Ci vuol altro per accreditare come democratico un referendum. Così commentavano i media occidentali il voto referendario sull’indipendenza delle città del Donbass nell’est dell’Ucraina. Viene allora voglia di domandarsi adesso di fronte alle elezioni presidenziali di domani a Kiev: ma noi accetteremmo di andare alle urne mentre una parte del nostro Paese è in guerra, dilaniato in due? Può cioè considerarsi democratico un voto che avviene a colpi di cannonate contro i nuovi insorti dell’est, che ora rispondono in modo altrettanto sanguinoso all’offensiva militare del governo ucraino? Lo stesso che finora non ha risposto con un’inchiesta indipendente sulle reali responsabilità delle vittime di Majdan e sul massacro di Odessa sul quale tace il mondo intero?

Non è una libera e democratica espressione della volontà dei cittadini, una situazione che vede una parte consistente del Paese sotto assedio e in conflitto armato, mentre l’altra “tranquillamente” va ad una verifica elettorale dopo una rivolta di piazza che ha di fatto determinato la controrivolta dell’est ora sotto repressione. Perché, è bene ricordarlo, la rivolta di Euromajdan, solo inizialmente motivata in chiave filoeuropea e anti corruzione, con la cacciata del presidente Yanukovitch eletto solo due anni fa sostanzialmente proprio dalle regioni orientali, si è fortemente caratterizzata non solo come anti-Putin ma come separatista degli interessi dell’ovest ucraino contro quelli dell’est storicamente pro-russo se non russo a tutti gli effetti – come dimostrano i primi provvedimenti contro la lingua russa. E come dimostra, per reazione, la precipitazione indipendentista e panrussa della Crimea.

Era davvero impensabile che la rivolta di Majdan a Kiev, anche armata e gestita anche dall’estrema destra neonazista, ma acclamata da governi e media occidentali, non provocasse una risposta altrettanto violenta e separatista?

L’Unione europea invece di accreditare questo voto dovrebbe costruire un tavolo reale di pacificazione negoziale, invece di sostenere una parte contro l’altra come accade in modo criminale. E’ infatti inaccettabile il doppio standard europeo che approva le proclamazioni d’indipendenza “buone” – vedi il Kosovo nel 2008, sostenuta dagli Stati uniti – e invece bolla come terroriste quelle “cattive”.

Ma state tranquilli. L’Osce che “vigilerà” il voto, nella consuetudine di complicità con gli interessi spesso militari – come accadde verso la Nato per l’ex Jugoslavia nel 1999 – ha già fatto sapere a priori che “tutto andrà bene lo stesso”. Certo a est, dove si combatte, per la maggior parte non si voterà. Ci saranno però le urne a Kiev e in tante altre città, a Leopoli, magari sotto l’occhio benevolo degli interessi polacchi; i media si esalteranno e gli osservatori ratificheranno; exit poll e manifesti dei candidati. Che già troneggiano nella capitale ucraina. Quello dell’oligarca del cioccolato Poroshenko che farà fallire il sogno di rivincita della criminal-pasionaria Tymoshenko.

Gigantografie di carta che piuttosto che annunciare una verifica democratica reale quanto vitale per l’Ucraina, sembrano soltanto rivendicare la prepotenza nazionalista (già si annuncia la messa fuorilegge dell’influente Partito comunista ucraino), la pusillanimità dell’Unione europea e l’onnipresente ingerenza Usa. E mentre a Majdan resta il presepe di tende e vesti paramilitari a trasudare “eroismo”, a est scorre il sangue.

L’obiettivo di queste elezioni di scena è presto detto: confermare la leadership di Kiev uscita da una rivolta di piazza che si è autoproclamata “governo”, sostenere il circo degli oligarchi passati dal corrotto Yanukovitch a Euromajdan, ricevere il ritorno “salvifico” del Fondo monetario internazionale; entrare nell’anticamera dell’associazione all’Ue in modo da rompere ogni contatto con Mosca. Una scelta così grave che fa auspicare all’ex cancelliere tedesco Helmut Schmidt “una rivolta del Parlamento europeo contro gli eurocrati di Bruxelles, così si rischia la terza guerra mondiale”. Il risultato? Il rilancio del nefasto allargamento della Nato a est e la guerra calda ai confini della Russia.

E’ di questa Europa irresponsabile e subalterna che abbiamo bisogno? Quando è sotto gli occhi di tutti invece che il disastro politico dell’Ucraina, come già accaduto per la devastazione anche eterodiretta dei Balcani, anticipa la protervia dei nazionalismi, dell’estrema destra e dei populismi che deflagrano ormai in tutto il Vecchio Continente.