Julia Ioffe, giornalista del magazine americano The Atlantic, ha scoperto e diffuso la notizia riguardo lo scambio di messaggi strategici avvenuti durante la campagna elettorale tra il figlio maggiore di Trump, Donald Jr, e l’organizzazione guidata da Julian Assange, WikiLeaks, che secondo i servizi segreti americani, ha collaborato con Mosca per pilotare le elezioni Usa. Lo scoop è stato poi confermato dallo stesso Don jr che, ancora una volta, ha pubblicato su Twitter lo scambio di messaggi con Assange. Alan Futerfas, avvocato di Don Jr, ha dichiarato di non essere preoccupato in quanto «a ogni domanda sollevata è già stata data una risposta nelle sedi appropriate»; il vicepresidente Mike Pence si è detto all’oscuro di tutto, mentre Assange conferma, ricordando un suo tweet di luglio in cui si annunciava un contatto con Trump Jr.

GLI SCAMBI FRA WIKILEAKS e il figlio dell’allora candidato repubblicano sarebbero continuati tramite messaggi privati su Twitter. Nei messaggi durati per tutta la campagna elettorale, si è parlato di diffondere documenti hackerati ma anche, in caso di vittoria di Hillary Clinton, di strategie per non riconoscere il risultato elettorale, fino a pressioni per chiedere al governo australiano di nominare Julian Assange ambasciatore a Washington.

Don jr avrebbe coinvolto Steve Bannon e Kellyanne Conway, ora responsabile di Trump per le comunicazioni, e almeno una volta ha seguito i consigli di Assange, quando nel luglio 2017, per anticipare lo scoop del New York Times, ha diffuso personalmente il suo scambio di mail con i russi.

Giocare a scacchi con i media è stata per tutto il tempo la strategia di Assange che, come si legge nei messaggi, avrebbe voluto pubblicare parte della dichiarazione dei redditi di The Donald per sembrare meno di parte ed era spinto da profonde ragioni personali per non volere Clinton presidente.

WIKILEAKS AVEVA DIFFUSO dichiarazioni della candidata democratica che proponeva tra il serio e il faceto di stanare Assange con i droni, e in uno dei messaggi a Don jr si legge: «Obama e Clinton hanno fatto pressioni su Svezia, Regno Unito e Australia affinché mi perseguissero in maniera illegale». Proporlo come ambasciatore avrebbe mandato «un segnale a Regno Unito e Svezia per incoraggiarli a smettere di piegare la legge per ingraziarsi i Clinton». Nel tentativo di indebolire Clinton, Assange aveva stretto patti con chiunque le si opponesse, inclusa Jill Stain, la candidata del partito verde.

MA IL RUSSIAGATE non si ferma a Wikileaks; il ministro della giustizia Jeff Sessions è stato sentito dalla commissione Giustizia della Camera che indaga sui possibili rapporti tra il Cremlino e lo staff di Trump. L’audizione aveva tre linee principali di indagine: le eventuali collusioni di Sessions con la Russia, un insabbiamento della collusione dello staff di Trump e la volontà di abusare della sua posizione per danneggiare i nemici di Trump. In aula Sessions ha accusato molti vuoti di memoria, ad esempio sull’incontro tra il collaboratore volontario di Trump, Papadopoulus, imputando alla caotica campagna elettorale repubblicana l’aver dimenticato il colloquio con il consigliere sull’aprire un canale di comunicazione con Mosca.

SI È ANCHE PARLATO di una nomina da parte del dipartimento di giustizia di un secondo procuratore generale per indagare su temi che preoccupano i repubblicani, le eventuali violazioni della Fondazione Clinton e la vendita di una società di uranio alla Russia nel 2010, quando Hillary Clinton era segretario di Stato. Uranium One, impresa che detiene un quinto degli approvvigionamenti di uranio Usa e gestisce mine in Wyoming e Utah, è stata acquisita nel 2010 dalla russa Rosato con l’ok del Dipartimento di Stato guidato da Clinton; i repubblicani sostengono che Obama approvò l’accordo dopo che la fondazione Clinton aveva ricevuto una donazione da 145 milioni di dollari e che una parte dei soldi non sono stati dichiarati.

DURANTE LA DEPOSIZIONE Sessions ha però detto di non avere basi sufficienti per nominare un consulente speciale e indagare Hillary Clinton, e che il suo dipartimento deciderà «senza influenza politica e correttamente». A fronte delle prove che i repubblicani dicono di possedere, la dichiarazione di Jeff Sessions potrebbe suonare come una merce di scambio per fermare le speculazioni sul suo conto.