Grande è la confusione che regna ai vertici dell’economia. A Francoforte il governatore della Banca centrale europea Mario Draghi spiega alla finanza che non ha nulla da temere e, allo stesso tempo, si scontra con Angela Merkel sull’impossibile rotta dell’austerità a tutti i costi. A Parigi, l’Ocse persevera nel raccomandare ulteriori liberalizzazioni del mercato del lavoro, mentre dichiara – per la prima volta – che «altre riduzioni salariali non creeranno né nuovi posti di lavoro né nuova domanda». A Bruxelles, l’Unione Europea punta tutto sulla crescita delle esportazioni e, allo stesso tempo, fa partire la guerra di sanzioni con la Russia, con inevitabili riflessi sull’export. A Roma, infine, il governo presenta nuove promesse di cambiamento in mille giorni, ma scopre di non avere soldi per gli stipendi degli statali. E moltiplica gli annunci di nuove spese e sgravi fiscali, giurando che rispetterà comunque i vincoli europei.

È evidente il disorientamento dei governi nazionali, e delle istituzioni monetarie europee, di fronte al fallimento delle politiche di austerità dall’inizio della crisi. Recita il motto latino che «errare è umano ma perseverare è diabolico». Siamo dunque scivolati nell’inferno economico europeo? Oppure, più amaramente, i nostro policy maker e i loro tecnici hanno perso definitivamente la bussola dell’economia?

Di fronte a questa confusione che regna ai «piani alti» dell’edificio europeo, non resta che ripartire dal basso e ritornare, pazientemente, all’abc dell’economia e riflettere, senza pregiudizi, sulle radici della attuale crisi, sul che cosa si produce, sul funzionamento mercato del lavoro, sul significato profondo di crescita economica, di disuguaglianza e produttività, sul potere della finanza, sull’importanza dell’azione pubblica, e sulle politiche, che in una economia avanzata come quella europea, ma in deficit di crescita, possono ancora funzionare.

È quello che si sta facendo, da lunedì scorso, alla Scuola estiva «L’economia com’è e come può cambiare» organizzata dal Dipartimento di Economia Società Politica dell’Università di Urbino «Carlo Bo» in collaborazione con Sbilanciamoci!

Centotrenta persone, dai 17 ai 70 anni, che passano una settimana a studiare l’essenziale sull’economia, e a discutere in maniera disincantata e fuori dai luoghi comuni di come uscire dai nostri guai economici. Cinque giorni di lezioni, seminari, gruppi di lavoro per comprendere il funzionamento dei sistemi economici e le alternative in Italia e in Europa.

Il corso non è un semplice ciclo di lezioni per neofiti di economia. In effetti, la Summer School di Urbino è una opportunità culturale che ha lo scopo, non facile, di ricondurre al centro del dibattito la riflessione ampia sui temi economici e sociali e, dunque, anche su quelli della politica.

Ciò ha richiesto da parte dei relatori, e degli iscritti, una riconsiderazione critica dei fattori che determinano il funzionamento delle società complesse come la nostra, ponendo, ovviamente, al centro dell’attenzione la sfera delle relazioni economiche, e la loro connessione con la sociologia, con la politologia, con la statistica e con la giurisprudenza.

La Scuola è stata articolata in lezioni frontali, seminari didattici e gruppi di lavoro per approfondire le tematiche specifiche, e per capire se un’altra economia, un’altra Europa, un’altra organizzazione dell’euro e del lavoro è ancora possibile.

Perciò, la Summer School ha richiamato tutti coloro, che desiderosi di capire ed imparare, “non si accontentano” dell’informazione, sovente approssimativa e inesatta, dei media, del web, della carta e della televisione.

E per questo, hanno partecipano all’evento i giovani, gli studenti, le persone attive nelle associazioni, nel terzo settore e nella cooperazione, nel mondo dell’informazione, nei movimenti, nel sindacato, e gli operatori economici e sociali, della pubblica amministrazione, di enti locali e imprese.

Insomma, un nuovo evento culturale piccolo ma indispensabile che ha messo insieme tanti studiosi, provenienti da diverse università italiane e dai settori istituzionali, e nuove energie che vogliono contribuire ad “aggiustare” il meccanismo della bussola economica, incrinato da ormai troppo tempo.

Il rilancio della cultura non può che aiutare questo processo.