La ministra belga della Mobilità (Trasporti), Jacqueline Galant, si è dimessa, tre settimane dopo gli attentati di Bruxelles. Era accusata di “negligenza”, per aver ignorato (e mentito) su un rapporto della Commissione europea, che metteva in evidenza la mancanza di vigilanza dell’Autorità civile sulla sicurezza degli aeroporti. Nell’attacco allo scalo di Zaventem il 22 marzo sono morte 17 persone, prima del massacro alla stazione Maelbeek, che ha causato altre numerose vittime. Galant, che appartiene allo stesso partito conservatore del primo ministro Charles Michel, aveva ignorato le messe in guardia di Bruxelles sulle “mancanze” di fronte al terrorismo. Charles Michel ha dovuto accettare queste dimissioni, che mettono in difficoltà l’equilibrio tra francofoni e fiamminghi, mentre due giorni dopo gli attentati aveva respinto quelle dei ministri degli Interni e della Giustizia.
Al di là della confusione nel governo belga, il caso Galant mette una volta di più in evidenza le difficoltà di comunicazione che esistono in Europa di fronte ai rischi terroristici. Tutti gli esperti sottolineano che lo scambio di informazioni tra servizi dei vari paesi sarebbe necessario, ma la cooperazione è bassa. Di questo discuteranno i ministri degli Interni della Ue, nella riunione di lunedi’ prossimo. Ma molte reticenze persistono, molti paesi frenano e non sono disposti a condividere le informazioni. Invece di prendere decisioni su una maggiore collaborazione dei servizi, al Parlamento europeo è passato a larga maggioranza, dopo vari anni di polemiche, il Passager Name Record (Pnr), cioè la schedatura di tutti i passeggeri aerei che partono o arrivano nella Ue. Dopo gli attentati di gennaio 2015 e ancora di più dopo quelli del 13 novembre, la Francia aveva insistito con particolare accanimento a favore del Pnr. Questo sistema entrerà in vigore nel 2018. Verrà raccolta tutta una serie di dati sui viaggiatori: identità, numero della carta di credito, luogo di soggiorno, itinerario e, persino, preferenze alimentari. Una massa enorme di informazioni che lascia scettici gli oppositori di un sistema importato dagli Usa e che rischia di ledere i diritti fondamentali alla privacy. Gli oppositori della prima ora – i social-democratici, i Verdi e la Gue – hanno ottenuto un compromesso, prima del voto di giovedi’: l’approvazione concomitante di nuove norme di protezione della vita privata, cioè un inquadramento dell’uso che gli stati potranno fare delle informazioni del Pnr, raccolte dalle compagnie aeree. Sono ancora in discussione, inoltre, le regole per un trasferimento dei dati verso gli Usa, che fanno pressione, e la loro utilizzazione per ragioni di “sicurezza” (in Europa c’è prudenza, dopo le rivelazioni di Edward Snowden sullo spionaggio Usa in Europa con l’operazione Prism). L’Europarlamento, dove sono stati presentati ben 3999 emendamenti (un record), ha approvato un regolamento generale sulla protezione dei dati e una direttiva per il loro utilizzo da parte di polizia e giustizia. Per l’eurodeputata Karima Dell (Verdi), il Pnr è “il via libera alla sorveglianza di massa dei cittadini”, per Brigitt Sippel (Spd) il sistema “non è efficace e non conforme ai diritti fondamentali”. La destra ha usato argomenti faziosi per farlo passare, Alain Lamassoure (Ppe) ha dovuto chiedere scusa per aver affermato, riferendosi agli attentati di Parigi e Bruxelles: “ci sono voluti cosi’ tanti morti per arrivare al voto”. Il Pnr non sarebbe servito a individuare i terroristi, né a Parigi né a Bruxelles.
La Francia aspetta ancora l’estradizione di Salah Abdelslam, il decimo uomo degli attentati di Parigi, in prigione in Belgio. Mohamed Abrini, arrestato l’8 marzo in Belgio, sospettato di aver preso parte anche agli attentati di Parigi oltre che di essere l’”uomo con il cappello” di Zaventem, ha scelto la stessa linea di difesa di Abdeslam e di Osama Krayem, con passaporto svedese, il secondo uomo della stazione Maelbeek: tutti affermano di aver “fatto marcia indietro all’ultimo momento”, negando l’implicazione nei massacri. L’inchiesta ha messo in luce che “l’obiettivo del gruppo terrorista era di colpire di nuovo la Francia”. Le autorità hanno comunicato che 1286 siti Internet legati al terrorismo sono stati bloccati in Francia negli ultimi mesi. A Birmingham, in Gran Bretagna, ieri ci sono stati 5 arresti legati agli attentati di Parigi e Bruxelles.