Il colpo d’occhio è inusuale a Cuba e perciò impressionante. Le delegazioni di 33 Paesi, capi di stato o di governo e relativi ministri degli esteri, riunite attorno a un grande tavolo alla presenza del segretario generale dell’Onu e dei rappresentanti di altre organizzazioni regionali, e su un grande schermo i colori sgargianti delle bandiere. Ma è soprattutto l’assenza di due delegazioni e bandiere a sottolineare l’importanza del secondo vertice della Comunità degli stati dell’America latina e dei Caraibi (Celac) iniziata ieri all’Avana: mancano il Canada e soprattutto gli Stati uniti, la potenza che negli ultimi 150 anni ha fatto e disfatto per i propri interessi- gli equilibri del subcontinente latinoamericano e caribegno.
Una comunità di 600 milioni di abitanti la cui potenziale economia –se si sommano i 33 paesi – costituisce la terza potenza mondiale (6,06 bilioni di dollari) con un Pil che nel 2012 è cresciuto del 3,1%, superando la media mondiale; che possiede, tra l’altro, un quinto delle riserve mondiali di petrolio e il 40% delle disponibilità idriche rinnovabili mondiali, dimostra la sua volontà di autonomia dal potente Nord e la ricerca di una propria via di sviluppo e integrazione regionale. E Cuba, per più di cinquant’anni messa al margine per volontà degli Usa, recupera un ruolo di protagonista in questa nuova fase. La presidenza di turno cubana ha voluto enfatizzare che questo evento – simbolicamente cade nel 161° anniversario della nascita del politico e poeta cubano José Martí che assieme a Simon Bolivar è stato uno dei maggiori teorici della “Patria grande” latinoamericana- ha anche il carattere di una festa nella quale una comunità ritrova se stessa e le proprie radici culturali, iniziando il vertice con un’orchestra di giovani musicisti che ha suonato i motivi e i ritmi più famosi dei paesi presenti, son-guajira, samba, merengue, cumbia, tango…
All’inizio del discorso programmatico di apertura del vertice, il presidente Raúl Castro ha voluto ricordare con un minuto di silenzio Hugo Chávez, il leader che più si è prodigato per la nascita della Celac. E propro ricollegandosi allo scomparso presidente venezuelano, ha messo in luce come la Celac, «nostante l’esistenza di diversi e anche differenti modelli politici», deve rappresentare una nuova visione del subcontinente latinoamericano e caribegno con l’obiettivo di creare uno spazio politico comune nel quale affrontare le grandi sfide: autodeterminazione e difesa della sovranità nazionale, migliore distribuzione dei redditi, progresso economico e culturale. Per questa ragione, ha continuato Raúl Castro, la presidenza protempore di Cuba ha individuato come temi centrali del vertice dell’Avana «la lotta contro la povertà, la fame e la diseguaglianza sociale», in modo che l’America latina cessi di essere la regione con «la più grande disuguaglianza».
Su questi temi, ha riferito il presidente cubano, «sono stati fatti passi avanti, ma sono stati lenti e instabili». Nel 2012 il tasso di povertà è stato ridotto dell’1,4%, ma rimane alto: il 28,2% della popolazione dell’America latina e dei Caraibi (164 milioni di persone), è povero; mentre poco è stato migliorato il tasso di estrema povertà che rimane al 11,3% e che riguarda ben 23,3 milioni di bambini e adolescenti. «Il 10% più ricco della popolazione latinoamericana riceve il 32% delle ricchezze totali, mentre il 40% più povero non raggiunge il 15% ».
Dunque, i popoli della regione chiedono e pretendono «una migliore distribuzione delle ricchezze e degli introiti, un accesso universale e gratuito a un’educazione di qualità, il pieno impiego, la sicurezza alimentare, assistenza sanitaria generalizzata, il diritto alla casa e all’acqua potabile». Obiettivi possibili con uno sfruttamento più equo delle grandi risorse che ha il subcontinente. Raúl ha messo in chiaro che «sono innegabili i benefici degli investimenti esteri», ma anche i vantaggi che ne traggono le compagnie multinazionali. Infine, il presidente cubano ha affermato che «non vi è sviluppo senza pace. Per questo abbiamo proposto di proclamare la nostra regione come una Zona di pace che bandisca la guerrae l’uso della forza, nella quale tutti i contenziosi vengano risolti al nostro interno per vie pacifiche e in base al diritto internazionale».
La piattaforma proposta da Cuba dovrà essere approvata dai 33 leader della Celac e verrà ratificata oggi alla conclusione del vertice.