Cur moriatur homo, cui salvia crescit in horto? Contra vim mortis non est medicamen in hortis. Salvia salvatrix, naturae conciliatrix.

«Come può morire un uomo al quale cresce la salvia nell’orto?» si domandavano i sapienti della Schola Medica Salernitana e talmente era risaputa e conosciuta la virtù di questa erba che il Boccaccio in una novella del Decamerone, la settima della quarta giornata, riuscì a suscitare lo stupore di tutti narrando di un povero infelice che era morto incredibilmente avvelenato dopo aver masticato, per pulirsi i denti dopo il pasto, alcune foglie di salvia. Il mistero venne risolto, una grossa «botta», un gran rospo nascosto sotto terra, con il suo fiato aveva contaminato la pianta. E’ la salvia una pianta originaria dell’Italia, conosciuta dai tempi più antichi e talmente apprezzata che il suo etimo si intreccia con la salute stessa, con la salvezza nella lingua latina.

Seppur ci limitassimo alla salvia più comune, la officinalis, dovremmo annoverare infinite varietà. Ce ne sono a foglie minuscole, o a foglie grandi, a fiori azzurri, bianchi e rosa… E tutte le officinalis possiedono i poteri curativi accertati che la rendono essenziale negli orti. Si adatta ai più svariati tipi di terreno, resiste alle intemperie e solamente geli eccezionali possono nuocerle. Si riproduce facilmente per talea, si possono fare rametti di 10 centimetri ed interrarli in vaso, se si procede in autunno a primavera avremo pronte nuove piantine.

Si possono interrare direttamente grosse branche e provvedendo a bagnare se il tempo dovesse rimanere secco avremo piante già sviluppate nella bella stagione. Da seme ugualmente si possono riprodurre ma la varietà che otterremo non corrisponderà sempre a quella dalla quale avremo prelevato il seme. E’ una labiata ed i semi sono tondi come quelli del basilico.

Di salvia non c’è solamente la officinalis, le altre specie superano le cinquecento ed esistono nei cinque continenti. Più comune in Europa la salvia sclarea, detta erba degli artisti, le foglie larghe si possono impanare con una leggera pastella, con gli oli che se ne ricavavano (una essenza aveva la proprietà di eccitare la fantasia), la salvia divinorum degli Aztechi era usata ai fini cultuali. Se esistono centinaia di specie, tutte hanno in comune la forma del fiore, particolarmente amato dalle api. In occasione di una mostra all’Orto Botanico di Bergamo Lorenzo Rota, in collaborazione con Le essenze di Lea, furono presentate trecento specie provenienti da ogni parte del mondo. Salvie altissime dal tronco spesso come quello di un arbusto, dalle foglie e dai fiori dai colori più sgargianti. Un modello molto ingrandito del fiore mostrava come le api potessero contribuire alla fertilità delle salvie. Si trovano sul mercato salvie denominate ananas o mandarino dal profumo che emanano le foglie se strofinate. Sono salvie che raggiungono quasi i due metri, l’autunno è la loro stagione quando le lunghe lingue rosse fiammeggiano negli orti e nei giardini. Arrivati di recente in Italia sono i semi di chia, una salvia (salvia hispanica) anche questa, largamente impiegati nella preparazione di pani speciali. Ho provato a seminarne, hanno un ciclo lunghissimo, dalla primavera a questo autunno, quando tante piante alte e verdi mostrano i fiorellini azzurri.