The Purge, incontro western molto ravvicinato con i temi dell’epurazione e della purificazione sociale. Ci troviamo nel 2022, l’America non è mai stata così florida. Disoccupazione all’1%, violenza e povertà pressoché soppiantate, crimine al minimo storico. Con un’eccezione.
«Benedetti siano i Nuovi Padri Fondatori che ci permettono di purificare le nostre anime. Benedetta sia l’America, una nazione risorta». Prima del 2022 gli Stati Uniti erano al collasso: quadruplo default seguìto da un crollo dei mercati in poco tempo. Realtà o fantasy? Stando agli analisti di Bloomberg, ad oggi, il mercato del lavoro americano ha creato 195mila occupati, rinvigorendo la convinzione di chi vede il tramonto degli stimoli della Federal Reserve. Ma i «senza lavoro» crescono con velocità paurosa, per un tasso lontano dal 6,5% auspicato da Bernanke. Disoccupazione inchiodata quindi al 7,6% da maggio 2013.
The Purge: La notte del giudizio– diretto da James DeMonaco, prodotto dalla Blumhouse Productions di Paranormal Activity e Sinister, in sala dal primo agosto – parte proprio da qui. Dalla paura di una recessione silenziosa. Scenario oscuro, non solo americano, tra guerriglie urbane e svalutazione del dollaro. «Stavamo precipitando nel peggior tracollo economico di sempre» dichiara a un certo punto l’esperto in televisione. «La criminalità pubblica era aumentata esponenzialmente. Fino all’arrivo dei Nuovi Padri Fondatori, eletti con l’intento di dar vita a un drastico provvedimento. La decriminalizzazione dell’omicidio per una notte soltanto. Lo sfogo, la purificazione equa di una società dominata dalla rabbia. Nessuno costringe la popolazione a commettere omicidi o atti di vandalismo. Ma è sotto gli occhi di tutti che il progetto sta funzionando».
Basta immaginare che una notte l’anno ogni crimine è permesso – assunto notevolissimo – e The Purge  (34 milioni di dollari nel weekend d’apertura a fronte dei modesti 3 milioni di costo) può cominciare. Per quasi tutto il tempo, il film resta chiuso «dentro», nella ricca magione dei Sandin: James (Ethan Hawke) ha fatto una fortuna con i suoi impianti di sicurezza e sistemi d’allarme. Li vende a caro prezzo, nella prostituzione domestica di famiglie come la sua, arricchite, perverse, il capolavoro erotico dell’American Beauty. I vicini dei Sandin salutano imperiosi, felici, hanno tutti l’allarme, regalano biscotti, curano il prato, sono per l’esecuzione sommaria ma non la praticano (fino a prova contraria), piuttosto, la notte, rinchiudono i finti sorrisi in casa per guardare un po’ di tv. Quegli impianti di sicurezza rappresentano la linea di demarcazione tra il fuori e il dentro, ma le prossime 12 ore notturne a cui stiamo per assistere dimostrano che i poveri non sono al sicuro mai, e che a persone come James e la moglie Mary (Lena Headey) non basta fingere di appoggiare l’epurazione americana per salvarsi. Devono vivere quell’esperienza sulla propria pelle, dando consistenza e credibilità alla famiglia cristiana. Al bisogno di sfogare la rabbia e il marcio che si annida anche nei propri figli, forse meno corrotti, meno degeneri di papà e mamma.
In The Purge abbiamo a che fare con tre livelli di assedio: affettivo (il fidanzato sballato della figlia di James vorrebbe usare l’arco di tempo a disposizione per assassinare il padre di lei, tanto nessuno lo metterà in prigione), civile/sociale (Charlie, il figlio più piccolo dei Sandin, disarciona il super-allarme e lascia entrare in casa un senza tetto di colore, salvandolo da morte certa ed innescando una spedizione punitiva dal giardino al salotto) e casalingo (il Male – razzisti mascherati, bulli armati fino ai denti, famiglie borghesi assettate di vendetta – sfonda senza pietà la Torre d’Avorio dei Sandin per reprimere un malessere da status quo, già narrato da Wes Craven nel sudicio La casa nera). 85 minuti dove sembra di guardare Hostage,The Strangers e Chi è sepolto in quella casa? in un solo giro di sirena.
Il concetto di «casa» – presa d’assalto e difesa a rischio della vita – è vitale nel cinema americano di genere o in commedie nero-candido come Mamma, ho perso l’aereo. Casa/home, tema sottile, folle, pericoloso: Steven Spielberg da anni ha nel cassetto il soggetto di I’ll Be Home però non riesce a girarlo per paura: tema sacro, la casa. Vittime e carnefici sono al tempo stesso eroi da peplum e giustizieri alla Rambo sfida la città.
L’indomani, trascorsa la notte del crimine, i sopravvissuti si radunano tutti attorno a un tavolo di cristallo: i cattivi fanno la figura di Valeria Marini che recita la poesiola criptica in Gole ruggenti, i (presunti) buoni diventano per pochi momenti anti-americani. Salvo redimersi, fino alla prossima epurazione: 2023. Dieci anni da ora.