Scriveva Bertolt Brecht: “Fratelli, cosa fate?”/ “Un carro armato”./ “E poi, con quelle lamine là dietro?”/ “Un proiettile nuovo e brevettato/ Buca l’acciaio come fosse vetro”./ Ahimè, la nostra società è impazzita!/ La catastrofe bussa alle sue porte./ Lavorare per conto della morte/ è il solo modo per restare in vita//”

I versi aprono il libro Frammenti sulla guerra, industria e neocolonialismo in un mondo multipolare, edito in e-book da KappaVu. Una raccolta di saggi (Gregorio Piccin, Rossana de Simone, Claudio Giangiacomo, Gabriel Moreschini, Geraldina Colotti, Antonio Mazzeo), curata da Gregorio Piccin. Un lavoro collettivo che prosegue la ricerca avviata con Se dici guerra (KappaVu, 2014) per porre l’accento sugli sviluppi dei vari aspetti che compongono il più spregiudicato processo produttivo globale: la guerra.

Industria, governi, alti vertici militari e media mainstream stanno consolidando un modello di belligeranza privatizzato basato sulla “professionalità” e su narrazioni capovolte che vedono l’occidente “civile e democratico” obbligato a difendersi da minacce che assumono caratteristiche sempre più asimmetriche e ibride.

Un nuovo approccio comunicativo e semantico – dice il volume – che è servito a mascherare il rilancio dei fatturati dell’industria di riferimento in crisi dopo il collasso del Patto di Varsavia e a restituire senso alla Nato, un’alleanza militare divenuta repentinamente obsoleta e fuori tempo.

Per giustificare l’ultimo ventennio di guerre sono state invocate dall’occidente diverse ragioni: intervento di polizia internazionale, intervento umanitario, difesa preventiva contro inesistenti minacce di distruzione di massa, lotta al terrorismo.

Come un rullo compressore, i governi implicati in questa fase belligerante hanno asfaltato il diritto internazionale occupando, al medesimo tempo, la quasi totalità del mercato mondiale degli armamenti.

Sullo sfondo di questo processo neocoloniale, il Libro bianco della difesa che ha prodotto il governo Renzi invoca costantemente la tutela dei cosiddetti “interessi nazionali”. Difficile comprendere, per un paese come l’Italia, a quali interessi corrisponda l’aver destabilizzato tutto il proprio vicinato, dai balcani alla Siria,passando per Iraq e Libia; ma soprattutto a quali interessi corrisponda il rilancio di una nuova guerra fredda contro la Russia e la perdurante cessione di sovranità a favore di basi strategiche statunitensi/Nato.

I differenti approcci analitici raccolti in questo lavoro servono a portarci al cuore della questione, stracciando quell’involucro di menzogne, neologismi e narrazioni a cui l’ufficialità belligerante ci ha abituati, e presentando suggestioni e modelli alternativi e concreti di relazioni internazionali e gestione delle Forze armate, come quello del Venezuela che si definisce socialista e bolivariano.

Ne discuteranno domani a Udine (ore 18, presso la Sala della Filologica Palazzo Mantica, via Manin),Gregorio Piccin e Geraldina Colotti, in un incontro organizzato dalle Edizioni KappaVu, da Assostampa Friuli Venezia Giulia e dal quotidiano online Friuli Sera.