In Ucraina è stata raggiunta la tregua. Il governo di Kiev e i ribelli filorussi, a seguito di un incontro tra i rappresentanti delle parti a Minsk, hanno deciso il cessate il fuoco sulla base di 12 punti, che prevedono anche lo scambio di prigionieri.

Si tratta di un risultato ottenuto dopo l’accelerazione dei giorni scorsi, mediante telefonate, summit, tentativi di arrivare ad un punto condiviso. Si dirà che il cessate il fuoco è stato ottenuto per merito delle parole e delle minacce della Nato, o per il foglietto con gli appunti dove Putin ha vergato a mano gli ormai noti «7 punti» . Di sicuro l’accordo, temporaneo, conviene a tutti. Soddisfa Mosca, perché permette al Cremlino di mostrarsi ragionevole, e perché tiene ancora aperta la questione relativa all’organizzazione amministrativa del paese (i russi spingono da sempre per un federalismo)e allontana una facile e scontata adesione dell’Ucraina all’Alleanza atlantica, per ora. A Poroshenko il cessate il fuoco risulta utile, perché consente a Kiev di avere almeno un mese e mezzo di campagna elettorale pre elezioni parlamentari del 26 ottobre, senza che l’esercito sia impegnato in un conflitto con le regioni orientali.

Ora si tratta di rispettare i dettagli dell’accordo in 12 punti. Nella serata di ieri, tanto il Consiglio di sicurezza ucraino, quanto le forze dei ribelli, hanno ufficializzato di aver deposto le armi. Kiev deve riuscire a garantire il rispetto del cessate il fuoco anche da parte dei battaglioni di paramilitari che scorrazzano nelle regioni orientali e che più volte hanno dimostrato di non avere granché intenzione di obbedire agli ordini del governo centrale. Un passo in avanti, che in realtà cristallizza una situazione che da un momento all’altro potrebbe tornare ad una situazione di guerra.

Anche perché l’Alleanza atlantica, gli Usa e l’Europa, sembrano fare di tutto per non riconoscere il passo e per irritare ancora Mosca. Ieri – infatti – al vertice di Newport in Galles, sono state ufficializzate alcune questioni militari che peseranno – e non poco – nel prossimo futuro. La Nato si riarma e stabilisce una presenza fissa proprio nella zona a ridosso della Russia ed esplicitamente in funzione anti Mosca, come chiarito, se mai ce ne fosse stato bisogno, da un attivissimo Rasmussen. Cinque basi tra paesi baltici, Polonia e Romania, ospiteranno i militari dell’Alleanza.

Un deterrente e uno strumento da utilizzare ogni volta che Mosca infastidirà gli Stati uniti (e di conseguenza la Nato). Da parte dell’Europa del resto c’è la totale disponibilità. Tappeti rossi, senza alcuna remora, tanto di fronte al braccio armato Usa, la Nato, quanto – come già dimostrato – con il braccio commerciale (il trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti). Il primo ministro italiano Matteo Renzi, insieme ai polacchi, sembra il più «atlantico» di tutti.

Entusiasta di questa nuova «pace di guerra» della Nato, ha anche ricordato la necessità di nuove sanzioni contro Mosca. «Il meccanismo delle sanzioni in Europa è abbastanza complicato, ha detto, il comitato degli ambasciatori si è riunito e ha predisposto un pacchetto. Ma questo pacchetto non entra in vigore subito perchè ha bisogno di 72 ore per gli stati membri. C’è lo spazio, un lasso di tempo in cui le sanzioni sono preparate». Non sembra pensarla nello stesso modo la sua controparte francese. Hollande, benché impegnato da grane politiche interne, ha ricordato che «le sanzioni che vengono discusse contro la Russia nell’ambito della crisi ucraina sono strumenti che consentono di trovare una soluzione».

Tali misure verranno sospese mano a mano che prove tangibili del cessate il fuoco saranno state osservate». E il cessate il fuoco dovrebbe rappresentare un momento dirimente anche per la cancelliera tedesca Merkel, che ha escluso nuove misure anti Mosca, quando sarà accertata la pace raggiunta.

Per quanto riguarda le decisioni militari della Nato, dopo l’approvazione del piano di rafforzamento delle difese si pianificano altri interventi, comprese le «forza di reazione rapida» alla quale saranno chiamati a partecipare i Paesi che fanno parte dell’Alleanza Atlantica. Fonti qualificate, interpellate dall’Adnkronos, precisano che «si tratterà di un impegno ben diverso e distinto dall’esercitazione in corso in questi giorni» nell’Europa orientale: fino a lunedì 90 parà dela Folgore prendono parte alla «Steadfast Javelin IÌ» in corso tra Germania, Polonia, Lettonia e Lituania.

Nell’ambito di una forza concertata con gli altri alleati della Nato, ci vorranno invece materiali e mezzi pesanti, veicoli blindati che potrebbero essere messi a disposizione nell’ambito dello sforzo comune messo in atto per rafforzare la presenza dell’Alleanza sul fronte più caldo, ai confini orientali.