«Accogliamo milioni di profughi, ci rattrista dover discutere del fatto che la Turchia sia un paese sicuro o no». Per Recep Tayyip Erdogan la crisi dei profughi siriani diventa l’occasione per tornare a spingere sul processo di integrazione in Europa. «Resta la nostra scelta strategica» conferma il presidente turco da Bruxelles dove ieri ha incontrato il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker, quello della consiglio europeo Donald Tusk e il presidente dell’europarlamento Martin Schulz ai quali ha illustrato le sue soluzioni alla crisi dei migranti e con i quali è tornato ad attaccare i curdi, che lui considera «terroristi come Daesh».
L’arrivo di Erdogan era atteso con ansia a Bruxelles. La Turchia è considerata infatti come un Paese decisivo nella ricerca di una soluzione che metta un argine alle decine di migliaia di profughi diretti in Europa. Decisivo perché confinante anche con Siria e Iraq e perché già ospita da anni quasi due milioni e mezzo di profughi siriani, ma soprattutto perché – come chiede l’Ue – potrebbe chiudere le sue frontiere a nuove e massicce partenze. Naturalmente di rendere più veloce l’accesso del paese nell’Unione europea non se ne parla, ma Bruxelles è pronta a cedere su alcune richieste finora negate ad Ankara come la liberalizzazione dei visti, chiesta inutilmente da anni e che ora Erdogan potrebbe spendere come un successo in vista delle prossime elezioni di novembre. Oppure come l’inserimento della Turchia nella lista dei paesi sicuri, ipotesi ancora scartata in uno degli ultimi consigli degli Affari interni su pressione soprattutto di Francia e Germania.
La soluzione che Erdogan offre in cambio all’Europa per fermare i profughi è basata invece su tre punti: la creazione in territorio siriano di zone cuscinetto nella quali trattenere i profughi, la realizzazione di una no fly zone e la possibilità di armare insieme all’Europa l’opposizione siriana. «La Turchia è direttamente coinvolta nella questione migranti, con 911 chilometri di confine condivisi con la Siria e 315 con l’Iraq», ha ricordato Erdogan ricevendo però un’accoglienza a dir poco fredda. Nei giorni scorsi Gran Bretagna, Francia e Germania si erano infatti già dette contrarie all’ipotesi «safe zone». Ieri anche Schulz si è mostrato scettico e ha preferito prendere tempo ricordando che per realizzare le zone cuscinetto «è necessaria una decisione del consiglio di sicurezza dell’Onu».
I toni cambiano se si ragione invece su quanto l’Ue è disposta a dare alla Turchia in cambio di un suo maggiore impegno nel fermare i profughi. Dal dicembre del 2013 con Ankara esiste già un accordo che consente all’Europa di rispedire in Turchia i migranti entrati illegalmente nel suo territorio. Quello che si chiede adesso è di fermarli prima che partano: «E’ indubbio che l’Europa debba gestire meglio i suoi confini. Ci aspettiamo che la Turchia faccia lo stesso», ha detto chiaro e tondo Tusk aggiungendo che solo dopo si potrà parlare di «safe zone». Naturalmente nessuno si aspetta che la Turchia si muova senza ricevere niente in cambio. L’Ue ha già decisione di stanziare un miliardo di euro ad Ankara per le gestione dei campi profughi, ma sono stati promessi nuovi fondi nel caso Ankara aprisse altri campi profughi. Ma sul tavolo ci sono anche delle concessioni politiche, come appunto la liberalizzazione dei visti che consentirebbe ai cittadini turchi di muoversi liberamente in Europa. Finora gli accordi prevedevano che di questa possibilità non si sarebbe discusso prima del 2017 soprattutto per l’opposizione delle solite Francia e Germania. Ma l’emergenza migranti cominciata questa estate ha avuto l’effetto di modificare molte posizioni. Juncker oggi sa quindi di poter contare anche sull’appoggio di Francia, Austria e Germania con i cui leader ha parlato nei giorni scorsi ricevendo un sostegno pieno alla sua iniziativa: «Intendiamo lavorare a un contratto di fiducia reciproca tra Ue e Turchia», ha detto il portavoce della commissione Ue, mentre lo stesso Juncker ha parlato di «un’agenda comune Ue-Turchia sui migranti». Finanziamenti, liberalizzazione dei visti e inserimento nella lista dei paesi sicuri sono tutti punti dell’accordo, mentre una missione europea della quale farà parte anche il commissario all’Immigrazione Dimitri Avramopoulos è in partenza per la Turchia. Ma bisogna fare in fretta. Juncker infatti vorrebbe chiudere prima del vertice dei capi di Stato e di governo fissato per il 15.