Doveva essere un normale Tso, trattamento sanitario obbligatorio. È diventata una tragedia, fra i campi di Carmignano (la frazione di Sant’Urbano, 2.125 anime nella Bassa padovana).
Mauro Guerra, trentenne, un passato da parà e un fisico massiccio (più di un quintale per 190 centimetri), nonostante la laurea e la passione artistica, continua a manifestare disturbi. Mercoledì è la famiglia che allerta carabinieri e 118. Non è la prima emergenza del genere: i precedenti di Mauro sono tali che si attiva la procedura per il Tso. Ma la situazione sfugge di mano: il ragazzo che indossa solo mutande e calzini in un primo momento sembra «gestibile», ma poi giusto davanti all’ambulanza dà in escandescenze e riesce a sfuggire.
I carabinieri lo inseguono: il brigadiere Stefano Sarto, 47 anni, arriva a «placcarlo». Ma una volta a terra, Mauro reagisce con tutta la sua forza. Calci e pugni, finché – secondo le testimonianze – inizia a colpire il militare alla testa. Così il comandante di stazione, il maresciallo Marco Pegoraro (insediato da tre mesi nella caserma competente a cavallo fra Bassa e Polesine) estrae la Beretta calibro 9 d’ordinanza. Spara in aria. Ma la colluttazione non si esaurisce. Così spara ancora e questa volta colpisce Mauro ad un fianco.
In breve, la tragedia si consuma perché i sanitari già presenti non possono evitarla. Medici e infermieri presenti per il Tso cercano di fermare l’emorragia. E intanto procedono con il massaggio cardiaco, mentre da Treviso si alza in volo anche l’elisoccorso. Tutto inutile. Mauro spira in mezzo ai campi, mentre arriva la sorella disperata che non riesce a superare l’area perimetrata intorno al cadavere.
Trascorre così più di un’ora. Il lenzuolo bianco con il cadavere del ragazzo e il via vai di carabinieri, inquirenti e sanitari. Elena Guerra sbotta fra le lacrime: «Lo ha visto prima il becchino di me». E ancora: «Neanche un cane si ammazza così. Lo avete ucciso, lo avete ucciso». Cerca un avvocato, ma anche di contattare l’associazione Federico Aldrovandi. Poi insieme ai genitori affronta anche i cronisti. Una famiglia già provata, alle prese con una morte imprevedibile e che è già diventata un caso.
Di Mauro affiora il profilo FB con le foto di quadri, magliette e disegni ispirati ad una fede religiosa personalizzata. Si era laureato in Economia aziendale, lavorava con un commercialista e di notte grazie al suo fisico faceva anche il buttafuori. In gioventù, paradossalmente, carabiniere ausiliario nel reggimento paracadutisti. Poi cultore di body building. Da tempo, Mauro era protagonista di episodi all’attenzione dei carabinieri: violenza in casa, comportamenti «strani», stranezze in piazza.
Ma ora il Tso è sfociato in ben altro. Spetta alla Procura della Repubblica di Rovigo accertare cos’è accaduto a Carmignano. Primo passo dell’inchiesta sarà l’esito dell’autopsia.
I carabinieri sono nell’occhio del ciclone. Il comandante che ha sparato dovrà risponderne alla magistratura e all’Arma. Il collega è stato ricoverato in prognosi riservata: il referto del pronto soccorso parla di frattura della teca cranica, della mandibola e di sei costole.
I genitori di Mauro hanno ribadito: «Era da solo e in mutande, non poteva far male». E sostengono che nessuno della famiglia aveva allertato il 118. Mauro era a casa con il fratello minore. Un altro aspetto che adesso dovrà essere appurato nell’inchiesta.