Il Consiglio europeo dei 27 capi di stato e di governo della Ue, ieri a Bruxelles, ha votato “all’unanimità” le linee-guida per i negoziati del Brexit, che potrebbero cominciare subito dopo le elezioni britanniche dell’8 giugno. “Restare uniti”, ha invitato il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, per avere “un mandato preciso e equo”. Tre principi sono approvati: 1) la protezione dei cittadini comunitari che saranno colpiti dal Brexit, 3 milioni di residenti europei in Gran Bretagna, a cui dovranno venir garantiti i diritti (alla pensione, al welfare, ad avere un permesso di soggiorno dopo 5 anni di residenza, anche se sono arrivati appena prima del Brexit); 2) Londra dovrà saldare i debiti con la Ue, per gli impegni già sottoscritti sul bilancio comunitario, ma anche per i programmi già approvati, che vanno dal finanziamento promesso alla Turchia per i rifugiati fino a quello del piano Juncker. Il costo per la Gran Bretagna è valutato sui 50-60 miliardi di euro; 3) più sorprendente, l’Irlanda ha fatto inscrivere la dichiarazione che, in caso di riunificazione dell’isola, l’Irlanda del Nord rientrerà immediatamente nella Ue, con le stesse modalità utilizzate per l’entrata della Germania est dopo l’unificazione tedesca. La questione irlandese preoccupa, perché con il Brexit l’isola sarebbe attraversata da una frontiera esterna. Verrebbero messi in pericolo gli accordi di pace del ’98 e le violenze che hanno insanguinato l’Irlanda del Nord per decenni potrebbero tornare. Secondo l’accordo del ’98, il sud e il nord dell’Irlanda hanno diritto di unirsi, se una maggioranza degli abitanti dell’Ulster lo decide per referendum. Londra sarebbe obbligata ad accettare questo risultato. Al referendum sul Brexit, gli irlandesi del Nord hanno votato al 56% a favore del Remain. Alle elezioni regionali del 4 marzo scorso, il Sinn Fein, pro-europeo, ha aumentato i voti. Il primo ministro irlandese, Edna Kenny, ha insistito sul rispetto “totale” e “sotto tutti gli aspetti” dell’accordo del ’98.

Ungheria e Polonia hanno sottoscritto la Road Map, perché preoccupate del destino dei loro cittadini residenti in Gran Bretagna (800mila polacchi). Danimarca, Olanda e i paesi del nord sono d’accordo per l’insistenza sui “rimborsi” di Londra, perché non vogliono pagare per i britannici. Angela Markel ha sottolineato “le illusioni” che si erano fatte i dirigenti britannici pro-Brexit. François Hollande, al suo ultimo Consiglio, mentre in Francia la tensione è al massimo per la presenza di Marine Le Pen al ballottaggio, ha ricordato che il voto delle presidenziali è “sull’Europa” e che bisogna votare per il candidato pro-europeo, Emmanuel Macron, per evitare “regressione” e “rischio”. Per Hollande, “fuori dalla Ue, lo si vede dal Brexit, non c’è più protezione, non ci sono più garanzie, non c’è più mercato interno, per chi è membro della zona euro, non c’è più moneta unica”. Theresa May, che non era presente a Bruxelles, aveva preventivamente accusato i 27 di “unirsi” a svantaggio della Gran Bretagna. Ma la minaccia di Londra di trasformare la City in un paradiso fiscale alle porte della Ue, ha finito per unire i paesi membri.

I 27 dovranno decidere anche dello spostamento delle due agenzie europee ora in Gran Bretagna, l’Eba (Autorità bancaria) e l’Ema (Agenzia europea per i medicinali). 26 città della Ue sono candidate (Milano è in corsa).