C’è la tregua ma si combatte, era stato annunciato il ritrovamento delle scatole nere, ma ieri è stato smentito, ci sono accuse incrociate, ma prove neanche una: un copione ben conosciuto di questa guerra civile in corso ormai da mesi in Ucraina (con oltre 200 civili uccisi durante i combattimenti). Secondo il governo di Kiev, il lavoro degli osservatori internazionali dell’Osce nei pressi della zona dove è stato abbattuto il Boeing malese con a bordo 298 persone, sarebbe complicato dalla poca collaborazione delle milizie separatiste. E non solo, perché stando a quanto comunicato dal governo di Majdan, le responsabilità dell’abbattimento dell’aereo malese sarebbero da ricercare non solo tra i «separatisti», quanto proprio in Russia.

Ieri Italia Nayda, il capo del controspionaggio per il servizio di sicurezza ucraino, avrebbe mostrato alcune fotografie che proverebbero l’utilizzo dei filorussi di un sistema missilistico Buk-M1 nei pressi del confine russo. Una tecnologia che sarebbe stata consegnata ai ribelli, proprio da Mosca. E i ribelli dal canto loro accusano invece Kiev – e gli Stati uniti – di aver deciso la loro colpevolezza – senza prove – e negano, tanto di aver abbattuto il Boeing, quanto di impedire agli osservatori di avvicinarsi all’area del relitto. Anche questo disastro, inerente la guerra in corso da mesi in Ucraina, mostra un copione che purtroppo è consueto: scambi di accuse, le macchine della propaganda che provano a diffondere la colpevolezza dell’avversario, una difficoltà a giungere ad accordi reali e credibili. Un esempio è la supposta «tregua», l’ennesimo momento farsa di questo conflitto, per consentire un’indagine internazionale (ancora tutta da chiarire, nelle forme e modalità).

Nella mattinata di ieri era stato annunciato l’accordo tra filorussi e governo di Kiev, per uno stop agli scontri, capace di rendere possibile l’avvio di un’inchiesta internazionale, sposata un po’ da tutti, per capire le cause e le responsabilità dell’abbattimento dell’aereo malese precipitato al confine russo ucraino martedì scorso. Poco dopo questo annuncio, il governo di Kiev ha comunicato di aver riconquistato alcune zone a sud di Lugansk. Come specificato in una nota dal ministro della Difesa, Valeri Geletei, l’esercito nazionale ucraino sarebbe avanzato fino a raggiungere l’aeroporto. Una circostanza ammessa anche dai filorussi, che pure hanno sottolineato di aver respinto l’offensiva a sud. E infine tra Kiev e ribelli, con accuse anche per Mosca, la polemica più dura: «I terroristi, con l’aiuto della Russia cercano di distruggere le prove dei loro crimini internazionali», ha denunciato il governo ucraino, secondo cui «i terroristi avrebbero prelevato 38 corpi dall’obitorio di Donetsk». Il vice premier di Kiev, Vladimir Groisman, ha fatto sapere che agli esperti ucraini sarà permesso di fermarsi sul luogo in cui si è schiantato il Boeing solo per 30 minuti, e sotto la sorveglianza di ribelli.

Intanto, i servizi di emergenza riferivano che al momento sarebbero stati recuperati 186 corpi e che la ricerca degli altri passeggeri è complicata dal fatto che l’aereo si è disintegrato in un’area piuttosto vasta, di 25 chilometri quadrati. Kiev accusa apertamente i filorussi di voler nascondere le prove della loro colpevolezza, di un «crimine internazionale», mentre i separatisti ribattono sostenendo che Kiev non vuole rendere pubbliche le informazioni sul sistema antiaereo dispiegato nella zona di conflitto nel Paese. L’Ucraina, ha detto il ministro della Difesa russo Anatoli Antonov a Russia-24, deve spiegare dettagliatamente come utilizza i suoi missili davanti ad una commissione d’inchiesta. «La comunità internazionale – ha ribadito – lo sta aspettando».

Da parte loro, i separatisti hanno negato fin dall’inizio di avere sparato contro l’aereo e danno la colpa a Kiev. Antonov ha evitato di accusare direttamente il governo ucraino, ma ha domandato su cosa si sia basata Kiev per accusare i separatisti di quanto accaduto poco dopo la tragedia. L’esercito ucraino, ha affermato il ministro, ha dispiegato sistemi antiaerei nella zona di conflitto, nonostante i separatisti non dispongano di velivoli. «Le risposte a queste domande – ha concluso – mostreranno agli esperti di Europa e Asia quanto successo nei cieli dell’Ucraina». Nella serata di ieri, infine, il leader dei separatisti filorussi di Donetsk Aleksandr Borodai ha negato che siano state ritrovate le scatole nere dell’aereo malese abbattuto due giorni fa nell’est dell’Ucraina. Inoltre, come si legge sull’agenzia di stampa Interfax, la leadership dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk si è detta pronta a consegnare le scatole nere del Boeing della Malaysia Airlines agli esperti internazionali una volta che verranno ritrovate.