Accordo firmato, pace fatta? Per niente. La Ue ha posto fine al balletto che ha provocato non pochi danni, tirandosi vicino l’Ucraina. Si tratta di un altro paese («accordo storico», ha specificato Poroshenko) che sta affrontando una vera e propria crisi, leggi guerra civile, al termine di un percorso che ha visto succedersi, nell’ordine, un colpo di Stato (almeno secondo l’opinione di Mosca), un governo acclamato dalla folla di Majdan con all’interno cinque ministri neonazisti, l’annessione della Crimea alla Federazione russa, l’insubordinazione, sfociata in aperto conflitto, di metà del paese (quella delle industrie e delle miniere, per altro), elezioni presidenziali cui ha partecipato la metà degli abitanti dell’Ucraina e soprattutto centinaia di morti (compreso un rogo a Odessa e l’uccisione a colpi di mortai di giornalisti, tra cui l’italiano Andrea Rocchelli).

Un viatico mica male, per un accordo considerato «salvatutto», ma su cui pesa l’attuale situazione economica e sociale dell’Ucraina.

In tutto questo, la tregua del conflitto tra l’est e l’ovest del paese – che scadeva ieri e ha retto ben poco viste le accuse incrociate di attacchi e bombardamenti – è stata estesa (e accettata anche dai filorussi) di altre 72 ore, come se posticipare un problema equivalesse a risolverlo. Doveva essere la giornata dei peana per la firma dell’accordo di associazione tra Ucraina e Unione europea, motivo scatenante delle proteste della Majdan, ma si è rivelato un altro giorno interlocutorio, senza granché da celebrare.

La reazione di Mosca alla firma a Bruxelles è stata prevedibile, come la battuta di un copione sciatto e scontato: parole dure e forti contro Kiev, che sembrano successive a schemi e accordi sottobanco. Mosca ha fatto sapere che «ci saranno consueguenze», che in «Ucraina c’è un disastro umanitario», ma si può supporre che Poroshenko abbia firmato con l’Unione europea dopo essersi consultato con uno straordinariamente collaborativo – almeno negli ultimi giorni, Putin.

Nel piatto della bilancia, quello contrassegnato dai colori della Russia, dovrebbe esserci finito un elemento che Mosca ha sempre richiesto: sì all’Europa, controvoglia, ma ormai l’accordo era inevitabile, ma un no secco alla Nato. Può essere un punto su cui possono ripartire i rapporti tra i due paesi? Potrebbe, considerando la posizione storica dell’Ucraina, a cavallo tra Europa e Russia; ma in mezzo c’è ancora una guerra cui porre fine (e nei giorni scorsi altre nove soldati sono stati uccisi, secondo Kiev).

Non sono mancate – naturalmente – le reazioni alla firma dell’accordo di associazione, tanto da parte della Nato, quanto da parte di Paesi europei (Italia compresa), mentre il presidente ucraino ha scelto di concentrarsi su un argomento ben preciso: «L’unica cosa che rappresenta un problema per noi è la sicurezza», ha detto, aggiungendo che «la decisione del Consiglio europeo è stata quella di supportare l’Ucraina economicamente e di dare il suo supporto sulla questione della sicurezza. L’8 luglio ci sarà una conferenza speciale», ha detto il presidente riferendosi all’incontro che si terrà a Bruxelles.

«La mia impressione principale sulla riunione è che tutta l’Unione europea ha dimostrato solidarietà e volontà di cooperare. Le conclusioni del Consiglio europeo – ha proseguito – confermano che affronteremo la questione sicurezza insieme, e anche sulla questione dei valori, della democrazia e della libertà ci sarà un forte supporto da parte dei 28 paesi membri».

La Ue si è sentita talmente ispirata da questo scatto negoziale improvviso, da proporre quattro punti per la de-escalation del conflitto. Il consiglio Ue nelle sue conclusioni ha posto la scadenza del 30 giugno, per l’applicazione della propria roadmap, pena la possibilità di nuove «significative sanzioni» (alla Russia, ça va sans dire). «Il Consiglio Ue si aspetta che siano stati fatti questi passi: accordo su un meccanismo di verifica, monitorato dall’Osce, per il cessate il fuoco e l’effettivo controllo della frontiera; il ritorno delle autorità ucraine ai tre checkpoint di confine (Izvarino, Dohzhanskiy, Krasnopartizansk); il rilascio degli ostaggi inclusi gli osservatori Osce; il lancio di un sostanziale negoziato sull’attuazione del piano di pace del presidente Poroshenko».

Mosca dal canto suo adotterà delle misure per proteggere la propria economia e quella degli Stati dell’Unione doganale (Russia, Bielorussia e Kazakhstan) dopo la firma dell’accordo di associazione tra Kiev e l’Ue.