Un accorto giardiniere sa che le essenze più preziose, quelle che sono anche le meno rustiche e perciò stesso più rare ed importanti, hanno bisogno di un sostegno, di un adeguato tutore per potere vivere e vegetare, prosperare ed assicurare il sospirato frutto. I pomodori non sono originari dei nostri climi, vengono dal nuovo mondo, così come tante varietà di fagioli rampicanti e le solanacee più squisite. Pomodori, melanzane, anche i peperoni necessitano di tutori per potere crescere, svilupparsi in altezza e ricevere tutto il sole necessario. Escludendo la maledetta plastica dai nostri orti che già soffoca i mari, evitiamola almeno nella terra.

Una valida soluzione è il bambù, le canne sono resistenti e lunghe a sufficienza; una volta terminata la stagione, dopo una scrupolosa pulizia, possiamo riporle all’asciutto per poi riutilizzarle. Ancora buoni sono, dove abbondano, i bastoni di nocciolo, di frassino, di carpino e anche – dopo averne rimosso le spine – quelli di robinia. E per legare le piante ai loro sostegni adoperiamo la rafia, è quel filo che si ottiene da una specie di palma assolutamente affidabile e che si acquista nei negozi di articoli per giardino. Adoperare il comune spago derivato dalla juta o dalla canapa va ugualmente bene. Se dovessimo impiegare fili o nastri derivanti da rotoli di plastica, ce li troveremmo slabbrati, rovinati, in giro per l’orto, faremmo del nostro terreno una discarica, altrettanto dicasi per i tutori: si spaccano e si segmentano, viceversa adoperando rafia e bastoni la materia si decompone e scomparendo arricchisce il terreno di humus.

Per lo stesso motivo vanno evitati i famigerati teli neri in polipropilene per pacciamare: gli aghi di pino o il cippato rispondono alla stessa necessità senza lasciarsi dietro spazzatura plastica. Quando mettiamo a dimora giovani alberi, un tutore è necessario, il frassino si presta bene allo scopo per la sua robustezza unita alla flessibilità, per legare possiamo usare vimini di salice. Oggi sembra che la plastica sia insostituibile: perdiana!, esiste da nemmeno cinquant’anni nei nostri campi in maniera così massiccia, vogliamo chiederci come hanno fatto prima gli esseri umani da almeno ventimila anni? Come hanno fatto a lavorare la terra e quindi anche ad assicurare un giovane ciliegio o un melo ad un robusto tutore per impedire che il vento lo piegasse? Si usavano e si possono usare validamente i vimini del salice, ma anche i tralci di vite, ogni podere allevava appositamente questi salici lungo i fossati e servivano proprio per questo.

Le nostre piante hanno bisogno di essere sostenute nei primi anni, devono essere aiutate a crescere altrimenti sarebbero abbattute o spezzate dalla furia degli elementi.

Proprio come i nostri ragazzi, ci vuole un tutore, qualcuno che se ne occupi e vigili su di loro.

Un giovane melo può allungare i suoi virgulti nella direzione del sole o crescere seguendo la direzione del vento prevalente: non è sempre quella giusta e certamente non risponde alle esigenze che abbiamo di una buona ed uniforme fruttificazione. Un buon contadino sa come provvedere a sostenere le sue pianticelle, gli ortaggi e gli alberi fin quando si irrobustiranno e ce la faranno da soli, fino al loro completo ciclo vitale.