Battibecco tra Klichho, capo del partito «Kulak», e la folla; lui chiede a Yanukovich di cessare l’escalation, di indire elezioni presidenziali anticipate per non fare la fine di Ceaucescu. La folla: «Quali elezioni? Rivoluzione!». L’episodio dice che la situazione in Ucraina è di svolta. Per il movimento di protesta non si tratta più di spingere Yanukovich a firmare l’accordo di associazione all’Ue o a convocare le elezioni, ma di abbattere il regime. La sostituzione di obiettivi è dovuta al fatto che, per il movimento, Yanukovch mira, con le leggi liberticide da «colpo di stato» che ha approvato, a instaurare la dittatura e andrebbe arrestato. Fino a un mese fa dichiarazioni del genere sarebbero state considerate una provocazione.

Ora gli stessi leader del movimento di protesta sono fortemente condizionati dai gruppi più radicali e di estrema destra, i cui capi la notte scorsa sono stati convocati e hanno dovuto subire un ultimatum. Questi capi sono al comando dei reparti di autodifesa e sono in maggioranza reduci della guerra afghana, veterani delle truppe speciali. Non li rallegra affatto la prospettiva di stare nelle tende a Majdan fino a marzo del 2015, quando si terranno le elezioni ordinarie. Tanto più che Yanukovich ha messo in campo gruppi di donne che attaccano le barricate dei rivoltosi al grido: «Andatevene da Kiev», alludendo al fatto che sono persone giunte da altre parti del paese, in particolare dalla Galizia «a fare la rivoluzione».

Il movimento di piazza Majdan è alimentato da un forte malcontento popolare. E probabilmente le barricate nel centro di Kiev sono solo il simbolo di una più profonda protesta sociale, che scomparirà solo quando saranno eliminate le cause che l’hanno originata. Per il politologo Vitalij Bala , la protesta è sorta a causa della crisi economica e perché i cittadini non accettano più l’attuale sistema di potere corrotto: «Si tratta di un conflitto – dichiara – tra il potere e il popolo che non è controllato e diretto dai leader dell’opposizione».

Che in Ucraina sia in corso una lotta per l’abbattimento dell’attuale regime sembra dimostrato anche dal fatto che nella serata di mercoledì, gli attivisti e le opposizioni hanno convocato l’assemblea costituente della Rada popolare di Ucraina, destinata, nelle loro intenzioni, a diventare il vero parlamento. L’organo di potere parallelo così si è espresso: «Noi non chiediamo più niente perché in due mesi di protesta pacifica nessuna delle nostre richieste è stata ascoltata. Solo il nuovo potere popolare sarà in grado di fermare lo spargimento di sangue e di salvaguardare l’unità dell’Ucraina». L’obiettivo primario del parlamento parallelo è quello di organizzare un voto di sfiducia popolare a Yanukovich. Gli attivisti di Majdan formano intanto i reparti di autodifesa contro l’imperversare nelle vie delle città di giovani che incendiano auto, rubano, picchiano e rapiscono persone, com’è accaduto al noto giornalista Igior Litsenko.

Tutto ciò non somiglia alla «rivoluzione arancione» del novembre del 2004 che chiedeva la ripetizione delle elezioni presidenziali vinte da Yanukovich contro Yushenko che, insieme alla Julja Timoshenko guidava e organizzava la protesta. Le elezioni furono riconvocate e vinse Yushenko. Il movimento di Majdan sembra somigliare piuttosto a quello che sorse in Ucraina e in tutta l’Urss nel 1989-1991 e portò alla caduta del regime sovietico e all’indipendenza dell’Ucraina. Ma con una novità importante: oggi è in discussione la stessa unità dell’Ucraina.

Il territorio del paese può essere diviso infatti in tre grandi aree: quella occidentale costituita dalla Galizia e da altre terre, i cui cittadini sono di religione cattolica in prevalenza, e ha come capitale Leopoli; l’area con capitale Kiev composta in prevalenza da ucraini; l’area orientale e meridionale nella quale vive una forte minoranza russa, in città come Odessa, Dnepropetrovsk, Kharkov e in Crimea. La minoranza russa mantiene forti legami con la Russia, parla solo il russo, legami che vengono rafforzati dalla presenza di forti investimenti russi . Essa è portata ovviamente a sostenere chi ha interesse a mantenere buoni rapporti con la Russia.

Per questo Yanukovich nel suo operato non può non tenerne conto. Ed è facile prevedere che una «rivoluzione» chiaramente diretta a contrastare l’influenza della Russia nel paese, inciderebbe anche sugli interessi degli ucraini di nazionalità russa. Appare così evidente che la situazione è in un vicolo cieco. Giustamente Gorbaciov ha dichiarato che occorre impedire una secessione e il peggioramento dei rapporti con la Russia e ha fatto appello a Obama e a Putin a concordare un’azione che riporti l’Ucraina sulla via dello sviluppo pacifico.