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«Tutelare i migranti in accoglienza per evitare i contagi»

«Tutelare i migranti in accoglienza per evitare i contagi»Migranti in un centro Siproimi

In Lombardia Casi di Covid-19 nei centri, dove non c’è isolamento

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 19 marzo 2020

L’emergenza coronavirus rischia di far saltare il sistema di accoglienza. Il delegato Anci all’immigrazione, il sindaco di Prato Matteo Biffoni, ha scritto al viceministro dell’Interno Matteo Mauri per sollecitare il governo su tre punti: conferma del budget già stanziato, evitando tagli per sopperire ad altri comparti; proroga dei progetti e superamento, per il periodo di emergenza, del sistema delle gare per dare continuità ai servizi sul territorio; una soluzione che aiuti i cittadini stranieri con permessi di soggiorno in scadenza, come l’estensione della validità dei titoli in essere, fondamentale per conservare il pieno accesso alla Sanità pubblica.

SONO 85.324 I MIGRANTI inseriti nel circuito italiano: 254 negli hotspot, 62.650 nei Cas, 22.420 nei centri Siproimi (ex Sprar). La cifra più alta è nell’epicentro del Covid-19, la Lombardia: 9.898 nei Cas e solo 1.998 nei Siproimi, 292 i minori non accompagnati. Seguita dall’Emilia-Romagna con 6.741 nei Cas, 2.038 negli ex Sprar, 480 i minori non accompagnati. «Mauri ha aperto subito un’interlocuzione – spiega Biffoni -, ieri abbiamo mandato una nota più tecnica, il percorso è in itinere. A Milano, ad esempio, so che si sono autorganizzati per far scendere i livelli di affollamento nei centri. Il problema è la quarantena per chi è costretto a farla e risiede in strutture dove non ci sono le condizioni di sicurezza. Si rischia “l’effetto Diamond Princess” con il contagio che si estende a tutta la camerata».

LA COMUNICAZIONE con i migranti altro tema sul tavolo: «In alcuni situazioni – prosegue Biffoni – si è dovuto intervenire con energia per convincerli a stare nelle strutture. La ministra Luciana Lamorgese si era già impegnata a potenziare l’insegnare dell’italiano, fondamentale in questo momento. La scelta di tagliare i servizi all’accoglienza del primo decreto Sicurezza si sta rivelando nella sua pochezza: ora è difficile comunicare con i migranti, spiegare la situazione. Il sistema va ripensato: ci vogliono i corsi di lingua e i lavori socialmente utili per creare legami di comunità. Legami che avrebbero aiutato in questo momento difficile».

IN LOMBARDIA si sono registrati i primi casi ufficiali di migranti positivi al Covid-19. A Camparada, piccolo comune in provincia di Monza, è stato contagiato un migrante che viveva in una struttura che ospita 130 richiedenti asilo. A Milano un ragazzo è finito in isolamento nell’ospedale militare di Baggio. Il centro che l’ospitava è stata sanificato e metà dei residenti trasferiti. «Serve un piano di ridefinizione delle strutture di accoglienza – ha commentato l’europarlamentare Pd Pierfrancesco Majorino, ex assessore alle Politiche sociali meneghino -. Si tratta di ambienti portati ad alimentare il contagio, perché hanno camerate con 4 o 6 posti letto». A Bologna la consigliera comunale Emily Clancy ieri ha denunciato: «Ci risulta che al Cas di via Mattei non sia ancora stata fatta la sanificazione, non siano disponibili le mascherine per i migranti che mangiano ancora nella mensa comune e dormono in camere da dieci letti».

A CASERTA l’Ex Canapificio gestisce il progetto Siproimi: «I dispositivi di protezione ce li siamo dovuti comprare da soli e adesso abbiamo difficoltà a trovarli – spiega Mimma D’Amico -. Il sistema di accoglienza diffuso è l’unico efficace in questa crisi: i richiedenti asilo da noi sono come piccole famiglie in appartamento e, come gli italiani, non escono da casa. Non è come nei Cas, riflettiamoci per il futuro. Con l’emergenza sanitaria le strutture collettive come Cas e hotspot andrebbero chiuse facendo intervenire le prefetture e il serviziche coordina i Siproimi». L’Ex Canapificio ha organizzato una rete con altre associazioni, Caserta solidale, attraverso cui raccolgono le richieste di cibo o farmici.

A CASTEL VOLTURNO, dove la comunità migrante può raggiungere le 30mila persone, è più dura: «Dopo due settimane di isolamento c’è il problema del reddito, che per loro si è azzerato. Rischiano di rimanere senza viveri. Ieri il comune, scortato dalla polizia, ha cominciato a distribuire pacchi di generi alimentari. Stiamo cercando di organizzarci per fare speakeraggio con la Protezione civile, per ottenere non solo l’effetto deterrenza ma anche per coinvolgere i cittadini africani.

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