Comunque la si pensi, sembra proprio che i mercati non abbiano granché fiducia in Twitter: ieri le azioni dell’azienda americana – all’apertura delle contrattazioni a Wall Street – sono arrivate a perdere il 23%. Ci sono alcuni motivi precisi, riguardo quello che nella breve storia di Twitter in borsa, è già un record negativo. Di sicuro hanno pesato le stime sulla crescita della società riguardo l’ultimo quadrimestre e pubblicate alcuni giorni fa. L’utile è stato di 10 milioni di dollari, un aumento del ricavo di circa il 116 percento, ma il problema è il mancato aumento degli utenti della piattaforma: gli user di Twitter sarebbero aumentati solo del 3,8 percento, rispetto al trimestre precedente (e negli anni scorsi il numero di utenti era salito sempre del 10, del 7 e infine del 6 percento).

Al di là dei numeri, c’è un problema di fondo che mina la fiducia degli investitori e del mercato nel confronti di Twitter: essendo il suo business per lo più basato sull’advertising (su pc e mobile), la mancata crescita consistente degli utenti, insieme al consolidato limite dato dagli utenti falsi o dormienti, ovvero di chi si iscrive e poi non usa il proprio account, costituisce un ostacolo a prospettive di crescita. L’advertising – e quindi le entrate di Twitter – si basano sui «promoted tweets», i cinguettii segnalati come pubblicità.

Il problema è che nel corso del tempo l’entità di questo introito rischia di calare vistosamente. Dalle parti dell’azienda fondata da Dorsey rassicurano: è normale, hanno sempre detto, questi dati aumenteranno, come gli utenti. Per ora però, questa crescita non c’è stata e il dubbio che il marketing, in questo caso, non sappia creare profitto dalle reti sociali, on line, è decisamente consolidato. Non che l’azienda americana non stia valutando altre forme di monetizzazione.

Allo stato attuale delle cose, Twitter per migliorare l’ appetibilità sul mercato può agire su quattro variabili, come segnalato da Quartz: aumentare le iscrizioni, consentire un aumento dell’uso di Twitter da utenti già iscritti o nuovi, mostrare loro più advertising, aumentare il costo della pubblicità lato investitore. Possibilità, ma allo stesso tempo limiti. Per questo Twitter si sta muovendo all’interno delle logiche che provano a valorizzare i propri utenti e con essi i loro messaggi: ovvero, vendere i dati. Lo fa con le società di marketing e lo farà sul tema della musica, ponendosi come potenziale soluzione di crescita del mercato musicale in generale. Twitter ha infatti chiuso un accordo con 300, società fondata da Lyor Cohen, ex ceo di Warner.

Trattativa non economica, ma che consente a 300 di accedere ai dati di Twitter, prima non disponibili, circa le citazioni musicali dei suoi utenti. Analoga soluzione sarebbe in corso tra Twitter e la Cnn, per una piattaforma ad hoc per giornalisti. Si tratta di due percorsi che potrebbero dare vita a nuove soluzioni, capaci di unire business, informazioni e mondo digitale. Che poi siano appetibili sul mercato azionario, sarà tutto da capire.