La lingua batte dove il dente duole. Si potrebbe sintetizzare con questo verso ironico di Franco Fortini, lo scandalo dell’esame farsa di italiano, sostenuto presso l’università per stranieri di Perugia dal calciatore dell’Atletico Madrid Luis Suarez per essere italianizzato, prima dell’acquisto da parte della Juventus.
L’ operazione poi è sfumata perché il calciatore non rientrava più nei piani della squadra bianconera. Lo scandalo rimane e la magistratura di Perugia sta indagando. A fronte di queste operazioni poco chiare, ci sono società di calcio che portano avanti programmi seri e interessanti sullo studio della lingua italiana, per consentire ai calciatori stranieri impegnati nelle squadre di serie A di imparare la nostra lingua ed esprimersi al meglio nel rettangolo verde dove sono protagonisti la domenica e fuori durante il tempo libero.

Tra le tante società di calcio scandagliate, la più interessante è parsa l’Atalanta, che agli ottimi campionati disputati negli ultimi anni, fino a conquistare l’accesso alla Champions League e alla buona posizione in classifica del campionato in corso, abbina programmi di studio di qualità, affinché i calciatori atalantini imparino la lingua italiana. La squadra bergamasca, allenata da Gian Piero Gasperini, conta nella sua rosa ben il 65,38% dei giocatori stranieri, che parlano una lingua diversa dall’italiano e risulta essere una delle squadre di Serie A con il più alto profilo multietnico e multilinguistico. Se spostiamo l’attenzione ben oltre la prima squadra ed estendiamo la questione anche al Settore Giovanile, la politica linguistica dell’Atalanta va di pari passo con l’aspetto educativo. I ragazzi che fanno parte del Settore Giovanile sono 350 dei quali 300 vivono presso la loro famiglia e 50 presso il convitto la Casa del Giovane, che accoglie i ragazzi dall’estero, in particolare provenienti dalla Polonia, dalla Croazia, dalla Slovenia e soprattutto da numerosi paesi dell’Africa.

I tutor
Sono giovani calciatori dei quali si occupano cinque qualificati professionisti interni all’Atalanta, che svolgono il ruolo di tutor. Per loro si pone il problema dell’educazione linguistica, che avviene in diversi ambiti: sia presso la Casa del Giovane, dove vivono, grazie alla collaborazione di alcuni educatori, sia a scuola, dove frequentano un istituto professionale perché imparino un mestiere e abbiano anche un titolo di studio. Per i giovani promettenti calciatori, che sperano prima o poi di entrare a far parte della prima squadra e compensare i disagi vissuti, l’Atalanta favorisce il legame con il paese di origine, consentendo loro di frequentare corsi on line via Skype, tenuti da insegnanti dei paesi di provenienza. Un modo che consente ai più giovani di mantenere uno stretto legame con la cultura e la lingua del proprio paese e di preservare le radici. Una proposta educativa alta, quella dell’Atalanta, portata avanti in una terra dove la Lega di Bossi prima e di Salvini poi ha attecchito a lungo, sostenendo che gli stranieri devono adattarsi alla nostra cultura e lasciare le loro tradizioni linguistiche e culturali: «Da questa situazione emerge chiaramente da un lato l’attivazione da parte dell’Atalanta di strategie volte all’integrazione e all’inclusione dei giovani stranieri, per i quali l’apprendimento della lingua italiana gioca un ruolo fondamentale per il processo formativo e dall’altra si evidenzia l’importanza di favorire il mantenimento e la valorizzazione della lingua d’origine» sostiene Sara Colombo docente all’Università Rhainische Friedrich-Wilhelms di Bonn, che ha seguito il progetto dell’Atalanta e lo ha presentato nel corso di un convegno sulle politiche linguistiche delle società sportive, promosso dall’Università per stranieri di Siena.

Gasperini
L’allenatore dell’Atalanta Gian Piero Gasperini, vuole che in campo i calciatori stranieri parlino l’italiano, in modo che le indicazioni tattiche impartite dalla panchina siano chiare a tutti, perciò la società bergamasca mette a disposizione dei calciatori della prima squadra docenti di italiano. Qualcuno è andato ben oltre le due ore di lezioni settimanali e l’acquisizione di un linguaggio tecnico da utilizzare in campo e si è comprato anche i libri per studiare l’italiano per parlare in modo corretto, come il difensore tedesco Robin Gosens, mentre il giovane Matus Repa, attaccante slovacco nella rosa dell’Under 17, ha seguito un corso di alfabetizzazione promosso dal Miur.

Basket e volley
Se Gasperini vuole che si parli italiano in campo in modo da essere capito da tutti quando dà indicazioni tecniche dalla panchina, nel basket di serie A, in campo prevale l’inglese, vista la presenza di numerosi giocatori americani. Anche i coach di pallacanestro dalla panchina si esprimono in inglese, nel suo complesso il mondo del basket non avverte alcuna esigenza di organizzare corsi di italiano per giovani atleti stranieri. Nella pallavolo per quanto riguarda le squadre della serie A, l’elemento unificante tra le 14 lingue presenti sotto la rete, prima delle schiacciate, è ancora l’inglese e non si avverte alcuna necessità di esprimersi in italiano, forse anche per la rapidità delle azioni rispetto al calcio, mentre da tutti è avvertita la necessità di un mediatore sociolinguistico all’interno della società sportiva che favorisca l’inserimento dei giocatori. In particolare l’esigenza di questa figura è avvertita da coloro che si trasferiscono con la famiglia. Chissà se il prosciugamento degli incassi dovuti al Covid consentirà alle squadre di serie A di pallavolo e di pallacanestro di istituire la figura di un mediatore linguistico, soprattutto in quegli sport che non hanno giri d’affari milionari come quelli prodotti dalla sfera di cuoio. Il calcio globalizzato, comporta sempre più una presenza multietnica dei giocatori e all’Atalanta hanno capito da tempo che il rendimento in campo e la conoscenza della lingua italiana da parte dei calciatori stranieri sono correlati.