Non è che sono tornati – come nei film dell’orrore – è che gli Organismi geneticamente modificati (Ogm) non se ne sono mai andati, almeno nei desiderata della democraticissima Unione Europa, che sempre ci prova. Questa volta con una sentenza che comunque non cambia le carte in tavola, perché si riferisce ad una norma già superata da una direttiva della stessa Ue del 2015. Ma è vero che potrebbe riaprire una discussione che non è mai terminata per la pressione delle multinazionali del biotech.

“Gli stati membri – afferma la Corte di Giustizia dell’Ue – non possono adottare misure di emergenza concernenti alimenti e mangimi geneticamente modificati, senza che sia evidente l’esistenza di un grave rischio per la salute o per l’ambiente”. Il pronunciamento mette in discussione i presupposti del decreto con cui l’Italia nel 2013 ha vietato la coltivazione del mais Mon 810 di Monsanto (autorizzato dalla Commissione europea nel 1998).

Quel divieto era stato violato nel 2014 con una semina provocatoria dall’agricoltore friulano Giorgio Fidenato (adesso vuole ritornare alla carica) che in seguito si rivolse alla Corte di Giustizia Ue. Oggi, dice, ha ottenuto ragione e dunque ha intenzione di organizzare un’altra semina per la gioia della lobby pro Ogm. “Se non è stabilito che un prodotto geneticamente modificato è suscettibile di presentare un rischio grave – argomenta la corte – né la Commissione né gli Stati membri hanno la facoltà di adottare misure urgenti come il divieto di coltura”. Per la corte, il principio di precauzione, invocato da quasi tutti i paesi europei, non conta nulla (23 su 28 non coltivano Ogm).

Il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, anche per disinnescare la polemica green e antieuropeista del governatore del Veneto Luca Zaia, secondo cui “a questo punto i consumatori saranno ridotti a vere e proprie cavie”, ha risposto dicendo che in Italia non potranno essere coltivati Ogm. “Grazie al lavoro fatto nel 2014 – ha ricordato – siamo riusciti ad ottenere nuove norme europee che consentono legittimamente agli Stati di vietare la coltivazioni di organismi geneticamente modificati. E’ un risultato importante a tutela del nostro patrimonio unico di biodiversità”.

Greenpeace conferma e contesta l’assunto della sentenza. “Il principio di precauzione – spiega Federica Ferrario, responsabile agricoltura sostenibile – è uno dei cardini dell’Unione europea. Ha come scopo quello di garantire un alto livello di protezione dell’ambiente grazie a delle prese di posizione preventive in caso di rischio. Non di danno conclamato, ma appunto di rischio. Per questo ci viene invidiato in tutto il mondo”. Anche per Ermete Realacci, presidente della Commissione ambiente della Camera, la sentenza non cambierà nulla perché la posizione dell’Italia sugli Ogm è chiara, inoltre “non è solo un problema di ambiente e salute ma di modello agricolo e anche in questo settore l’Italia è forte quando fa l’Italia”.

Coldiretti, che davanti ai soliti tentativi di forzatura ricorda quegli 8 cittadini su 10 che si oppongono agli Ogm, traccia un quadro del sistema agricolo italiano che non ammette ingerenze biotech – nonostante le performance dell’agricoltore friulano supportato dall’associazione Luca Coscioni. “Per l’Italia – ha spiegato il presidente Roberto Moncalvo – gli Ogm non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell’omologazione e il grande nemico del made in Italy. L’agricoltura italiana è diventata la più green d’Europa con il maggior numero di certificazioni alimentari per prodotti a denominazione di origine Dop/Ipg che salvaguardano tradizione e biodiversità, la leadership nel biologico, la più vasta rete di aziende agricole e mercati di vendita a chilometri zero, ma anche con la minor incidenza di prodotti alimentari con residui chimici”.

C’è anche un messaggio per l’agricoltore friulano “ribelle” e per chi ne strumentalizza le boutade in campo aperto. “Le battaglie individuali e attualmente anacronistiche sono argomenti che non possono riguardare gli interessi generali di una regione” – così la pensa anche l’assessore alle risorse agricole del Friuli Venezia Giulia Cristiano Shaurli.