Se non avessimo Renzi come presidente del consiglio la discussione in Europa sarebbe più profonda e adeguata rispetto alla sfida che, in un modo o nell’altro, la stessa deve affrontare.

Sebbene quasi tutti i giornali discutono di immigrati e risorse finanziarie per il terremoto, la partita europea rappresenta uno spartiacque importante. I chiarimenti chiesti dall’Europa sono, in fondo, le domande che continuiamo a fare a Renzi relativamente alle coperture finanziarie una-tantum fatte di condoni più o meno mascherati (V. Visco).

Il punto in discussione, in realtà, è quello delineato da Piga e De Ioanna (il Sole 24 ore del 25 ottobre). «La flessibilità fiscale che c’è, per come è congegnata, è un velo che nasconde in realtà intatti i rapporti di forza politici ed economici: gli effetti pratici della applicazione del Patto di stabilità e crescita e poi del Six e del Two pact (regolamenti comunitari) e infine del Fiscal Compact (trattato internazionale agganciato al diritto comunitario) sono stati devastanti sul piano economico soprattutto per i paesi euromediterranei e l’Europa ha un senso solo se unisce tutti i paesi, le economie e le culture che essi esprimono».

Andando oltre le nefaste battute del presidente del Consiglio, il Ministro Padoan, quello vero e non quello delle interviste, mette sotto analisi il modello europeo di valutazione del così detto deficit strutturale e, sotto sotto, il fiscal compact.

La discussione, quindi, non è sul deficit in senso stretto, piuttosto sul deficit strutturale figlio degli accordi ricordati da Piga e De Ioanna.

Padoan sottolinea con insistenza un aspetto che, volutamente, quasi tutti i giornali tacciono (al netto del manifesto, sono tutti più o meno liberisti): «Il prodotto reale di un’economia e il suo potenziale, costituisce l’elemento essenziale per valutare le politiche fiscali di un Paese sia nell’ambito del Patto di Stabilità e Sviluppo, sia nella legislazione italiana», ma i modelli utilizzati dalla Commissione Europea sono devastanti e restrittivi persino rispetto ai modelli Ocse. La Commissione Europea utilizza il Nawru (Non-Accelering Wage Rate of Unemployment); l’Ocse utilizza il Nairu (Non-Accelering Inflation Rate of Unemployment).

Sono entrambi liberisti, ma quello europeo è peggio di una camicia di forza, ed è capace di immaginare il Pil potenziale di equilibrio negativo. Magia della burocrazia comunitaria.

In altri termini, il Pil potenziale dell’Italia usando il metodo Ocse (Padoan) è più alto, facendo diminuire in questo modo il deficit strutturale.

C’è poi un’altra questione che Renzi proprio non comprende: sarebbe possibile aprire un confronto europeo sulle linee guida di riforma del Fiscal Compact che devono essere ri-pensate proprio nel 2017 (Piga, De Ioanna). Infatti, queste norme devono essere inserite nell’ordinamento comunitario. Se l’Europa riconosce il difetto delle norme post Maastricht, sarebbe possibile declinare una politica economica europea di ben altro spessore.

Piga e De Ioanna suggeriscono: «L’eliminazione dai vincoli di bilancio di tutte le spese pubbliche definite, con cura e precisione, di investimento, secondo regole e monitoraggi costruiti in modo rigoroso a livello comunitario e applicati da organismi comunitari del tutto indipendenti dai governi e dagli apparati nazionali. Per questa quota di investimenti nazionali riconosciuti come spese di investimento dovrebbe inoltre risultare agevole costruire forme di copertura comunitaria a debito e/o forme di garanzia diretta e indiretta del bilancio comunitario, a cui occorrerebbe garantire uno zoccolo fiscale europeo più significativo».

Altri hanno fatto altre e non meno importanti proposte del tipo la costituzione di un bilancio europeo pari al 5% del Pil finanziato da risorse autonome, con la possibilità di emettere bond per sostenere gli investimenti comunitari tesi a ridurre le distanze tra i paesi.

Se Renzi aprisse questa discussione sarebbe costretto a cambiare politica economica, ma lui è intrinsecamente liberista e, quindi, preferisce contrattare una-tantum.