Tutta colpa di Maria Juana. Tetragono a ogni analisi complessiva, sordo alle critiche degli stessi magistrati, cieco davanti alle sofferenze dell’intero sistema carcerario, il Dipartimento politiche antidroga va all’ennesima crociata contro la cannabis. Per farlo manovra anche i dati. Prima sottolinea che «negli ultimi 12 mesi il 95% degli italiani fra i 15 e i 65 anni non ha fatto uso di droghe». Poi bussa a cassa e lancia il suo vero messaggio: «Nel 2012 c’è stato un forte calo dei budget per la prevenzione – dice Giovanni Serpelloni – e ad aggravare la situazione risulta essere l’aumento dei consumi di cannabis, soprattutto dai 15 ai 19 anni». Di più: fra quelli «che si drogano» c’è un «evidente nesso» con l’aumento, quello sì assai marcato, del gioco d’azzardo. In rete i più giovani. Davanti alle slot (di Stato) tutti gli altri.

Per fortuna la Relazione al Parlamento 2013 del Dpa offre anche le statistiche. Così si scopre che nell’indagine sugli studenti delle superiori, riguardante solo 35mila soggetti che hanno accettato di rispondere, la percentuale di consumatori anche occasionali di erba è salita dal 19,4 al 21.4 di quest’anno. Questo basta comunque al Dap. Mentre restano sullo sfondo i risultati dello screening sul consumo di altre sostanze: cocaina 2,01% (1,86% nel 2012); eroina 0,33% (0,32% nel 2012); stimolanti metamfetamine e/o ecstasy 1,33% (1,12% nel 2012); allucinogeni 2,08% (1,72% nel 2012). Dati risibili: anche fra i giovani più sinceri, la vocazione al martirio sotto la scure della Fini-Giovanardi si ferma all’ammissione del joint con gli amici.
Il taglio del rapporto del Dap si lega a filo doppio alla normativa italiana, arrivata al suo ottavo anno di vita. Ad esempio, dopo una stima di 440mila complessivi tossicodipendenti, si aggiunge che «278mila non risultano essere in trattamento ai servizi di assistenza, dei quali circa 52mila dipendenti da oppiacei, 81mila da cocaina, e circa 145mila per cannabis».

Questo passaggio non sfugge al Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza, che con Riccardo De Facci replica secco: «Lascia stupefatti, sia dal punto di vista scientifico che per chi lavora sul campo, la stima di quasi 150mila tossicodipendenti da cannabis. E il 5% degli italiani che ha dichiarato di aver consumato droghe nel 2012 ammonta a circa 3 milioni di persone. Detta così fa un altro effetto. E ovviamente non tutti i consumatori di sostanze si dichiarano».

Il Cnca boccia senza appello l’operato del Dap: «Continua a mandare messaggi tranquillizzanti per tutte le sostanze tranne la cannabis – osserva De Facci – indicata ancora una volta come la vera emergenza. Un approccio fortemente ideologico e coerente con l’impostazione di una legge duramente e inutilmente repressiva. Inoltre nulla si dice del forte aggravamento delle situazioni dei tossicodipendenti più marginali, per i quali non ci sono quasi più risorse. Anche le conclusioni nascono dall’approccio su cui è fondata la Fini-Giovanardi. Perciò chiediamo al presidente Letta, a cui è affidata la delega sulle droghe, un cambiamento radicale di rotta che porti a un rafforzamento del sistema di cura, accoglienza e prevenzione, invece che a riempire le carceri e affollare le prefetture». Oltre che a permettere una strage, viste le 390 vittime per overdose, soprattutto per eroina, registrate l’anno scorso.

I numeri sono dalla parte della Cnca. In tema di tossicodipendenti in carcere, il Dap cerca di minimizzare. Ma nel quarto Libro Bianco sugli effetti della Fini-Giovanardi, presentato recentemente da Forum Antidroghe, Antigone, Società della ragione, Cnca, Md e Camere penali, si evidenzia che nel 2012 un detenuto su tre era in cella per la sola detenzione di sostanze (26mila complessivi); che il 75,8% delle segnalazioni sempre in aumento alle prefetture è stato per cannabis (28mila su 35mila); e che i procedimenti penali pendenti erano 225mila. Insomma la Fini Giovanardi è un «criminificio». E cerca di svuotare il mare con un secchiello, visto che oggi in rete – dati Dap – i siti di promozione e vendita di ogni genere di sostanze sono circa 800mila. Quindi criminalizzare i consumatori, come osservano da anni Rifondazione e Sel, e ora lo stesso Pd, non serve a niente.