«Non sono venuto qui per chiedere soldi al governo tedesco», ha assicurato sorridente Alexis Tsipras dopo il suo primo incontro con Angela Merkel. Confermando così il clima rilassato, piuttosto cordiale, solo un po’ imbarazzato, di questo primo incontro tra i due. Il premier greco è stato diplomatico, europeista e rispettoso verso l’ospite. Ha riconosciuto che la crisi greca ha principalmente cause interne, tutte politiche. Il suo governo è chiamato rimediare con le «riforme dovute e necessarie». Ha sottolineato il valore del dialogo «specialmente quando ci sono divergenze d’opinione» e rigettato le accuse ai greci di «essere pigri» come quelle contro i tedeschi di essere tornati «nazisti»: «Ho sgridato i responsabili del giornale del mio partito per una vignetta simile» (a quella uscita con Merkel su der Spiegel, ndr).

Ma questo spirito europeo, di pari dignità di tutti i popoli e i paesi membri, non gli ha certo impedito di ribadire che la politica applicata in Grecia negli ultimi cinque anni è stato un «tragico fallimento», che ha creato un «costo sociale senza precedenti» e acuito le diseguaglianze. L’austerità è improponibile. La Grecia, da parte sua, «non cancellerà quello che si è ottenuto in questi anni», quindi niente ritorno a politiche di deficit. Anche se rimane il grosso problema del debito.

E non è finita. Tsipras ha voluto essere il primo premier greco a sollevare pubblicamente e dentro il palazzo della Cancelleria la spinosa questione del debito e delle riparazioni di guerra, non come tema legato alla crisi ma come «questione morale». La risposta della cancelliera è stata interlocutoria: «Legalmente la questione è chiusa, ma ne riparleremo. Purtroppo le atrocità naziste in Grecia sono poco conosciute dai tedeschi».

Tsipras ha anche toccato – anche qui per la prima volta – le responsabilità della Siemens in un grosso scandalo di tangenti verso i due ex partiti di governo greci, per più di un decennio. La giustizia tedesca ha proceduto spedita nell’inchiesta, ora Atene chiede la sua collaborazione. In pratica, si tratta di mettere sotto accusa buona parte della vecchia classe politica greca.

Il muro sta crollando, il ghiaccio si scioglie e l’ex combinaguai si dimostra – in eurovisione – un leader politico di prima grandezza, interlocutore riconosciuto e legittimato, con cui si può e si deve dialogare. Senza fare marcia indietro sul suo programma, senza prostrarsi di fronte alla potenza egemone.