A un mese di distanza dagli attentati di Parigi l’Europa si prepara a varare in nome della sicurezza un nuovo giro di vite schedando i passeggeri in arrivo e in partenza dai suoi confini.

La commissione Affari interni ha approvato ieri l’istituzione del Pnr, il registro dei passeggeri aerei. In teoria a partire dai primi mesi del prossimo anno, dopo che il provvedimento sarà stato votato in via definitiva dalla Plenaria all’inizio di gennaio e poi dal consiglio dei ministri dell’Ue, i dati relativi a nomi, tratte percorse, agenzie di viaggio e carte di credito utilizzate, saranno conservati in un database europeo per cinque anni (i primi sei mesi in chiaro) e consultabili da speciali Unità di informazioni passeggeri.

È da dopo gli attentati alle torri gemelle di New York che in Europa si discute sulla possibilità di creare un registro con i dati dei passeggeri, ipotesi sempre respinta per motivi legati alla privacy. Il Pnr (Passenger name record) prevede che per ogni viaggio proveniente dai paesi terzi o in partenza dall’Ue verso paesi terzi, si proceda a un immagazzinamento dei dati del passeggero. Allo stesso tempo il sistema procederà automaticamente a verificare che non esitano segnalazioni relative a reati gravi (dal sequestro al riciclaggio al traffico di organi e di armi, riciclaggio, contraffazione di documenti e corruzione tra gli altri) o terrorismo legate al nome del passeggero in esame. In caso di esito positivo del riscontro si procede con un controllo manuale da parte di un operatore che avverte le autorità di polizia. «Il Pnr da solo non risolverà tutti i nostri problemi di sicurezza, ma rappresenta un primo passo positivo verso la creazione di un’azione investigativa e di intelligence comune europea», ha spiegato il presidente del gruppo S&D Gianni Pittella.

In realtà, per quanto atteso e sostenuto dall’Unione europea, il Pnr rischia di essere utile solo a metà. Il sistema infatti prevede il controllo sui nomi di quanti arrivano o partono dall’Ue, e per quanto utile per individuare e segnalare la presenza di eventuali foreign fighters , potrebbe non risultare efficace nel contrasto al terrorismo interno. Proprio gli attentati di Parigi del 13 novembre scorso, infatti, dimostrano come eventuali pericoli arrivino soprattutto dall’interno della stessa Ue, e come a un terrorista sia sufficiente prendere un treno o noleggiare una macchina per spostarsi in Europa senza correre il rischio di essere identificato. Una possibilità che lascia perplesse molte fonti europee sulla reale efficacia del provvedimento adottato ieri. «Anche i terroristi sanno come funzionerà il Pnr e si comporteranno di conseguenza», spiega un funzionario del parlamento di Strasburgo. A rendere infine più incerto il tutto c’è poi il fatto, non secondario, che perché il sistema diventi definitivamente operativo occorre prima che i parlamenti nazionali recepiscano le nuove direttive, cosa per la quale hanno due anni di tempo.

È di ieri, poi, un documento di raccomandazioni inviato alla Commissione dall’Authority europea a protezione della privacy e della sicurezza dei dati, (European Data Protection Supervisor), proprio a proposito dell’implementazione della Pnr. Il Garante europeo invita alla «prudenza» prima di dare il via alla prima schedatura indiscriminata di massa dei cittadini europei con il sistema Pnr, ricordando che la Corte di giustizia dell’Ue è già intervenuta di recente in Irlanda, dove ha invalidato una legge sulla conservazione dei dati in modo non mirato, non limitato cioè a categorie sospette per qualche motivo specifico. Scrive l’Authority: «La lotta contro il crimine e il terrorismo sono chiaramente obiettivi legittimi, ma tutte le misure devono rispettare lo stato di diritto», e insiste che le misure di legge devono sottostare in ogni caso al principio di proporzionalità: come dire che non possiamo essere tutti quanti ugualmente perseguibili a prescindere dai comportamenti individuali.