Ancora due operai morti. Famiglie spezzate da una tragedia che poteva essere evitata se vi fossero stati controlli, attenzione, rispetto delle norme. Questa volta è accaduto ad Aprilia, piccolo comune in provincia di Latina. I due operai si chiamavano Fabio Lisei e Roberto Papini, di 42 e 44 anni, originari di Viterbo e dipendenti di una ditta esterna che lavora per Acea (di cui è azionista al 51% il Comune di Roma, l’11,51% è di Gdf Suez S.p.A., il 15,03% è di Gaetano Caltagirone), società che gestisce l’impianto Kyklos di Aprilia in via delle Ferriere.

La dinamica è tristemente nota e ripropone un copione già andato in scena in molte altre aziende italiane. Il finale è sempre lo stesso. Operai che muoiono durante il lavoro. Fabio e Roberto, di professione autotrasportatori, stavano caricando la loro autocisterna di percolato e, a quanto risulta, erano purtroppo privi delle prescritte e obbligatorie protezioni. Le forti e letali esalazioni del percolato, forse una miscela di anidride carbonica e ammoniaca, fuoriuscite in seguito all’apertura di una botola dell’autocisterna, avrebbero determinato la morte immediata di uno dei due operai; l’altro avrebbe invece perso i sensi precipitando da un’altezza di circa due metri, decedendo pochi istanti dopo il compagno di lavoro, mentre un addetto dell’impianto stava tentando di rianimarlo.

Il percolato è un liquido prodotto dalla decomposizione dei rifiuti e possiede un elevato livello di inquinanti organici e inorganici che derivano dai processi biologici e fisico-chimici. È un liquido particolarmente pericoloso sia per l’ambiente che per la salute degli uomini. Secondo la normativa vigente, deve essere opportunamente trattato, previa la massima tutela degli operatori, nel sito stesso della discarica o destinato a impianti di trattamento di acque luride.

La Acea-Kyklos di Aprilia è un’azienda estesa su circa 90 mila metri quadrati di superficie e raccoglie circa 66 mila tonnellate di rifiuti annui da numerosi comuni pontini, trasformandoli in compost. Appena una settimana fa l’Acea ha deciso di investire su Kyklos per raddoppiarne, entro il 2017, il quantitativo di rifiuti organici da trattare, nonostante l’impianto sorga a pochi metri dalle abitazioni della zona. I residenti continuano a lamentare l’assenza di un’adeguata comunicazione, coinvolgimento, la diffusione di analisi puntuali sulle esalazioni che sono costretti a respirare giornalmente.

I rischi per gli operai, l’ambiente e i cittadini residenti nei pressi della fabbrica sono noti da anni e oggetto di denunce continue. Già nell’agosto del 2012 un grande incendio devastò parte dell’impianto della Kyklos, con conseguenze che potevano essere, anche in quel caso, drammatiche. Nel 2010, invece, l’amministrazione provinciale di Latina autorizzò un incremento della potenza del trattamento dello stabilimento Acea-Kyklos fino a un massimo di 66 mila tonnellate all’anno.

Intanto ad Aprilia la Procura di Latina ha aperto un fascicolo sull’episodio. Resta da capire cosa abbia provocato esattamente la morte dei due operai. Circostanze che verranno chiarite nei prossimi giorni, probabilmente con l’ausilio dei filmati delle telecamere di videosorveglianza che potrebbero fornire elementi preziosi per ricostruire la dinamica dell’incidente.

Per alcune ore, l’area attorno alla Kyklos è stata interdetta per varie centinaia di metri, per timore che lo sversamento potesse provocare altri casi di intossicazione. Dopo alcuni accertamenti, l’impianto del gruppo Acea ha riaperto le porte ai camion che conferiscono compost e le attività sono riprese regolarmente, mentre proseguono le indagini dei carabinieri, supportati dai tecnici dell’Arpa, dai vigili del fuoco, dal Noe di Roma.

Morire sul lavoro resta inaccettabile. In Italia si contano circa 3,5 morti al giorno sui posti di lavoro. Secondo l’Osservatorio indipendente di Bologna, nei primi 6 mesi del 2014 sarebbero deceduti sul lavoro ben 300 lavoratori, con un aumento rispetto ai primi 6 mesi del 2013 del 12%. Numeri che mettono i brividi e indignano per la loro annuale ciclicità.