Dmytro Firtash non è il più ricco tra gli oligarchi ucraini, ma in s’è ritagliato grandi margini di manovra. La sua è una presenza costante, nella gestione degli equilibri politico-economici a Kiev. Seguirne le mosse aiuta a capire le dinamiche in corso nell’ex repubblica sovietica. Nella crisi che sta incrinando la fragile stabilità del paese il suo nome non ha tardato a balzare in testa alle cronache.

Firtash ha sempre perorato la causa dell’unità nazionale. In linea con tutti gli altri suoi pari. Agli oligarchi fa comodo un’Ucraina equidistante dall’Europa e dalla Russia o integrata nello spazio europeo e capace di fare buoni affari con il vicino orientale. Il concetto è stato espresso ancora una volta nelle ultime ore, con un intervento sul Kyiv Post. Il magnate s’è augurato che l’Ucraina possa diventare «la Svizzera dell’Eurasia». Firtash da due mesi è a Vienna, arrestato dalla polizia austriaca il 12 marzo dopo mandato di cattura emesso dalle autorità americane. Da tempo sospettato di legami con la mafia russa, ha ammesso che il suo ingresso nel settore del gas avvenne anche grazie alla sponda di personaggi poco raccomandabili. Uno di questi sarebbe Mogilevich, potente capomafia russo-ucraino, di origini ebraiche. Il mandato di cattura non arriva però a coprire le vicende legate all’ascesa di Firtash, ma si concentra su un investimento sospetto in India nel 2006.

In questo gli analisti hanno visto un avvertimento, sostenendo che Washington, facendogli sentire il fiato sul collo ma senza esagerare, ha voluto spaventare Firtash e indurlo a usare le sue leve in funzione dell’unità dell’Ucraina, nella consapevolezza che a Kiev i giochi si fanno anche con i tycoon. Una settimana dopo l’arresto di Firtash, Klitschko ha deciso di non correre alle presidenziali e «regalare» a Poroshenko i suoi voti (e non sono pochi). C’è chi ha visto lo zampino di Firtash.

Primo sospetto: l’oligarca ha investito su Klitschko quando ha compreso la fine di Yanukovich, che aveva foraggiato. Secondo: Poroshenko, che dovrebbe stravincere, è un oligarca che punta a cambiare le cose senza strappi e questo va bene a Firtash, a tutti gli altri oligarchi, agli euro-americani e forse non dispiace neanche a Mosca, benché abbia preso di mira i suoi prodotti dolciari con embarghi. Se i sospetti non bastassero, Klitschko e Poroshenko sono andati a fare visita a Firtash a Vienna.

Se la fine di questa storia rischia di lasciarlo al centro della scena, l’inizio dice che Firtash ha mosso i primi passi nel settore alimentare. Ambizioso, ha frequentato i circoli che contano e s’è aperto un varco nel settore dell’energia. Fuori dall’Ucraina è stato a lungo sconosciuto, finché nel 2009, quando Mosca chiuse i rubinetti a Kiev, aprendo un’altra «guerra del gas», saltò fuori che a mediare le compravendite di oro blu tra i due paesi era una misteriosa holding, RosUkrEnergo. Il 50% delle quote era di Gazprom, l’altro di soci ucraini, con Firtash al 45%. Tymoshenko si mise in testa di smantellare a tutti i costi RosUkrEnergo. Firtash ha reagito con intrighi di corte.

Ha sviluppato relazioni cordiali con l’ex presidente Yushchenko e ha dato tanti soldi a Yanukovich. Quando quest’ultimo ha vinto presidenziali e politiche nel 2010 lo ha ricompensato con una bella pattuglia di parlamentari e tanti favori. Prima, comunque, la pasionaria di Kiev era comunque riuscita a chiudere RosUkrEnergo. Ma Firtash, prevedendo da tempo la fine della pacchia, aveva diversificato le sue attività. Ora spera di fare lo stesso in politica. Investire su altri, sperando gattopardescamente che nulla più di tanto cambi.