Hisham Barakat, il temibile procuratore generale del Cairo, è morto ieri in un gravissimo attentato dinamitardo ad Heliopolis, lungo le mura che costeggiano l’Accademia militare.

Secondo testimoni, le scene della più efficace azione contro le autorità golpiste erano devastanti: una voragine enorme si è aperta dove è avvenuta l’esplosione, sette autovetture sono andate completamente carbonizzate, altre 31 sono andate in fiamme, la deflagrazione ha danneggiato nove edifici. Sono almeno tre i civili morti nell’attentato e nove i giudici e autisti rimasti feriti.

Barakat è stato trasportato immediatamente nell’ospedale al-Nozha di Heliopolis dove però è morto per le ferite riportate durante un intervento di urgenza.

Il presidente Abdel Fattah al-Sisi, reduce da una visita in Germania dove ha incassato il disco verde anche di Angela Merkel nonostante le critiche mosse dal governo tedesco per le violazioni dei diritti umani e l’eccessivo ricorso alla pena di morte, si è immediatamente incontrato con il ministro dell’Interno, Magdy Abdel-Ghaffar, per stabilire misure di sicurezza straordinarie in vista del secondo anniversario dal colpo di stato il prossimo 3 luglio.

Poche ore prima dell’attentato il gruppo jihadista del Sinai Beit al-Meqdisi – che in varie occasioni ha riferito della sua affiliazione con lo Stato islamico (Is) – aveva pubblicato un video in cui mostrava l’uccisione di cinque giudici all’indomani della condanna a morte contro l’ex presidente Mohamed Morsi, confermata a metà giugno dal gran muftì di al-Azhar.

Secondo gli inquirenti, egiziani si tratta di una vera rivendicazione in relazione anche all’ondata di attentati jihadisti che nelle ultime ore hanno avuto luogo in Tunisia e nella moschea sciita del Kuwait.
I giudici sono diventati i primi obiettivi di gruppi jihadisti. Barakat, 65 anni, aveva ricevuto numerose minacce prima dell’attentato di ieri; il giudice nel processo Morsi, Khaled Mahgoub è scampato ad un attentato; stessa sorte è toccata a Fathi Bayoumi, impegnato nelle indagini per le accuse di corruzione contro Mubarak.

La magistratura egiziana, e Barakat in primis, ha deciso il pugno duro contro i Fratelli musulmani dopo il massacro di Rabaa dell’agosto 2013. Sono oltre mille le condanne a morte (alcune di queste già eseguite anche senza attendere la decisione della Cassazione), inclusi tutti i leader della Fratellanza, la guida suprema Mohamed Badie, e del partito Libertà e giustizia, Mohamed el-Beltagi.

Che la giustizia sia il nervo scoperto dell’Egitto di al-Sisi lo dimostra l’ascesa in fretta e furia ai vertici del ministero della Giustizia del discusso giudice, Ahmed al-Zind, che risale allo scorso maggio. Gli islamisti accusano i magistrati di essere politicizzati, di usare due pesi e due misure e, infine, di non avviare processi contro i responsabili del massacro di Rabaa.

Nelle scorse settimane, circolavano voci anche di un tentativo di omicidio di al-Sisi. L’attacco avrebbe colpito alcune vetture presidenziali senza coinvolgere in alcun modo il presidente egiziano.
L’Egitto attraversa una deriva autoritaria. Da ambienti della Fratellanza, si riferisce di 617 casi di desaparecidos dopo gli arresti di massa effettuati negli ultimi mesi.

Ma non soltanto gli islamisti sono nell’occhio del ciclone: undici ultrà sono stati condannati a morte per la strage di Port Said. Negli scontri di piazza tra polizia e tifosi morirono 74 persone.

Eppure ci sono stati anche segnali incoraggianti come il riavvio del processo contro Mubarak, con le accuse di aver ordinato di sparare contro i manifestanti nel 2011, direttamente di fronte alla corte di Cassazione. Insieme ai 15 anni di detenzione decisi contro l’ufficiale di polizia che ha ucciso l’attivista comunista Shaimaa el-Sabbagh alla vigilia del quarto anniversario delle manifestazioni di piazza Tahrir, il 24 gennaio di quest’anno.
E poi il movimento palestinese che governa Gaza, Hamas, è stato cancellato dalla lista dei gruppi terroristici sebbene le ruspe abbiano distrutto centinaia di abitazioni per allargare la zona cuscinetto con la Striscia nella città frontaliera di Rafah.