L’Alta rappresentante della politica estera europea, Catherine Ashton, è a Kiev da martedi’, assieme alla vice-segretaria di stato Usa, Victoria Nuland. Mentre le manifestazioni invocano l’Europa, Ashton si è limitata a dirsi “delusa” dopo un incontro con le autorità del paese. Per l’Alta rappresentante, che ha chiesto la liberazione dei prigionieri politici, la situazione è ancora “lontana da un compromesso per uscire dalla crisi”. Il primo ministro, Mykola Azarov, dopo la rinuncia alla firma dell’Accordo di libero scambio e associazione politica con la Ue al vertice di Vilnius a fine novembre – la causa scatenante dell’ondata di manifestazioni in corso nel paese – ha chiesto ieri 20 miliardi di euro di aiuti europei, come condizione per un ripensamento. Il presidente ucraino, Viktor Ianukovitch, in effetti naviga a vista, cercando di mantenere il potere (e i suoi grandi vantaggi). Dopo aver ceduto alla Russia rifiutando la firma dell’Accordo di associazione con la Ue, adesso cerca di riaprire i canali con Bruxelles. Azarov chiede ora che la Ue partecipi a investimenti in progetti comuni “mutualmente vantaggiosi”, a cominciare dall’ampliamento e dalla modernizzazione delle reti di trasporti. Azarov fa cosi’ allusione ai gasdotti che attraversano il paese e che sono all’origine di tutte le tensioni che sottostanno alla crisi attuale. La Russia ricatta l’Ucraina sulla fornitura di gas, Mosca ha più vote accusato Kiev di “rubare” il gas, è arrivata al punto di tagliarli a volte i rifornimenti, ha giocato con i prezzi. Ma Bruxelles ieri, pur riconoscendo “l’ambizione e l’aspirazione eurropea dell’Ucraina”, ha respinto la richiesta di soldi di Kiev, non intende pagare per convincere l’Ucraina a firmare: “gli accordi sono buoni per la prosperità dell’Ucraina – ha precisato uno dei portavoce della Commissione, Olivier Bailly – non giochiamo con le cifre. La proposta ucraina non puo’ essere oggetto di una gara d’appalto dove chi propone il minor prezzo vince”. Per la Commissione, “l’accordo resta sul tavolo, la Ue è pronta a discutere” con Kiev sulla sua “applicazione”, ma rifiuta di “riaprire il negoziato” sull’associazione, che è stato messo a punto nel 2012 e poi “sospeso” da Bruxelles in attesa di una maggiore democrazia in Ucraina, che poi ha finito per rifiutare di firmarlo a fine novembre.

La storia del gas illustra bene sia il ruolo potenziale dell’Ucraina, che le indecisioni e pusillanimità della Ue, oltreché il potere della Russia. Attorno alla questione del gas si gioca la relazione tra Ue e Russia: che è prima di tutto economica, poiché Bruxelles non ha una politica estera nei confronti dell’altro “grande” d’Europa. Con il gasdotto Nord-Stream il gas russo puo’ arrivare in Germania senza passare per l’Ucraina, via il Mar Baltico. Con il progetto Sud-Stream, che dovrebbe essere operativo nel 2015, il gas russo potrà arrivare in Italia evitando di nuovo l’Ucraina, prendendo la strada del Mar Nero. Il trattato di associazione proposto a Kiev è stato preparato praticamente senza tener conto delle prevedibili reazioni russe, cioè non permette all’Ucraina di difendersi dalle pressioni di Mosca. L’economia contribuisce a spiegare la situazione: l’export dell’Ucraina va al 30% verso la Russia, mentre l’Unione europea ne assorbe solo il 2% (l’Ucraina rappresenta l’1% dell’import Ue). Nella Ue, il principale partner dell’Ucraina è la Germania (il 26% dell’export Ue verso Kiev), seguita dalla Polonia (18%). L’Italia è invece il primo importatore Ue di prodotti ucraini della Ue e ne assorbe il 19% del totale, seguita dalla Bulgaria (13%) e dalla Germania (11%).

Anche la storia ha un peso nella complessa relazione tra Ucraina e gli europei. La Polonia ne ha controllato una regione nella parte occidentale, nel XIV secolo, e contro i cattolici si sono levati i cosacchi ortodossi dell’est nel ‘600. Caterina di Russia recupera l’Ucraina a metà del XVIII secolo, mentre la Galizia è controllata dall’Austria-Ungheria. L’Ucraina, per ragioni di geo-politica, oscilla oggi tra Ue e Russia. Potrebbe rappresentare un ponte, ma per il momento è terreno di scontro, in mancanza di un’idea chiara da parte della Ue, che ha una sola certezza: non ci saranno allargamenti in un futuro prossimo (vale per la Turchia, oltre che per l’Ucraina).