Strane cose stanno accadendo in Ucraina. Sembra che lo stesso «forte vento» (e non i cocktail Molotov lanciati dall’esterno) che, dopo 10 mesi di indagine, gli investigatori hanno dichiarato responsabile della strage di 48 persone bruciate vive nella Casa dei sindacati di Odessa il 2 maggio 2014, porti con sé anche il momentaneo trasferimento del fronte dal Donbass a Kiev.

Alla guerra (per ora senza morti) tra il presidente-magnate Petro Poroshenko e il magnate-(ormai ex) governatore Igor Kolomojskij, si è aggiunto ieri un nuovo fronte.

Serghej Bochkovskij, capo del Servizio statale per le situazioni d’emergenza e il suo vice, Vasilij Stoevskij, sono stati arrestati in diretta tv, durante una riunione del Governo, accusati di appropriazione di fondi pubblici, tramite uno schema di contratti di appalto che dirottava la valuta verso loro conti in banche cipriote. Dunque, con i cannoni momentaneamente silenziosi nel Donbass, si distinguono ora i veri rumori della «lotta per la democrazia»: la guerra tra clan fino ai vertici del potere per i miliardi occidentali.

Dopo gli assalti armati alle sedi di Ukrtransnafta e Ukrnafta della scorsa settimana, Poroshenko ieri ha infine «accolto la richiesta di dimissioni» di Igor Kolomojskij (il cui gruppo «Privat» controllava Ukrtransnafta già nel 2009, grazie all’allora premier Julja Timoshenko) da governatore della regione di Dnepropetrovsk.

Il meeting pro-Kolomojskij fissato per sabato a Dnepropetrovsk, «Azione civile in difesa dell’unità dell’Ucraina», pare tanto civile che, per il servizio d’ordine, sarebbero stati fatti affluire da Odessa reparti dei battaglioni ultranazionalisti sponsorizzati da Kolomojskij. Secondo il Presidente della Commissione della Duma russa per le questioni della Csi, Leonid Slutskij, le dimissioni di Kolomojskij possono condurre a una «Majdan oligarchica».

Il leader di «Russia giusta» Serghej Mironov dice che Poroshenko, dimissionando Kolomojskij, «ha aperto un secondo fronte; ma ogni semplice stratega sa che una guerra su due fronti finisce sempre con la sconfitta di chi la conduce». Il conflitto tra Kolomojskij e Poroshenko è scoppiato dopo che la Rada, lo scorso 19 marzo, ha abbassato dal 60% al 50% più una azione, il quorum per le assemblee degli azionisti, con ciò privando l’oligarca governatore di Dnepropetrovsk del controllo su Ukrnafta, la principale compagnia ucraina di gas e petrolio, di cui lo Stato detiene il 50% più una azione. Ora dunque il gruppo Privat di Kolomojskij, con il 42% delle azioni, oltre a non poter più bloccare l’assemblea, dovrà pagare allo Stato dividendi per 1,7 miliardi di grivne. Tra il 20 e il 22 marzo si erano verificati gli assalti e contrassalti alla sede di Ukrtransnafta.

Dopo l’esonero del manager a libro paga di Kolomojskij e la sua sostituzione con un direttore di fiducia di Poroshenko, Kolomojskij ha reagito occupando militarmente la sede di Ukrtransnafta. Secondo pravda.ru, qualcuno a Washington ha dato il via libera a Kolomojskij: dopo che i suoi sponsor entreranno alla Casa bianca, Poroshenko sarà fatto fuori. Sponsor del Presidente sarebbe infatti Obama. Ma, dato che l’uno e l’altro hanno i loro santi protettori oltreoceano, per Kolomojskij si parla del duo Clinton-McCaine e dei repubblicani, finanziati da Goldman Sachs. Goldman Sachs che, insieme a Monsanto e Vangurd Group, finanzierebbe l’esercito mercenario «Academi» (ex Blackwater), che combatte con i governativi nel Donbass.

Secondo Tatiana Volkova, migliaia di uomini della «Academi» rimpinguano sia il battaglione «Dnepr» di Kolomojskij, sia il «Sokol» del Ministero degli interni: «Monsanto perderebbe centinaia di migliaia di dollari se la guerra finisse un giorno prima e alcuni miliardi se finisse un mese prima. Alla Monsanto non si pongono la domanda infantile “Chi vince”». Kolomojskij avrebbe sostenitori anche tra alcuni media tedeschi, tipo Der Tagesspiegel, che sponsorizzano le imprese di guerra dei suoi battaglioni. Da parte sua, Poroshenko, tra i propri sostegni tedesco-americani, può vantare la Shell (legata alla Deutsche Bank), cui ha concesso i diritti di perforazione per i giacimenti di scisto nel sudest dell’Ucraina.

Sembra dunque che sia Kolomojskij, sia Poroshenko, rispondendo agli impulsi della medesima centrale di comando, esprimano quello che Marx definiva «il grande segreto di ogni guerra: gettare il nemico sulla difensiva».