La strada per arrivare a una tassazione giusta e uniforme delle grandi multinazionali nella Ue è ancora molto in salita. La Corte di giustizia della Ue ha emesso questa settimana due sentenze contraddittorie: in una ha dato ragione alla Commissione, che reclamava a Fiat Chrysler di restituire aiuti di stato illegali, ottenuti in un accordo fiscale con il Lussemburgo, mentre in un’altra sentenza ha giudicato che l’accordo concluso da Starbucks con l’Olanda, che avrebbe dovuto portare a un versamento intorno ai 30 milioni di euro, non è illegale. La Commissione dovrebbe fare ricorso su questa sentenza, anche perché può costituire un pericoloso precedente per il giudizio, atteso tra mesi, che riguarda Apple: Bruxelles ha chiesto alla multinazionale un rimborso di 13 miliardi di euro al fisco irlandese. Mentre ieri Google ha fatto sapere che si rifiuta di pagare gli editori in Francia per la pubblicazione di articoli (applicazione legge europea sul copyright) e preferisce ridurre l’offerta. «Inaccettabile» per il ministro della Cultura.

Il gruppo S&D ha reagito alle due sentenze contraddittorie chiedendo «regole forti» alla nuova Commissione che si insedierà dal 1° novembre. I Verdi hanno chiesto una volta di più la fine della regola dell’unanimità in materia fiscale, progetto che resta bloccato da un gruppo di paesi, e la pubblicazione degli accordi fiscali, paese per paese, per vederci più chiaro.

Ad occuparsi della concorrenza resta Margrete Vestager, che Donald Trump ha soprannominato Tax lady. Difatti, la questione della tassazione delle multinazionali si inserisce nel braccio di ferro tra Usa e Ue. Il presidente Usa quest’estate ha minacciato di tassare le importazioni di vino francese, come rappresaglia per la tassazione (minima, al 3%) decisa da Parigi sugli utili fatti in Francia dalle multinazionali statunitensi di alta teconologia, la cosiddetta «tassa Gafa». Ma ogni paese Ue procede da solo, quindi è debole.

Vestager dà una lettura ottimista delle ultime sentenze della Corte di giustizia: «Confermano che benché gli stati membri abbiano la competenza esclusiva per determinare la legislazione in materia di fiscalità diretta, devono però farlo nel rispetto del diritto comunitario» (nel caso di Starbucks il tribunale ha giudicato che la Commissione non aveva attaccato l’accordo dall’angolo giusto). «È chiaro che l’Ue non può più limitarsi a delle inchieste caso per caso per mettere fine all’evasione fiscale massiccia delle multinazionali – denuncia Oxfam – l’Ue deve cambiare fondamentalmente le regole del gioco. Se le grandi imprese non pagano la loro parte di imposte, ci sono meno soldi per la scuola o la sanità, servizi pubblici essenziali per ridurre le ineguaglianze. Per obbligare davvero le imprese a rendere dei conti, abbiamo bisogno di regole che obblighino le imprese a pubblicare dei dati-chiave sui luoghi dove fanno affari e profitti e dove pagano le imposte». All’Ocse, l’organizzazione dei paesi più ricchi del mondo, è in corso di negoziato una tassa minima sulle grandi imprese, ma i tempi saranno lunghi.