina, segno di una battaglia in corso tra i sostenitori di De Luca e quanti vorrebbero mettere in discussione la sua ricandidatura. Lunedì mattina il governatore del Lazio era accreditato di un 51% ma in serata il conteggio, ancora non ufficiale, lo dava al 55%. Ieri pomeriggio sono cominciati a circolare numeri differenti e in serata è arrivata la conferma dal partito: 48,59% per Zingaretti, 44,05% per Martina. Una rimonta frutto dei risultati di Avellino e Benevento, rimasti lunedì in ombra. Ma dalla mozione Zingaretti è arrivato l’alt: «Sono cifre non ancora certificate. Oggi si riunisce la commissione e da lì dovranno arrivare i numeri definitivi».

La situazione resta tesa mentre Fanpage annuncia nuovi video: «Truppe cammellate, quaderni con annotato chi è venuto a votare e chi no, monetine ai seggi, indicazioni di voto, schede strappate perché non tornavano i conti. I soliti capibastone» ha scritto sui social il direttore, Francesco Piccinini.