Domani Alexis Tsipras rivedrà i partner europei al vertice straordinario sui rifugiati a Bruxelles, per la prima volta dopo l’ultimo incontro umiliante del 12-13 luglio scorso, quando aveva dovuto ingoiare il diktat sul nuovo Memorandum.

Da Bruxelles, ci sono state felicitazioni, persino Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, si è congratulato, ma ha subito invitato Tsipras a formare «rapidamente» un nuovo governo «per proseguire il processo delle riforme».

Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione, è stato drastico: «Tsipras sapeva che l’uscita dall’euro era un’opzione anche se non era stata evocata» ha ricordato in modo un po’ peloso (in questi giorni, in una dichiarazione alla Reuters, il governatore della Banca centrale del Portogallo ha sostenuto che il Grexit non era mai stato davvero preso in considerazione dalla Bce).

Juncker ha aggiunto, minaccioso: «Se l’accordo non sarà rispettato questa volta le reazioni della Ue e dell’Eurogruppo saranno ben diverse».

I mercati hanno reagito positivamente alla vittoria di Syriza, lo spread non si è impennato e Bruxelles insiste sul fatto che non c’è nessuna rinegoziazione del debito in vista, anche se da Atene sono già arrivate richieste in questo senso.

La Grecia subirà una prima valutazione del piano di riforme a fine ottobre-inizio novembre, e solo dopo ci sarà lo sblocco dei soldi e, in prospettiva, la fine del controllo del movimento dei capitali. A questo punto, la Bce potrebbe comprare titoli del debito greco, un modo per diminuire la pressione.

Il presidente dell’Europarlamento, Martin Schultz, ha attaccato Tsipras ieri sul fronte delle alleanze: «Non capisco perché rifaccia alleanza con un partito populista e di estrema destra», l’Anel.

Eppure, dirigenti europei e delle formazioni di sinistra che sperano in una prossima vittoria, come Podemos in Spagna, leggono nella vittoria di Syriza l’apertura di uno spiraglio nel muro dell’austerità.

Per François Hollande «è un messaggio importante per la sinistra europea», anche se il presidente francese sottolinea poi che «il successo per Syriza, per Tsipras, per la Grecia» è importante perché il paese «conoscerà un periodo di stabilità con una maggioranza solida».

In Spagna, Podemos parla di «vittoria contro la troika». Pablo Iglesias, che venerdì aveva abbandonato la campagna in Catalogna per sostenere Tsipras ad Atene, si è subito congratulato, «fuerza amigo». Per il numero due di Podemos, Inigo Errejon, «il popolo greco ha ricompensato il coraggio democratico» di Syriza e il voto è «la seconda vittoria contro la trojka» e conclude: «Avanti!».

La sinistra della sinistra non si è spaccata solo in Grecia sul Memorandum.

In Francia, imbarazzo nel Front de Gauche. Silenzio da parte di Jean-Luc Mélenchon, che aveva criticato Tsipras e invitato Yanis Varoufakis. Eric Coquerel, dirigente FdG, vede «la sola soddisfazione» nel fatto che Nuova Democrazia sia stata sconfitta. «Aver accettato il Memorandum è stato un errore», per il Front de Gauche. Più simpatetico Pierre Laurent, segretario del Pcf: «Malgrado l’accordo insopportabile imposto a luglio e la crisi politica a sinistra» dalla Grecia arriva «un nuovo messaggio di lotta per tutte la società europee», per la «liberazione di tutti i popoli europei dall’austerità, per cambiare il tavolo dei negoziati per cambiare l’Europa». Per Laurent, «la destra di Nuova Democrazia è sconfitta e con essa l’insieme dei governi europei che si sono accaniti con estrema violenza a destabilizzare il primo governo Tsipras e ad imporre nuove misure di austerità, privatizzazioni e confisca della sovranità».

Anche Die Linke si è spaccata su Syriza, Oskar Lafontaine è stato a Parigi alla Fête de l’Humanité assieme a Mélenchon per presentare il «piano B» di uscita dall’euro.

Gregor Gysi, invece, si sente ora «meno solo nella lotta» contro le politiche di austerità di Merkel e Schäuble.