Una tattica dilatoria, un’operazione di greenwashing, in netto contrasto con gli accordi di Parigi. Così Andrew Murphy, esperto di aviazione di Transport & Environment, la maggiore federazione europea di associazioni che si occupano di sostenibilità dei trasporti, giudica il meccanismo che il sistema mondiale dell’aviazione si è dato per ridurre le emissioni e che entra in vigore dal prossimo anno. Il meccanismo si chiama Corsia, che sta per Carbon Offsetting and Reduction Scheme for International Aviation, cioè piano per la riduzione e la compensazione delle emissioni di anidride carbonica, concepito in sede Icao, l’organizzazione internazionale per l’aviazione civile, un’agenzia dell’Onu.

Corsia si pone l’obiettivo di stabilizzare le emissioni nette di CO2 dell’aviazione internazionale ai livelli registrati nel 2019-2020 (poiché il 2020 avrà livelli eccezionalmente bassi a causa della crisi Covid, è già stato chiesto che l’anno base sia solo il 2019). Per raggiungere l’obiettivo le compagnie aeree possono acquistare crediti compensativi, cioè possono pagare altri settori affinché mettano in campo azioni per ridurre le emissioni. Crediti compensativi possono essere acquistati, per esempio, da aziende che costruiscono impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili o per la piantumazione di nuove foreste (programmi REDD+). Ciascun credito compensativo certifica che una tonnellata di CO2 è stata ridotta o evitata proprio grazie a quell’impianto e a quella porzione di foresta e che i progetti sono stati realizzati proprio in virtù della possibilità di acquisirne i crediti. Solo i progetti certificati da Icao possono entrare nel mercato di compravendita dei crediti compensativi, anche per evitare doppi conteggi (un progetto di ri-forestazione in Amazzonia acquistato da una compagnia aerea italiana dovrà essere contabilizzato solo nella riduzione della CO2 in Italia e non in Brasile).

La riduzione delle emissioni può essere ottenuta anche attraverso altre misure fra cui lo sviluppo tecnologico e l’efficienza energetica, l’uso di carburanti alternativi e l’ottimizzazione delle rotte.

Poiché in Europa è già in vigore un sistema per la riduzione delle emissioni, l’Emission Trading System (ETS, sistema di scambio delle emissioni) disciplinato dalla Direttiva CE 2003/87, nell’Unione Europea il CORSIA verrà attuato per mezzo dell’ETS, anche se rispetto a quest’ultimo è un programma meno ambizioso e più debole.

Corsia è articolato in tre fasi: una fase pilota (2021-2023) ed una prima fase (2024‑2026) a partecipazione volontaria e una seconda fase (2027-2035), finalmente obbligatoria.

«Questo meccanismo è stato preferito a una carbon tax e anche all’Ets, che garantisce che le emissioni totali diminuiscano nel tempo, semplicemente perché il sistema delle compensazioni offre la possibilità di rimandare il problema nel tempo, in modo indefinito – spiega Murphy – Inoltre, ritengo che sia in contrasto con gli obiettivi dell’accordo di Parigi sul clima che coinvolge tutti i settori economici indifferentemente nella riduzione delle emissioni, mentre con Corsia all’aviazione è permesso di non farlo, semplicemente pagando qualcun altro».

Inoltre, Corsia fa affidamento sull’innovazione tecnologica, che potrà senz’altro dare un contributo all’efficienza del settore (migliorando l’aerodinamica si possono ottenere apprezzabili risparmi, ma sempre inferiori al tasso di crescita del traffico aereo), come sui carburanti alternativi, che comprendono secondo Icao anche i biocarburanti, che sono invece «assolutamente da abbandonare, perché sottraggono terreno alla coltivazione di cibo e comportano il cambio di destinazione di uso di terreni che sotto il profilo climatico può essere anche più dannoso – osserva Murphy – inoltre Icao ammette tra i carburanti alternativi anche una tipologia di kerosene a basso contenuto di carbonio, voluto dall’Arabia Saudita con il sostegno degli Usa, che è pur sempre un carburante fossile».

Oltre ad essere discutibile negli obiettivi, il sistema su cui si regge Corsia è anche considerato poco trasparente. «A noi di Transport &Environment, che siamo osservatori di Icao come altre Ong, non è permesso condividere le informazioni senza l’approvazione di Icao, pena l’espulsione, ma queste atteggiamento di segretezza è incompatibile con la trasparenza che dovrebbe caratterizzare un’agenzia delle Nazioni Unite», conclude Murphy.