Altri morti nel Mediterraneo e, di nuovo, lo scaricabarile europeo. Jean-Claude Juncker, presidente designato della nuova Commissione (che deve essere confermato dall’Europarlamento il prossimo 16 luglio) ha affermato ieri che potrebbe nominare un commissario ad hoc alle questioni di immigrazione, ora gestite dagli Affari interni.
La commissaria agli Affari interni, la svedese liberale Cecilia Malmström ieri ha «deplorato» le nuove morti e chiesto «nuove azioni europee», riprendendo più o meno gli stessi termini dell’intervento dell’ottobre 2013, quando al largo di Lampedusa ci furono 360 morti e tutti ripeterono indignati «mai più».

La Ue, spiega Malmström, cerca il modo per «contribuire maggiormente» allo «sforzo significativo» dell’Italia – ha detto ricordando il salvataggio di circa 5mila persone negli ultimi giorni – ma «nell’ambito delle risorse esistenti». In pratica, Bruxelles potrebbe accelerare lo sblocco di 4 milioni di euro, destinati all’assistenza dell’«emergenza» in Italia, per «ospitare migranti e rifugiati». All’ultimo Consiglio europeo, la scorsa settimana, è stato di nuovo fatto riferimento a Frontex e invocato un suo «rafforzamento», già in corso dal 2012 con il dispositivo Eurosur. L’Italia chiede maggiore partecipazione ai partner, i quali rispondono che anche loro prendono la loro parte del «fardello» (la Germania è il primo paese al mondo per richieste d’asilo, nel 2013 ne ha ricevute 109.600, in aumento del 70% rispetto all’anno precedente, la Francia 60.200, cioè una cifra comparabile alle 60mila persone sbarcate in Italia quest’anno). Ma l’approccio resta esclusivamente «securitario», ancora di più dopo il voto all’estrema destra delle ultime europee: Malström ha parlato ieri di «aumentare gli sforzi» per combattere i trafficanti di essere umani.

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Secondo gli ultimi dati dell’Alto Commissariato per i rifugiati dell’Onu è a causa della «moltiplicazione di nuove crisi» e per «la persistenza di vecchie crisi che non sembrano mai morire» che il 2013 è stato un anno record per il numero di rifugiati nel mondo, 51,2 milioni, una cifra che non era mai stata così alta, comparabile ai dati della seconda guerra mondiale. Nel 2013 ci sono stati 6 milioni di rifugiati in più rispetto al 2012 (va ricordato che l’86% dei rifugiati nel mondo sono nei paesi in via di sviluppo).

Una strada, certo difficile, sarebbe trovare una soluzione a queste crisi, dice l’Onu. Invece, si chiama in causa Frontex, l’agenzia europea delle frontiere, nata nel 2004, con comando a Varsavia. La missione di Frontex è la sorveglianza del Mediterraneo, con lo scopo specifico di impedire ai barconi di migranti di accostare le coste europee e organizzare «operazioni di ritorno congiunto», i charter della vergogna. Uno stato membro della Ue può chiedere l’intervento di Frontex, che coordina l’azione e mobilita le guardie delle frontiere composte dai diversi corpi di polizia nazionali. La Francia ha proposto di creare un corpo europeo specifico di guardie alle frontiere. Secondo l’associazione Migreurope, Frontex usa «mezzi quasi militari» per intercettare i migranti. Nel 2011, in seguito a varie accuse di ricorso alla violenza nei respingimenti, Frontex ha adottato un nuovo regolamento e creato una nuova funzione, quella di incaricato dei diritti fondamentali, che dovrebbe controllare che non ci siano violazioni dei diritti umani. Ma addirittura alla Commissione, la direzione generale degli affari interni preferisce non assumersi nessuna responsabilità e definisce Frontex «una zona grigia».

Frontex si sta trasformando nel «braccio armato» dell’Europa nel controllo delle frontiere, denuncia Claire Rodier, autrice del libro Xénophobie business. Lo svizzero Jean Ziegler l’ha battezzata «organizzazione militare quasi clandestina». Frontex è ben foraggiata: per il periodo 2007-2013 ha ricevuto un finanziamento di 285 milioni di euro per il programma di «solidarietà e gestione dei flussi migratori». La sua attività riguarda anche la conclusione di accordi con stati extracomunitari per «esternalizzare» il controllo dei migranti (dai Balcani al Nord Africa, passando anche per la Russia) e di ordinare armamenti sofisticati all’industria bellica mondiale.