Nuovo record per Alitalia: è riuscita ad avere tutti contro, dai sindacati alle forze politiche di centro, di destra e di sinistra, grazie al suo “non-piano” industriale che ha subito fatto proclamare ai sindacati 24 ore di sciopero per il prossimo 5 aprile, con il coinvolgimento di tutto il personale del gruppo. Mentre già lunedì Filt Cgil & c. si faranno sentire al tavolo fissato con il governo, al quale siederanno i ministri Calenda, Poletti e Delrio, oltre ai manager aziendali fra cui potrebbe esserci la new entry Carlo Gubitosi.
I numeri dati dal sempre più discusso amministratore delegato Cramer Ball, che ha parlato di “misure dolorose ma necessarie”, raccontano che il non-piano prevede 2.037 esuberi per il personale di terra, sia per lavoratori a tempo determinato che a tempo indeterminato (1.338 a tempo indeterminato, 558 a tempo determinato e 141 nell’estero). A questi si aggiungerebbero 400 addetti di volo per i quali la solidarietà difensiva scade a dicembre. In più l’azienda ha chiesto anche tagli salariali del 28% per i piloti di medio raggio, del 22% per i piloti di lungo raggio, e del 32% per gli assistenti di volo.
A fare le pulci al non-piano c’è anche il Pd di osservanza renziana, con Michele Anzaldi della commissione trasporti: “Possibile che gli unici tagli per risparmiare colpiscano i dipendenti? Una mia interrogazione vuole sottolineare che i maggiori sprechi dell’azienda deriverebbero da altre voci. In base all’ultimo bilancio, il costo medio per dipendente è solo il 16,5% dei costi totali, inferiore a quello di Air France, Lufthansa e British Airways, e in linea con la media di vettori low-cost come EasyJet o Wizzair. I veri problemi di Alitalia derivano da altri costi, tutti sopra la media: leasing aeronautico (+11%), manutenzione aerei (+24%), handling e assistenza passeggeri (+20%), spese di vendita con riconoscimento di diritti d’intermediazione pari al doppio di quelli applicati dai Crs, contratti di ‘hedging’ carburante fuori misura che hanno fatto pagare la benzina avio a prezzi maggiori pur col calo del greggio, e controlli inadeguati sugli acquisti dai fornitori”.
Interrogazione al governo pronta anche da parte di Sinistra italiana: “Al terzo giro di ristrutturazioni in dieci anni – osserva Stefano Fassina – altri 2.037 licenziamenti si aggiungono ai 12mila già avvenuti. Continuano a pagare lavoratrici e lavoratori a fronte di piani industriali improvvisati e management inadeguato, ma sempre premiato con buonuscite milionarie. Basta colpire il lavoro per compensare l’assenza di investimenti e l’incapacità manageriale”. Sulla stessa linea Rifondazione con Roberta Fantozzi, e la forzista Renata Polverini.
Quanto ai sindacati di categoria, bastano le parole di Claudio Tarlazzi della Uil Trasporti: “Il piano non è assolutamente credibile dal punto di vista industriale, e non è ricevibile sul piano salariale”. Mentre Nino Cortorillo della Filt sottolinea: “Oggi non ci è stato presentato un vero piano industriale, che può prevedere un taglio dei costi ma in una prospettiva di rilancio. Questo invece prevede solo un taglio dei costi”. Il governo avrà parecchio lavoro da fare, perché l’ok dei rappresentanti dei lavoratori è condizione indispensabile per gli azionisti italiani (Unicredit e Intesa San Paolo), prima di finanziare per l’ennesima volta l’ex compagnia di bandiera. Un’Alitalia che per giunta è alla vigilia dell’ennesima crisi di liquidità. E che oltre allo sciopero del 5 aprile deve far fronte anche alla mobilitazione degli assistenti di volo, da tempo fissata proprio per lunedì prossimo.