Anche sui palcoscenici vanno in scena purtroppo mancanze e ricordi strazianti. Se ne è andato nei giorni scorsi Carrière, che oltre alle sceneggiature cinematografiche è stato capace di scrivere importanti spettacoli di assoluta originalità (fu irresistibile ad Anghiari qualche anno fa, sentirlo parlare da una prospettiva scenica dei lottatori di sumo), è stato anche autore e inventore di quasi tutti gli spettacoli di Peter Brook alle Bouffes du Nord. Ma una mancanza altrettanto dolorosa ha colpito in questi giorni la scena e la cultura italiana. È deceduto per Covid, a 82 anni, Ugo Tessitore. Regista (di teatro e d’opera), traduttore insieme fine e corposo di testi complessi, intellettuale di assoluto coraggio e spregiudicatezza (per qualche tempo aveva scritto anche per le pagine culturali del manifesto).

TESSITORE HA CONDIVISO molti spettacoli divenuti storici con Luca Ronconi, di cui era stato regista assistente per tutti gli innovativi, e ormai divenuti storici, progetti intrapresi negli anni 60 e 70. Avevano lavorato ancora in collaborazione al Laboratorio di Prato, ma poi, pur marciando ognuno per la sua strada (e Tessitore si fece apprezzare per le opere liriche che mise in scena in Italia come all’estero), si ritrovarono poi a lavorare strettamente insieme ai primi spettacoli al Piccolo: fu Tessitore a suggerire e tradurre per la messa in scena non il romanzo di Lolita ma la sceneggiatura cinematografica (edita da Bompiani) scritta dallo stesso Nabokov per Kubrick, che per altro l’aveva rimaneggiata ampiamente. Una operazione complessa e inquietante, così come la Maisie di Henry James con Melato bambina, tutti trionfi al Piccolo. Ma Tessitore, per fare un altro esempio, aveva appositamente ritradotto per l’amico Ronconi nei primi anni 80 il testo della Santa Giovanna di George Bernard Shaw (messinscena molto discussa, ma con un cast di giovanissimi tutti destinati al «saranno famosi», attorno a Adriana Asti).

CONOSCEVA BENE LINGUA e cultura americana Tessitore, perché andato a studiare nella californiana e molto ruggente Berkeley, tornando poi a Roma dove era nato. E ancora, negli ultimi anni, era tornato a fianco, fraternamente, a lavorare con Ronconi, fino all’ultima opera andata in scena al pesarese Rossini Opera Festival (una memorabile Armida dallo sgargiante immaginario esotico). E lavorarono ancora assieme, ad una particolare Lucia di Lammermoor, tanto che è toccato a Tessitore battezzarla portandola in scena all’Opera di Roma nella primavera del 2015, pochi mesi dopo la morte dell’amico. E ora avrebbe dovuto curare una ripresa alla Scala del mitico Viaggio a Reims che aveva contribuito a far nascere a Pesaro. Resta molto rimpianto per la scomparsa di Tessitore, per la sua cultura sconfinata, le sue frequentazioni internazionali, le sue battute lapidarie e fulminanti con cui rendeva grandezza e insieme debolezze a qualsiasi personaggio del mondo della cultura gli fosse capitato di incontrare, leggere, o avventurarsi ad approfondire. Gli amici avranno modo di salutarlo più avanti, in primavera, con una iniziativa all’aperto, come a lui sarebbe piaciuto.