La reintroduzione dei voucher in settori come l’agricoltura o il turismo, tramite emendamenti al «decreto dignità sul quale sono in corso le audizioni alla Camera, dovrebbe essere esente da «abusi» ha detto il ministro del lavoro e vicepremier Luigi Di Maio. In mancanza di un orientamento chiaro da parte del governo, sono diverse le ipotesi su un provvedimento che vede i sindacati già sul piede di guerra. Flai Cgil, Fai Cisl e Uila-Uil hanno convocato un presidio di protesta a Montecitorio da martedì 24 a giovedì 26 luglio. Ieri, dopo le pressioni delle opposizioni sul presidente Fico contro la corsa a tappe forzate imposta dalla maggioranza per approvare il testo in prima lettura, l’arrivo in aula del provvedimento è slittato dal 24 al 26. Le commissioni Finanze e Lavoro della Camera riprenderanno l’esame del decreto da lunedì prossimo 23 luglio con il vaglio delle ammissibilità. Sono circa un migliaio gli emendamenti presentati.

Cesare Damiano, ex ministro del lavoro e ex deputato Pd, fa notare che i voucher sono sopravvisuti alla soppressione voluta dal governo Gentiloni per evitare il referendum della Cgil: nelle aziende agricole fino a 5 dipendenti per un massimo di 5 mila euro all’anno e con un tetto di 2.500 euro. I buoni lavoro possono essere usati per studenti, pensionati e disoccupati. Potrebbero alzare o eliminare i tetti dimensionali e retributivi previsti e mantenerli solo per studenti, pensionati e disoccupati. Per Damiano questa sarebbe la soluzione migliore che innova la normativa senza ricadere nei rischi di abuso. Si potrebbe dare il caso contrario: l’estensione dei buoni-lavoro al lavoro dipendente dimenticando che i contratti di lavoro del settore agricolo prevedono ampia flessibilità per le aziende. E qui tornerebbero gli abusi.

La Uil ha riassunto in un rapporto: dal 2012, anno dell’estensione normativa con la riforma Fornero, al 2016 si è registrato un balzo dei voucher venduti del 482,3%: oltre 134 milioni. Tra 1,4 e 1,7 milioni le persone coinvolte solo nel 2015. L’uso indiscriminato è stato dovuto al costo del lavoro quasi nullo per il committente che ha generato una sostituzione dei lavoratori potenzialmente subordinati – più o meno tutelati – con voucheristi senza tutele e un’irrisoria contribuzione previdenziale ed assicurativa. La cancellazione dei voucher ha provocato un contraccolpo nel mondo fluido del lavoro occasionale: tra il 2016 e il 2017 il lavoro a chiamata è cresciuto del 115%, insieme ai lavori stagionali e a termine. I sindacati chiedono di ricondurre il lavoro stagionale nella contrattazione collettiva di settore, tenendo conto che il contratto di «prestazione di lavoro occasionale» che ha sostituito i voucher (il «libretto famiglia» è valido per il lavoro di cura) non è un contratto di lavoro».

La Uil, che non voleva abolire del tutto i voucher, è «profondamente contraria al loro nuovo ingresso soprattutto in agricoltura e nel turismo, dove la stagionalità è disciplinata dalla contrattazione collettiva di settore». Una richiesta in controtendenza con quanto ha affermato ieri il vicepremier Salvini (Lega) che intende reintrodurre «il voucher, nei lavori stagionali, in agricoltura, nel commercio, nei servizi – ha detto – Cercheremo di ridurre le possibilità di litigare fra imprenditori e dipendenti». Come se con i voucher questo fosse possibile. In serata è stata raggiunta l’intesa tra M5S e Lega sulle principali modifiche al decreto dignità. Via libera all’ampliamento dell’utilizzo dei voucher in agricoltura e per i settori del turismo e, probabilmente, anche degli enti locali.

Circolano alcune ipotesi che cercano di mantenere il difficile equilibrio tra uso e abuso. Il contratto di prestazione occasionale potrebbe essere esteso da 3 a 7 giorni nel periodo in cui è usato. Anche a questo accorgimento potrebbe essere affidato il ruolo di «anti-abuso», si ignora però quanto efficace possa essere. Per l’Osservatorio sul precariato dell’Inps nei primi 5 mesi del 2018 i lavoratori impiegati con contratti di prestazione occasionale sono stati tra i 15 e i 20 mila, con guadagno mensile lordo medio di circa 250 euro. I lavoratori pagati con i titoli del «libretto famiglia» sono stati 7 mila e hanno guadagnato, al lordo e in media, 350 euro.